saggio spettacolo
di Alessandro Berti, Giuseppe Manfridi, Attilio Marangon
a cura di Roberto Gandini
scene Paolo Ferrari
costumi Tiziano Juno
musiche Roberto Gori
con Simona Alberi, Matteo Bartolucci, Melissa Cahigan,
Maura Ceccarelli, Sophia Chiarelli
, Francesco De Miranda,
David Di Capua, Chiara Emma, Sara Libertucci, Fabrizio Lisi
Edoardo Maria Lombardo, Irish Madlangbayan, Andrea Marulla,
Morgana Nobili
, Gabriele Ortenzi, Daniel Panzironi,
Ettore Pettinelli, Fabio Piperno, Miriam Trapani
,
Livia Travia, Lorenza Turchini, Lucia Zorzoli
Roma, Teatro Argentina, 1 - 3 giugno 2018
Occorrono grande senso della misura ed equilibrio nel dosare l'intreccio fra le sue parti per dar vita ad una fiaba. Poi liberare la fantasia e assistere alla creazione di qualcosa che spieghi il tempo in cui viviamo e di come possa essere percepito delle persone. Gozzi, contemporaneo di Goldoni, creò straordinarie fiabe teatrali applicando uno ad uno questi principi. Che gli autori della commedia Il pedone rosso, in scena all'Argentina di Roma, si siano ispirati a lui per comporre la loro storia?
Siamo su di una scacchiera. Da un lato pedoni bianchi e dall'atro i neri. Al di fuori del tavolo da gioco, simboleggiati da grandi occhi che scendono dall'alto e in fondo al palcoscenico, i giocatori. Per una ragione misteriosa e ignota, la regina dei bianchi decide di abbandonare la scacchiera. Il gioco si interrompe e tutti i pezzi – alfieri cavalli torri e re – cadono in una desolante disperazione. Cosa accadrà loro se non si ritrova il pezzo perduto? Può darsi finiscano accantonati per sempre in qualche polveroso ripostiglio. O peggio ancora, regalati a qualche bambino la cui febbrile curiosità finirà per torturarli ed utilizzarli in modi del tutto impropri. Intanto, il re dei bianchi – afflitto e solo come mai è accaduto prima – vive il suo dolore con grande dignità. Lo fa in silenzio, senza ben comprendere cosa fare per risolvere la situazione.
D'improvviso, un giorno, la regina bianca fa ritorno. Non è sola. Con sé ha un piccolo pedone che non è né bianco né nero: bensì rosso e la cui presenza getta nello sconcerto tutti gli altri pezzi della scacchiera. Non possono fare a meno di accettarlo. Ma certamente, non lo faranno mai sentire uno di loro. Lo denigreranno. Lo prenderanno a spintoni. Lo metteranno in imbarazzo in ogni modo e maniera pur di fargli comprendere che non è un pezzo ben accolto. Non sanno che posizione trovargli sulla scacchiera né quale mossa fargli fare. D'improvviso, con un voto collettivo ecco risolto il problema: all'unanimità si decide che il posto del pedone rosso sarà un cassetto, dentro il quale finirà chiuso senza poter più uscire. Ma l'estraneo non si dispera. Malgrado la prigione presso cui lo hanno costretto, ascolta ciò che accade al di fuori. E con l'aiuto dell'immaginazione, è come se vivesse in armonia assieme agli altri pedoni.
Questo spettacolo, dai ritmi serrati e ben recitato dalla compagnia – composta da attori non professionisti, con alcuni di loro disabili – non è solo sull'integrazione del diverso nella società. È un lavoro che prova a raccontare, con dolcezza e sobrietà e senza stucchevole retorica, la disabilità. La quale non è solo la conseguenza d'una menomazione fisica o neurologica; bensì soprattutto l'incapacità di accogliere l'altro apprezzandone le diversità e cogliendole come elemento di ricchezza. Quando ciò avviene – ed accade sempre più ogni giorno – disabile non è più colui che non viene integrato, ma la società che dell'ignoranza e della diffidenza ne ha fatto, purtroppo, stile di vita.
Pierluigi Pietricola