regia, coreografia e costumi: Francesca Lettieri
Danzato e creato con Simone Donati, Giulia Gilera, Francesca Lettieri, Francesca Mazzoni,
Francesco Pennacchia, Jennifer Lavinia Rosati, Henry Tanzini, Valentina Zappa
Musica: artisti vari
Editing musicale: Eugenio Bonemazzi
Disegno Luci: Gabriele Termine
Costumi Originali: Sonia Sartoria
Assistente di produzione: Vittoria Belvignati
Produzione: Compagnia ADARTE
Debutto al Teatro Politeama di Poggibonsi (Si), il 15 novembre 2023
all’interno del cartellone Discipline(s). Fondazione E.L.S.A Culture Comuni.
C’è un immaginario teatrale che rimanda a certe atmosfere surreali e oniriche dei Peeping Tom. A partire dalla scenografia. Una grande salotto con poltrone sparse, un orologio a pendolo, altri oggetti, e un quadro al centro posto su un cavalletto raffigurante la testa di Medusa del Caravaggio, dal volto urlante. Si respira un clima da film noir nello spettacolo di Francesca Lettieri “La casa dei Ninja”, con riferimento, nel titolo, alle prodi figure del mondo giapponese, e ispirato da un saggio del filosofo Umberto Galimberti sui miti contemporanei “…idee che la pubblicità dei mass media propone come valori, imponendoli in quanto pratiche sociali e fornendo loro un linguaggio che li rende appetibili e desiderabili. Questi miti ci possiedono e ci governano con mezzi non logici, ma psicologici, e quindi radicati nel profondo della nostra anima”. Miti che spesso sono i riferimenti quotidiani del sentire e dell’agire, motore delle nostre azioni e anche l’origine dell’infelicità umana. Su una (troppo) variegata partitura sonora - che spazia da Alva Noto e Ryuichi Sakamot, a Vivaldi, da Aaron Martin\Machine Fabriek a Bach, da Zbigniew Preisner a Tony Bennett, e altri -, in scena ci sono otto bravissimi danzatori, due uomini e sei donne, che, in abiti d’oggi, incarnano i nuovi eroi del nostro tempo, “creature – dichiara la coreografa della compagnia ADARTE - alla spasmodica ricerca di “altro”, di “un mondo perfetto”, di un luogo abitato da esseri apparentemente felici e immortali, occupati nell’inutile tentativo di sfuggire alla profondità dell’umano sentire e della sua eterna e inevitabile connessione con le leggi dell’universo”. Nell’interno della casa immersa tra penombre, luci e fumi, i corpi vivono un “disorientamento della coscienza”, un senso di inadeguatezza del vivere espresso da movimenti che dalla compattezza iniziale si smembrano in gesti disarticolati, in corse che lasciano poi spazio ad assoli centrali mentre, a turno, gli altri osservano, si allontanano, scompaiono e ritornano. In piedi o a terra, nei salti e nei rotolamenti, nella composizione di coppie sparse, di fughe, di scivolamenti, di raffigurazioni plastiche statiche o in velocità, tra affanni, grida e vocii, sembrano attraversati da forze interiori che li agiscono, da un’energia che irrompe o si placa, plasmando gli arti nell’impeto di suoni percussivi crescenti, poi di una musica celestiale che alleggerisce la fatica dei corpi e lo struggimento di anime, quindi di canzoni e di un’aria lirica che sospende il tempo e le azioni, per riprendere i movimenti nel susseguirsi di brani barocchi. Subentra anche una sequenza in stile musical con una allegra coppia al centro del gruppo sulla canzone Love di Nat King Cole, interrotta da un attore in abito elegante che entra in scena con un suo monologo, un manipolatore delle masse che intende dettare regole, controllare, sedurre come un influencer, un personaggio che rimanda a molte dinamiche del nostro tempo, dalla politica all'economia, ai social. Il rave finale è una danza che sfinisce i corpi, e spegne l’energia che l’inseguimento dei miti ha generato. Giuseppe Distefano