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OSPITE (L'): UNA QUESTIONE PRIVATA - regia Ciro Masella

"L'Ospite: una questione privata", regia Ciro Masella "L'Ospite: una questione privata", regia Ciro Masella

di Oscar De Summa
regia Ciro Masella
con Ciro Masella e Aleksandros Memetaj
Pupi e Fresedde-Centro Nazionale di Produzione Teatrale-Firenze/Uthopia
Livorno, Teatro della Brigata 7 aprile 2019

www.Sipario.it, 8 aprile 2019

Al Teatro della Brigata si conclude la stagione, tutto esaurito, con uno Spettacolo qualitativamente impeccabile: "L'Ospite: una questione privata".
In una scenografia semplice, ma di impatto, rappresentante una casa appena vittima di un possibile furto, la pièce diventa il crudo strumento con il quale possiamo leggere la nostra società, ma ancor di più diviene il bisturi con cui sondare la nostra anima, sezionandola ed evidenziando quegli appetiti animali che oggi sembrano essere infervorati, in cui l'abbassamento umano è esaltato e la violenza ritenuta principio di equità.
In questo i due attori, Ciro Masella, splendido nei cambi di registro, così come Aleksandros Memetaj, riescono a darci un quadro fosco di ciò che l'uomo può essere e diventare, (o è già diventato). L'uno da vittima a efferato carnefice, l'altro da ladro colpevole a fragile essere umano, in un susseguirsi di situazioni così ben ricamate da evidenziarne una fluidità magistrale.
Le domande che lo spettacolo pone sono tanto più agghiaccianti quanto spesso lo stesso spettatore potrebbe immedesimarsi nei panni della vittima/carnefice, di colui che avendo subito un torto si pone come investito dal diritto a potersi calare nei panni del giustiziere efferato: "Cosa credi sia giusto farti?" Chiede Masella a Memetaj, ma in realtà sembra chiederlo a sé stesso, e forse ancor di più al pubblico, come un imperatore romano che deve deciderne la vita o la morte cosa farne di quel derelitto, che agli occhi del carnefice, ormai non più vittima, perde ogni caratteristica umana e diviene solo ladro.
È proprio in questo momento che viene squarciata quella dimensione tra teatro e realtà, aprendo violentemente la quarta parete. È una domanda che fa paura, a cui forse alcuni degli spettatori potrebbero rispondere nel modo più cinico possibile dimostrando che siamo se non mostri almeno non umani.
Nella girandola di scene che sempre tengono alto il livello di dinamismo si pone anche l'importante denuncia a quelle istituzioni che invece che tutelare chi più ne avrebbe bisogno divengono semplici macchie egoiste e individualiste.
Il potere che corrompe, la sete di vendetta, l'essere umano posto nella condizione di schiavo sembra trovare liberazione dai gravami della vita solo attraverso una purificazione violenta, scevro da ogni moralità, l'uomo si tende per appiattirsi e adattarsi alla società consumistica che lo vuole sempre più suo, sempre più piegato ai suoi bisogni, in cui ogni oggetto, ogni gesto, ogni momento può, anzi deve essere, bilanciato economicamente, in cui non c'è spazio per sentimenti e ammennicoli di questo genere, allora la frustrazione dell'uomo del XXI secolo diviene violenza, prevaricazione, dominio trasformando le vittime quando possibile in carnefici.
Nella paura si coltivano e incattiviscono le persone, crescono rigogliosamente questi nuovi malati, di morbi senza sintomi in superficie, spesso inconsapevoli. Non riuscendoci più ad aggrappare a un senso di umanità ci lasciamo cullare dall'odio e dalle facili parole.
Questo spettacolo ci pone davanti a quesiti così attuali che vorremmo risolverli con una risata e passare avanti alla scena successiva, ma invece ci chiede più e più volte: "Quanto siete umani, ancora?"
"Che cosa succederebbe se tornando a casa, la vostra casa, la vostra piccola e umile casa, messa su con tanti sforzi, con rinunce e sacrifici, con lunghe e faticose ore di lavoro, magari un lavoro che neanche vi piace... ecco, che cosa succederebbe se tornando nel vostro rifugio, nella vostra piccola tana, l'unico pezzettino di mondo che è il vostro, che avete arredato con amore e gusto, sempre con un occhio al portafogli, quel luogo dove ogni cosa che vi è dentro corrisponde a ore del vostro tempo, ore vendute al mercato del tempo...insomma che cosa succederebbe se tornando a casa vostra: i cassetti aperti, gli armadi svuotati, i letti disfatti, le vostre cose sparse ovunque, cose che hanno una storia, che corrispondono ad affetti, eventi, avvenimenti, regali di compleanno... ecco, che cosa succederebbe dentro di voi se vi trovaste, tornando a casa, davanti a questo scempio. E che cosa succederebbe se, per un caso fortuito, riusciste ad immobilizzare chi ha compiuto questo scempio? Che cosa si meriterebbe quel bastardo che senza porsi nessuna domanda è entrato nella nostra casa per portarsi via le nostre cose? Credo anch'io che chi ha fatto tale violenza, chi ha provocato questa ferita, questo dolore debba pagarla: un paio di schiaffi non glieli leva nessuno...forse anche più di un paio...forse una bella serie di paia di schiaffi: e se la nostra rabbia non si placa? Se non si vuole placare perché sotto di essa vive addormentata la paura, quella paura che ti porti dentro da sempre ma che non vuoi ascoltare, perché se questa paura si sveglia...È questo uno spettacolo che indaga il potere e la giustizia, il momento in cui nasce quell'assunzione di responsabilità, quel diritto-dovere che uno assume su di sé nel ritenere di essere all'altezza di giudicare ciò che è bene e ciò che è male, un desiderio di giustizia che nasce dall'impotenza. È questo uno spettacolo che non da risposte ma che pone delle domande, semplici, che scaturiscono dall'inevitabile disagio della civiltà."

Oscar De Summa
Il male e il bene, ciò che è giusto e ciò che non lo è, il torto e la ragione e quelle linee sottili che separano l'una dall'altra cosa; i limiti e i confini della giustizia e della propria personale libertà, i comportamenti umani e il loro sconfinamento nell'inumano, la paura e le sue derive. Cosa siamo disposti a fare per proteggere ciò che reputiamo nostro (i nostri cari e i nostri averi)? Qual è il limite? Possiamo ergerci a giustizieri? Cosa e chi è davvero in pericolo? Da cosa e da chi va protetto? Può un uomo "comune, normale, buono", avendo per le mani la vita di un altro essere umano, trasformarsi in un batter d'occhi in un sadico torturatore? In un momento storico in cui temi come l'accoglienza, il rispetto delle differenze (di razza, di religione, di orientamento sessuale), i confini della propria e delle altrui libertà, i limiti del sacrosanto diritto alla giustizia di ciascuno (quando in troppi pensano di potersi sostituire agli organi preposti ed ergersi a giustizieri armati), Oscar De Summa affonda la "penna" in una storia che ci coinvolge tutti e ci costringe a scegliere da che parte stare, orchestrando un gioco a tratti beckettiano e con tinte "alla tarantino" in cui due attori si contendono strenuamente il torto e la ragione, il ruolo del "buono" e del "cattivo", su quel confine pericoloso e sempre meno netto e sicuro fra bene e male.

Matteo Taccola

Ultima modifica il Mercoledì, 10 Aprile 2019 10:34

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