uno spettacolo di Ascanio Celestini
con Ascanio Celestini e Gianluca Casadei alla fisarmonica,
e la voce fuori campo di Alba Rohrwacher
produzione Ascanio Celestini – Fabbrica
visto il 7 febbraio 2016, Teatro al Parco, Parma
Gesù è una sorta di barbone che va avanti a sambuca, che vive in una borgata romana, è uno che racconta piccoli e grandi prodigi del quotidiano che forse si possono chiamare miracoli. Tutto questo e di più accade in Laika di e con Ascanio Celestini, affiancato da Gianluca Casadei alla fisarmonica con la voce fuoricampo di Alba Rohrwacher. In scena il più classico Ascanio Celestini, l'attore e narratore che sa trasfigurare la realtà. Si dirà di più: che trasfigura la realtà evidenziandone l'aspetto magico e le verità che non vogliamo vedere. Dietro un sipario rosso, seduto su cassette di plastica colorate, con al fianco Simon Pietro – il fisarmonicista Gianluca Casadei – Celestini osserva il mondo che vede dalla finestra di casa sua, finestra che è anche e soprattutto teatro. Da quel punto di osservazione vede un mondo fatto di solitudini e di sogni infranti, un'umanità di piccoli Cristi in cui il caffè si trasforma in sambuca, in cui elemosina e indifferenza vanno di pari passo. Ascanio Celestini in Laika – la cagnetta lanciata nello spazio che rappresenta un modo diverso di vedere il mondo – ci offre la sua 'cosmogonia', ci racconta la realtà di un condominio in cui le vite trascorrono l'una a fianco all'altra senza incontrarsi. E allora nell'affabulazione dell'attore romano le parole si fanno immagini, le storie si accavallano come la disperazione di tante vite che sperano in un miracolo. Osserva il nostro testimone, non sceso dal cielo a dare salvezza, ma solo a guardare e dare testimonianza al dolore degli ultimi. Quel Cristo borgataro osserva lo sfruttamento lavorativo di un gruppo di migranti, la tirannia di un lavoro che chiede all'uomo di essere funzione e che ne calpesta diritti e dignità. Osserva la vita del barbone nel parcheggio del supermercato che vive nell'incuranza dei passanti. Celestini racconta la storia di quella donna con la testa 'impicciata' la cui memoria è imprigionata in quaderni zeppi di appunti. Detto questo, Celestini con Laika torna – ma in realtà non se ne è mai distaccato – a quel suo mondo di visioni e di umana sofferenza che nella precisione delle parole, nella descrizione delle situazioni fa emergere una poesia e uno stupore infantili che se non consolano, perlomeno divertono. In Laika ritroviamo brandelli di racconti precedenti o meglio echi di storie narrate in Fabbrica piuttosto che in Pecora nera. Il modus narrandi di Celestini è un fluido caldo di parole, è un raccontare per immagini e dettagli universali in cui un barbone è quel barbone là che vive nel parcheggio del supermercato, ma è anche 'il barbone' per antonomasia, il clochard che a tutti capita di incontrare sotto i portici di qualche palazzo.
Nicola Arrigoni