di Carlo Goldoni
Regia: Giancarlo Cobelli
Spazio scenico: Alessandro Ciammarughi
Interpreti: Mascia Musy, Francesco Biscione, Paolo Musio, Massimo Cinaglia, Alessandra Celi, Federica De Cala, Andrea Benedet, Antonio Fermi, Vincenzo Rollo
Produzione Compagnia del Teatro Moderno, Europa Duemila, Teatro Stabile del Veneto.
Roma, Teatro Eliseo di Roma 2007
Goldoni e la nuova borghesia
Non abbiamo finito di assistere ad un "Enrico IV" senza scene che allo stesso Teatro Eliseo di Roma assistiamo stavolta ad una "Locandiera" senza scene. I registi giustificano quest'assenza col fatto che la centralità dello spettacolo è necessario riservarla agli attori. Sarà pure, ma il pubblico ci resta male ed oltretutto con questa disoccupazione degli scenografi andrà a finire che prima o poi questi ultimi saranno costretti ricorrere alla cassa integrazione. Con "La locandiera" si celebrano i trecento dalla nascita di Carlo Goldoni, mentre viene ripresa la storica regia che Giancarlo Cobelli ebbe a fare nel 1979 in occasione del restaurato Teatro Goldoni di Venezia. Una regia che sotto molti aspetti rappresentò una svolta nelle abituali messe in scena goldoniane. Nel non facile ruolo dell'astuta e attraente protagonista, un ruolo che da sempre ha rappresentato l'apice della carriera di molte attrici del teatro di prosa, ci è stato di vedere la giovane Mascia Musy. Va detto che Mirandolina pone a raffronto i suoi corteggiatori, quasi quali esponenti di un rapporto conflittuale fra classi sociali, Nell'intrigo, contesa tra il corteggiamento del marchese di Forlinpopoli e del conte d'Albafiorita, mentre il suo promesso sposo Fabrizio se ne sta stizzito a sbavare, scelga alla fine di sposare quest'ultimo, come chiara sintesi dei rapporti tra borghesia e nobiltà. E ciò avviene proprio nel momento in cui la nuova classe sta per sostituirsi quale ruolo egemone all'altra, giunta ormai al tramonto. Il successo della protagonista sta insomma nel far risaltare la sua lenta avanzata verso il misantropo, nella tensione tra l'apparente passività dei suoi vezzi e l'aggressività repressa, che poi trova libero sfogo a conclusione della vicenda. Compresa al massimo nel suo ruolo appare questa Mirandolina, interpretata da Mascia Musy. Con lei, prima scorbutico e poi acceso da struggente amore v'è stato Francesco Biscione, nella parte del cavaliere di Ripafratta. Tra i due personaggi che conducono la vicenda ben si inseriscono Paolo Musio, quale marchese di Forlipopoli, e Massimo Cimaglia nel personaggio del conte d'Albafiorita; ed ancora Alessandra Celi (Ortensia), Federica De Cola (Dejanira), Andsrea Benedet (Fabrizio canmeriere di locanda) e Antonioa Fermi e Vincenzo Rollo (servitori del cavaliere e del conte) e Pippo Sottile e Francesco Colombo (servitori di locanda).
Renato Ribaud
Tra i capolavori del Goldoni va senz'altro annoverata La Locandiera, commedia dove tutto ruota attorno alla personalità di Mirandolina – una delle figure femminili più celebri dell'intero teatro di prosa mondiale. La bella locandiera gestisce con energia e intelligenza il suo albergo, senza dimenticare un tanto di connaturata civetteria femminile. Ma la scelta di Mascia Musy, a nostro avviso, non risolve appieno il personaggio di Mirandolina, che nell'immaginario più accreditato dovrebbe essere di una esplodente bellezza e vitalità e che invece il regista Cobelli confina generalmente in uno scenario alquanto buio e disadorno – eccezione fatta per l'inquadratura finale della stiratura.
Attorno a lei si incrociano le bramosie di vari personaggi, a cominciare dal giovane famiglio che il padre stesso di Mirandolina – a suo tempo – ha indicato alla figlia quale giusto compagno di vita e di lavoro. Poi vi sono due nobili, il Marchese di Forlimpopoli e il Conte d'Albafiorita – corteggiatori instancabili d'ogni giorno – ed infine lo scontroso Marchese di Ripafratta, dapprima spregiatore delle donne ed infine vinto dalle astute arti di seduzione di Mirandolina.
La commedia in definitiva è tutta nello scontro tra il cavaliere di Ripafratta, nemico delle donne, e la prorompente vanità femminile di Mirandolina – che vuole conseguire una vittoria netta sull'antagonista misogino. A tal fine non esita ad accettare un invito a pranzo dal cavaliere di Ripafratta, a fingere uno svenimento e a mettere in atto innocue diavolerie, che inducono l'ammiratore ad un completo ribaltamento del suo iniziale atteggiamento sentimentale. E Francesco Biscione rende appieno il personaggio che da duro e sospettoso diviene infine umile e implorante.
Lo stesso Goldoni, del resto, dice della bella locandiera di non avere mai dipinto "una donna più atta alle lusinghe, più pericolosa di questa Mirandolina" che "fa altrui vedere come si innamorano gli uomini".
Il regista carica il personaggio di valenze sociali e di capacità manageriali ancora lontane dal tempo: la commedia è del 1753, mancano circa quattro decenni alla Rivoluzione francese, ed anche un maestro come Silvio D'Amico definisce la piece "apologia d'una delle più luminose civette che si siano mai viste sulle scene" (Storia del teatro).
Nulla da eccepire sulla professionalità degli attori: di Mascia Musy quale Mirandolina abbiamo detto, come pure di Francesco Biscione – Cavaliere di Ripafratta. Paolo Musio e Massimo Cimaglia erano rispettivamente il Marchese di Forlimpopoli e il Conte di Albafiorita. La Celi e la De Cola – le due "comiche". Ancora una parola in difesa del famiglio Fabrizio, impersonato da Andrea Benedet: in quanto futuro marito di Mirandolina aveva diritto ad apparire dotato di una certa quale dignità virile. Cobelli lo riduce ad un goffo individuo dall'andatura sbilenca.
Fernando Bevilacqua