di Giuseppe Manfridi
regia: Maurizio Panici
con Pamela Villoresi
e la partecipazione di Orso Maria Guerrini
Roma, Teatro Quirino, dal 5 al 17 maggio 2009
Pamela Villoresi è attrice sul serio, una di quelle che conosce il mestiere e, pur facendolo da tanti anni, lo alimenta senza sosta, ne accresce le prerogative, gli offre vie nuove. Non stupisce di trovarla nei panni della Dietrich sul palcoscenico del Quirino di Roma (fino al 17 maggio), protagonista della “novità” di Giuseppe Manfridi Marlene, che ritrae la diva tedesca nell’ultimo periodo della sua avventurosa esistenza. Il drammaturgo, dopo averci regalato un bel testo sugli estremi giorni di Giacomo Puccini, coglie adesso il tramonto, segnato di luci e d’ombre, di un altro mito del Novecento. Che per lo più non si agguanta. Ma basta ritenerlo almeno accostabile per gustare lo spettacolo con la regia di Maurizio Panici.
Prima tranche, 1954: Marlene, ostracizzata da Hollywood, si allontana dal cinema per abbracciare il teatro. Il debutto al Café de Paris, duemila posti tutti venduti, la galvanizza. A 50 anni è ancora bella, fascinosa, ambigua, voce inimitabile, corpo perfetto, grande professionalità. Restituirci tutto questo con evidenza carnale è il cimento della Villoresi. Abbiamo detto che la leggenda di Lola Lola, il suo mistero, sono quantomeno ostici. Eppure...
Secondo capitolo. Marlene, vicina ai sessanta, è a Berlino, sempre in teatro. Un giovane musicista, Burt Bacharach (David Sebaste), metà degli anni della diva, bello, bravo e ancora senza fama, firma l’orchestrazione di tutti i motivi che lei interpreta. E ne subisce il carisma, artistico ed erotico. A Toronto, nel 1975, l’epilogo. La Dietrich, ormai dedita al bere e piegata dagli acciacchi, dà spettacolo prevalentemente negli alberghi in cui alloggia. La circondano i ricordi, i fantasmi del passato e la figlia, qui Kater, nella realtà Maria Riva, la donna che prenderà rilievo solo dopo la pubblicazione, postuma, di un’impietosa e forse ingiusta biografia della madre. Anatomia di una leggenda. Maurizio Panici la compie in modo analogico, usando specchi e personaggi: la cameriera Tami (Cristina Sebastianelli), lo Sternberg di Orso Maria Guerrini, la Kater di Silvia Budri).
Rita Sala