Tratto dall'opera di Luciano Bianciardi
Regia: Francesco Pennacchia
Interprete: Angelo Romagnoli
Produzione: Compagnia Pennacchia Romagnoli/laLut, con il sostegno della Regione Toscana in collaborazione con la Corte Ospitale di Rubiera
Villanova d'Arda, Isola di Giarola 16 Luglio 2011
Una semplice pedana di legno e due quinte nere inquadrano la quieta distesa di madreperla di un lago al tramonto, appena increspato dalle geometriche traiettorie dei cigni e delle oche; e il pensiero va al primo atto de Il gabbiano di Cechov. Sopra il traliccio metallico che chiude il boccascena tremola la stella Arturo.
Questo lo scenario naturale in cui, nell'isola Giarola, a Villanova sull'Arda, si è svolto il festival "il Grande Fiume", ormai alla sua XIV edizione, conclusosi il 30 luglio con la prima nazionale di Non leggere i libri, fateveli raccontare.
La regia di Francesco Pennacchia e la capacità comunicativa di Angelo Romagnoli danno spessore e consistenza drammaturgica alla lingua intrinsecamente teatrale del testo, uscito a puntate nel '67 sul settimanale ABC: sei lezioni intrise dell'arguzia irriverente e beffarda che il maremmano Bianciardi rivolge ai giovani di scarso talento che vogliano far carriera, esortandoli a non perdere tempo con studi accademici né con letture impegnative, bensì a frequentare le persone giuste, a millantare una cultura che non possiedono; offrendo loro una sere di consigli pratici, di istruzioni meticolose. A distanza di quasi mezzo secolo, il ritratto di intellettuale che ne scaturisce si adatta in modo inquietante alla contemporaneità, e rivela quanto sia radicato nell'indole italica il primato dell'apparire sull'essere.
Dopo un inizio spiazzante e un po' surreale, con l'oratore sorpreso in vestaglia coi piedi a bagno in un mastello di zinco (un'allusione agli ultimi, difficili anni della vita dell'autore), inizia la prima lezione, che prescrive dell'aspirante intellettuale una studiata serie di gesti e di espressioni del volto. Ciò non solo offre a Romagnoli l'occasione di sbizzarrirsi in un'esilarante galleria mimica (che riecheggia, peraltro, i repertori dei manuali ottocenteschi di recitazione), ma la ricorrente, ammiccante citazione di quello stesso repertorio gestuale nelle lezioni successive conferisce alla parola un ulteriore spessore comunicativo. Il pubblico ride e si diverte, ma gli rimane il retrogusto amaro di una satira impietosa.
Lo spettacolo costituisce la prima realizzazione di un progetto di più ampio respiro: una riflessione sul lavoro culturale e sulla figura dell'intellettuale al giorno d'oggi, che prevede la messa in scena del capolavoro di Bianciardi, La vita agra.
Claudio Facchinelli