di Renata Ciaravino
con Arianna Scommegna
video, scelte musicali di Elvio Longato, luci di Carlo Compare
supervisione registica di Serena Sinigaglia
assistente alla regia e collaborazione alla riduzione del testo di Elvio Longato
set di Maria Spazzi, realizzazione scene di Raffaella Colombo, Lidia De Rosa, Anna Masini
Compagnia Teatrale Dionisi, Kilowatt Festival -teatro dell'Orologio di Roma
con il sostegno di Aia Taumastica/Torre dell'Acquedotto e Atir-Teatro/Ringhiera
teatro Comunale di Casalmaggiore, 9 novembre 2014
Potevo essere io è un'ipotesi esistenziale, ma è anche un bilancio di una vita andata così, è l'ammissione di una normalità mancata e di un dolore sostenuto con silenziosa e angosciante disperazione. Potevo essere io è soprattutto la bella prova di attrice di Arianna Scommegna che al testo di Renata Ciavarino offre sudore, camaleontica metamorfosi vocale, intensa fisicità, poesia di interprete, calibrata partitura fisica di un testo che arriva diretto, in cui dramma e ironia, comicità e disperazione si alternano e coinvolgono lo spettatore. La storia – forse troppo narrata e che dà il meglio di sé quando allude – è quella di un'infanzia fine anni Settanta inizio anni Ottanta nella periferia milanese, quando ancora si giocava nei cortili. Nessuna nostalgica rievocazione, ma piuttosto la fatica di esistere, l'amicizia fra due bambini: lei un maschiaccio, lui un ragazzo che sembra sapere il fatto suo, ma è solo un atteggiamento per sopravvivere alla mancanza d'affetto. Il testo di Renata Ciavarino evoca una storia, mille storie di infanzie abbandonate, di legami mancati, di solitudini che urlano. In Potevo essere io ci sono la scuola, il cortile, i genitori che se va bene sono assenti e quando ci sono fanno danni e picchiano, l'insulto alla 'terrona', l'invidia per la ragazzina che fa tutto con mamma e papà e poi lo scorrere del tempo. Le elementari, le medie e le prime esperienze sessuali, le superiori sono i tasselli di una normalità dolorosa che ha come tratto distintivo un senso di abbandono, un 'caviamocela da soli' perché non c'è nessuno che ci aiuti. In scena un tavolo da falegname, una barriera di legno su cui vengono proiettati filmati di periferie vicine. Arianna Scommegna racconta quel mondo, lo fa nei panni di quella bambina che affronta la vita senza orizzonti possibili, vivendo l'istante, innamorata del suo Giancarlo, l'amico di mille giochi, che si è fatta fregare da Patrizia, che ha fatto l'attore di film porno soft ed è passato a fare il bodyguard e finirà sotto l'autobus su cui lei viaggia nel ruolo surreale di intervistatrice per sapere il gradimento dei mezzi pubblici in una deserta giornata di agosto... Potevo essere io è un affresco ben raccontato, troppo narrato di un mondo fatto di solitudini, di illusioni di benessere, di analfabetismo affettivo, di infanzie lasciate crescere da sole, di famiglie separate, di lavori precari, il racconto di un passato recente che tanto assomiglia al nostro presente. In tutto ciò Arianna Scommegna si conferma un'interprete di razza, uno strumento che sa far risuonare in gesti, vocalità, metamorfosi corporee al limite della dolente caricatura le parole e le storie che interpreta, magari connotandole eccessivamente, usando l'evidenziatore, ma pur sempre capace di toccare le corde del cuore e la sensibilità di chi assiste.
Nicola Arrigoni