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LIBRO DI GIOBBE (IL) - regia Eimuntas Nekrosius

Il libro di Giobbe Il libro di Giobbe Regia Eimuntas Nekrosius. Foto Colorfoto Artigiana

regia di Eimuntas Nekrosius
scene: Marius Nekrošius, costumi: Nadežda Gultiajeva, musiche originali: Leon Somov, luci: Audrius Jankauskas
assistente alla regia: Tauras Čižas, suono: Arvydas Dūkšta, oggetti di scena: Genadij Virkovskij, assistente ai costumi: Lina Akstinaitė
con Remigijus Vilkaitis (Giobbe), Salvijus Trepulis, Vaidas Vilius, Darius Petrovskis, Vygandas Vadeiša, Marija Petravičiūtė, Beata Tiškevič, Teatro Olimpico di Vicenza, Vicenza, 19 settembre 2013, prima mondiale.

www.Sipario.it, 21 settembre 2013

L'immagine che stupisce, che folgora ed è pensiero. Giobbe che piega, ripone in un cassetto, poi riprende e reindossa la sua giacca e lo fa con pazienza e ostinazione, la stessa determinazione che non l'ha indotto a maledire il suo Dio anche di fronte alla perdita delle sue ricchezze, dei figli e della salute del suo corpo, la stessa determinazione con cui vorrebbe che Dio gli spiegasse perché tanto dolore. E' l'immagine che commuove: Dio ridà a Giobbe i suoi averi, una mela divisa in due da cui poi attinge la nuova progenie del saggio timorato di Dio e coloro che sempre hanno avuto in Giobbe un punto di riferimento.
Sono questi due passaggi de Il libro di Giobbe di Eimuntas Nekrosius, produzione del 66° Ciclo di spettacoli classici al teatro Olimpico di Vicenza, di cui il regista lituano è direttore artistico. Lo spazio dell'Olimpico è uno spazio impossibile, costrittivo, astratto e forse – viene da immaginare – è anche per questo che Eimuntas Nekrosius ha deciso di gettarsi a capofitto in un testo biblico in cui la narrazione è minimale, in cui è la poesia reiterata a fare da tessuto poetico all'interrogarsi davanti al dolore, alle sventure e alla sfida posta da Satana a Dio nel mettere alla prova quel Giobbe timorato di Dio, chiamato a dimostrare la sua fede nell'Altissimo anche di fronte alla più cupa sventura. Il testo biblico procede per accumulo, dice di Giobbe, della sfida di Satana a Dio, delle disgrazie cui è sottoposto Giobbe «uomo integro, e retto temeva Dio ed era alieno dal Male», del processo fatto a Giobbe dai saggi che mettono in dubbio la sua rettitudine, ma anche delle domande sul senso del dolore che l'uomo pone al suo Dio, senza mai sconfessarlo. Non meno dura è la replica di Dio che chiede a Giobbe «Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra? Mentre giovano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli di Dio?».
Eimuntas Nekrosius parte alla grande con Dio che potente racconta la storia di Giobbe e subito si ha l'impressione che la parola detta, il suo ripetersi possa equivalere ad una sorta di canto accompagnato da musiche variate di poco che dicono dell'interrogarsi sul dolore e sul senso della sofferenza di fronte ad un Dio inconoscibile e iroso, come è quello dell'Antico Testamento. Pochi elementi scenici: alcuni scranni, una scrivania che rappresenta forse il banco degli imputati, il tribunale che giudicherà Giobbe, un corsetto di lampadine che scottano come le piaghe sul corpo del vecchio Giobbe, ma che sono anche sigaretta, simbolo di pensiero. Gesti precisi e incisivi come nella tradizione del teatro di Eimuntas Nekrosius, i suoi attori costruiscono una partitura fisico/vocale che non ha una sbavatura in cui la leggerezza delle fanciulle si sposa con le sfide degli uomini. Bellissima l'immagine di Giobbe stipite della sua casa, una casa in cui tutti entrano, in cui l'ospitalità è di rigore, in cui i figli banchettano e gozzovigliano, fino all'abbattersi della sventura che a quel mondo pone fine. Commuove il dialogo fra Giobbe e Dio, un dialogo fatto di gesti, delle mani di Dio che prendono la testa di Giobbe come la bocca dell'ippopotamo «che io ho creato al pari di te», dice Dio. Ed è sempre Dio che dalla bocca di Giobbe fa uscire le parole, in una fisicità che sa di straziante poesia, dell'urgenza umana di capire dell'inconoscibilità del progetto divino. Eimuntas Nekrosius ne Il libro di Giobbe limita – più o meno costretto – la propria natura visionaria, sembra preferire i toni intimi di un oratorio laico che si compie in quel dividere in due una mela, in quel condividere la nuova ricchezza che è scambio e che si chiude sulla battuta Così Giobbe finì di parlare... Sono le ultima parole di Giobbe? Così Giobbe finì di parlare... Alla fine ci si ritrova confermati nella genialità demoniaca di Eimuntas Nekroius, nel caso de Il libro di Giobbe sacrificata dallo spazio e concentrata sulle questioni insolute del senso del dolore e dell'imperscrutabile piano di Dio.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Lunedì, 04 Novembre 2013 09:43

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