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“Oἶδα / OIDA DA UN RITO MUSICALE TEATRALE - regia Giuseppe Provinzano

“Oἶδα / Oida un rito musicale teatrale”, regia Giuseppe Provinzano “Oἶδα / Oida un rito musicale teatrale”, regia Giuseppe Provinzano

drammaturgia di Beercock da “Le Baccanti” di Euripide
regia: Giuseppe Provinzano   
con: Sergio Beercock, Naomi Adeniji, Julia Jedlikowska, Jean-Mathieu Marie, Alfred Sobo Blay
musiche: Beercock 
Luci e suono: Gabriele Gugliara,
movimento scenico: Simona Argentieri 
costumi: Silvia Pirrotta 
assistente alla regia: Rossella Guarneri 
Tutor e coordinamento: Diana Turdo
organizzazione: Agnese Gugliara
Produzione Progetto Amunì /Babel   
con il sostegno di Fondazione Altamane Italia, Otto per Mille Valdese, Regione Siciliana
in collaborazione con 800A Records
Visto a Venezia Open Stage nell’ambito della sezioni Fermenti il 7 luglio 2024

www.Sipario.it, 20 luglio 2024

Nell’ambito di Fermenti per Venice Open Stage in Campazzo San Sebastiano
Agire sulle soglie: come tema guida Liminis, per “Oida” il riferimento alle “Baccanti”
Emozionanti, molto bravi gli interpreti di Progetto Amunì, regia di Giuseppe Provinzano 

Il mito, il rito, il teatro: di straordinaria potenza visiva, musicale, ma anche interpretativa, concettuale, oltre che di rilevanza etica e sociale, per la forma della creazione, la nascita e la composizione del gruppo, “Oἶδα/ Oida”, visto a Venezia, all’Arena Gigi Dall’Aglio che ogni estate viene felicemente ricostruita in Campazzo San Sebastiano per Venice Open Stage (VOS). Il festival, alla dodicesima edizione, ha rilevanza internazionale, quest’anno con compagnie provenienti anche da Grecia, Paesi Bassi, Polonia: al suo interno trova ospitalità Fermenti, spettacoli scelti tra i gruppi “di recente formazione che dimostrino carattere innovativo nell’utilizzo dei linguaggi performativi, dei dispositivi drammaturgici e propensione alla ricerca”. Ma “Oida” - ospite dell’ottava edizione di Fermenti - trova magnificamente il suo respiro proprio nell’ambito della rassegna complessiva di VOS, che quest’anno si è dato come tema guida Liminis, ripresa la definizione come aggettivo: “relativo a una fase di transizione tra due stati o condizioni”, collegata a una citazione di Arnold Van Gennep, “La liminalità è l’ambiguità o il disorientamento che si verifica nella fase intermedia dei rituali”.

Una riflessione che ben si rispecchia nella tragedia “Le Baccanti” di Euripide da cui è tratto “Oida”, nell’enigmatico contrasto tra piacere orgiastico e volontà d’ordine, tra religione e razionalità, accentuato ulteriormente nello spettacolo di Progetto Amunì /Babel con Penteo e Dioniso interpretati dallo stesso attore, Sergio Beercock, straordinario non solo nell’azione scenica, ma anche come musicista, guida del coro, avvolgente, ipnotico lo svolgimento cantato di tutto l’allestimento, formidabili nella loro concentrazione di voci e movimento Naomi Adeniji, Julia Jedlikowska, Jean-Mathieu Marie e Alfred Sobo Blay, che, mentre ancora il pubblico stava entrando, si aggiravano, spolverino trasparente e zainetto rosso, con passi di danza tra gli spettatori, seguendo in cuffia una loro musica bacchica, guida verso il monte Citerone, verso il palcoscenico. 

