di Jon Fosse
traduzione Graziella Perin
regia Valerio Binasco
con Pamela Villoresi, Valerio Binasco, Michele Di Mauro, Giordana Faggiano, Fabrizio Contri, Giulia Chiaramonte
e con Isabella Ferrari
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Alessio Rosati
suono Filippo Conti
video Simone Rosset
assistente regia Eleonora Bentivoglio
assistente scene Eleonora De Leo
assistente costumi Rosa Mariotti
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Biondo Palermo
In accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di Colombine Teaterförlag
Teatro Carignano Torino debutto nazionale 5 marzo 2024
Non so. E’ una battuta iterata de La ragazza sul divano di Jon Fosse, allestito in prima nazionale per il Teatro Stabile di Torino dall’attore e regista Valerio Binasco. Non so che significa non so chi sono non so cosa voglio non so perché soffro. Ma soffro. Patiscono tantissimo i personaggi di questa stratificata commedia, che accavalla i piani temporali circoscrivendo in un medesimo spazio età diverse delle stessa persona, dove una madre e una figlia tracciano solchi di terrifiche distanze. Non c’è remissione, comprensione, perdono. Solo solitudini e dunque indifferenza di uomini e donne che, complice forse la latitudine, vedono più chiaramente e sentono più intensamente l’insensatezza del vivere. “Non so perché questo testo di Jon Fosse mi attiri così tanto”, scrive anche Binasco nelle note di regia. Incantamento algido e nordico. In un impianto impeccabile rispetto a scene e luci e musiche e idee di confezione, pennellate di classe di un regista che incastona qua e là piccole gemme. E anche le interpretazioni, tutte prove d’attrici e attori. Calati in ruoli ponderosi perché all’apparenza tanto leggeri, impegnativi da incarnare. Troppo. Troppa testardaggine nella pittrice ragazza. Troppa sfacciataggine nella sorella. Troppa muta disapprovazione nel padre marinaio. Troppa confusione nella pittrice adulta. E la somma di questa sovrabbondanza va a detrimento della percezione del testo, che se irretisce nell’atmosfera scandinava è vincente, se no, e non è detto che a tutto il pubblico latino parli, lascia freddi e un poco insoddisfatti. Questione di osmosi. Di corrispondenze epidermiche. Una confezione di alto livello dove però si sente meno l’urgenza del fare. Meno la necessità vitale di essere sopra quel palcoscenico. Una piccola concessione al gusto personale nel percorso rigoroso di un direttore artistico votato alla causa pubblica, con abnegazione e spirito di squadra. Maura Sesia