Il cerchio del rito si rivela scandito da neon verticali, microfoni/ tirsi a cui vengono appesi gli impermeabili di plastica, al loro fianco gli attori, seguaci di Dioniso, di cui qualcuno in Tebe nega l’essenza divina. Al centro il fuoco composto di elementi rossi estratti dagli zaini, più tardi forse anche viscere di Penteo. Il testo è mutato, il linguaggio si fa contemporaneo. C’è chi finge di partecipare al ballo, alle feste, ma in verità vuole vendere le registrazioni da trasmettere in diretta streaming. Il Corifeo sembra fare proprie le parole di Cadmo e Tiresia: non bisogna aver vergogna della vecchiaia e di lasciarsi andare alla danza “con il capo coronato d’edera”. Un attacco shakespeariano per il discorso di Penteo alla conferenza stampa, scivolando subito ai nostri tempi, “riportare sicurezza, onestà e pulizia nelle nostre città” mentre le sue guardie del corpo picchiano dei manifestanti. Tra questi, spiega un giornalista, uno straniero in stato d’ebbrezza.

Come in tanto teatro di gruppo, terzo teatro e affini, gli interpreti assumono più ruoli, anche di segno opposto. Un nuovo dio? Solo scuse per ballare, “scambiarsi le secrezioni”. Ma questo linguaggio - citando followers, Instagram, TikTok, Facebook… - non deve far pensare a una facile modernizzazione: lo spettacolo, attraverso i movimenti, il canto, di grande fascino e bellezza, svela intanto - realmente - una sorta di sacralità arcaica, una ritualità antica, nota e sconosciuta a un tempo, densa, calda, ricca: un vero incanto. Molto belle, d’atmosfera, le luci: è nell’oscurità che si intravede la ricerca collettiva di un nuovo modo di stare insieme. 

La regia di “Oida” è dell’eccellente Giuseppe Provinzano, molte esperienze di valore nel suo percorso artistico, ora a Palermo responsabile - tra le molte attività, compreso un festival che si vorrà incontrare - di Progetto Amunì, “compagnia multietnica, multidisciplinare e multiculturale composta da quindici performer di dodici paesi e nazionalità differenti…alla base della nostra pratica un laboratorio permanente di ricerca finalizzato alla formazione e specializzazione ai mestieri dello spettacolo dal vivo, artistici e tecnici”, diverse le produzioni. “Oida” è del 2022 e certamente per i giovani visti in scena a Venezia si può davvero parlare di talenti attorali e musicali. 

Si mescolano le lingue, Euripide universale. E quel prigioniero chi è? Un uomo o una donna? E chi sono le persone che lo seguono? Sembra una parola oscura “oida” che così viene tradotta per il soldato: “solo chi vede può sapere”. Anche qui il riferimento al toro/ visione: la baccante si libera e sviene. Sarà il canto - e un bacio - a risvegliarla. E Sergio Beercock - che firma anche la drammaturgia - si sdoppierà: lui solo sarà Dioniso e Penteo. Il dio dichiara di non comandare nessuno. “Io nacqui dalla coscia scucita di Zeus…credo nell’autorità del corpo” Penteo deve vedere - ma potrà capire?

Perché la sua interpretazione è sempre la stessa. Travestito. “Mani che battono, invocazioni in lingue mai sentite…sembrano felici”. Pensieri distruttivi: impossibile accettare un mondo dove si perdono le distinzioni, uomo e donna, servo e padrone. E: dov’è Agave, la madre? Lei qui lo riconosce - e gli fa un lungo discorso, “ogni passo che si compie nel mondo è un passo politico…Hai finito di usare le persone e parlare con le cose…”, prima di ucciderlo, come in Euripide. Musica! Il coro, il rito, il teatro: lunghi applausi d’emozione. Con l’augurio che lo spettacolo possa essere invitato in rassegne, stagioni, festival. Evoè!

Valeria Ottolenghi, Alberto Baraghini, Giulia Brescia Francesco Montagna

Ultima modifica il Domenica, 21 Luglio 2024 11:07
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