di Johnna Adams
Traduzione di Vincenzo Manna e Edward Fortes
Regia di Serena Senigaglia
Interpreti.: Ambra Angiolini e Arianna Scommegna
Scene: Maria Spazzi
Costumi: Erika Carretta
Light Designer: Roberta Faiolo. Luci: Umile Vainieri
Musiche: Mauro Di Maggio e Federica Luna Vincenti
Aiuto regia: Gabriele Scotti
Produzione: Società per Attori e Goldenart Production
Teatro Vittorio Emanuele di Messina dal 15 al 17 marzo 2023
Un ragazzino della prima media si uccide con un colpo di pistola alla tempia. Prima era arrivato sanguinante a casa per aver fatto a botte con un suo compagno di classe. Non è questo il motivo del suo folle gesto e neanche per quella nota della sua insegnante, che lo sospendeva per cinque giorni, consegnata alla madre che veniva invitata a conferire oltre che con lei anche con la preside. Trattasi d’un caso di bullismo o è stato provocato dall’insegnante che l’ha trattato male? È questo il nodo che la madre deve sciogliere. Sapere perché suo figlio s’è ammazzato. Quale cosa tremenda ha commesso. Cercare la verità e trovare un po’ di pace. Eccola dunque piombare in quella verde aula dal piano inclinato, simile ad un ring di muay thai, con una decina di banchi d’identico colore (la scena è di Maria Spazzi), lontano da quella classe morta kantoriana, mandando al tappeto (metaforicamente) quella donna che cerca di difendersi da ogni accusa, nell’attesa pure che giunga la preside ma che non arriverà mai. Da qui in avanti Corryn Fell, la madre vestita da una strepitosa Ambra Angiolini, intreccia con l’insegnante Heather Clark di un’altrettanta bravissima Arianna Scommegna una sorta d’incontro-scontro verbale di 70 minuti che toglie quasi il respiro da non far tossire nessuno degli spettatori del Vittorio Emanuele. Il cui merito certamente va dato al testo, Il nodo, della statunitense Johanna Adams (scarse le notizie sul suo conto e sulla sua età) pubblicato nel 2012, andato in scena in molte città degli States, magnificamente tradotto da Vincenzo Manna e Edward Fortes, diretto in maniera impeccabile da Serena Semigaglia, tale da riportarci agli anni della Beat Generation e ai lavori iperreali di David Mamet e Sam Shepard. All’inizio l’insegnante di Gidion, questo il nome del ragazzo suicida, non ha voglia di chiarire nulla dei fatti accaduti nella sua classe, anche perché in certo modo si sente responsabile, ma le domande della madre, anche lei insegnante all’università di letteratura e poesia medievale e antica, la inchiodano inesorabilmente. Scartabellando nel banco di Gidion viene fuori un tema che l’insegnante ha trovato oltremodo splatter, macabro e raccapricciante, dove i professori della scuola venivano descritti come mostri, buoni solo d’essere squartati in varie parti e le budella attorcigliate attorno a dei manici di scopa. Argomento invece lodato dalla madre che illumina l’insegnante dicendo che suo figlio s’è ispirato agli scritti del Marchese De Sade, non capiti evidentemente da lei che l’hanno portata a sospendere il figlio dalla scuola e scrivere la nota negativa da mostrare ai genitori. Il dialogo delle due donne diventa sempre più acceso, la madre butta in aria tutti i banchi, l’insegnante non sa cosa dire, trovando tuttavia la chiave per mettere fine alla querelle, allorquando dice che dal litigio dei due ragazzi sono volate alcune parole pesanti che definivano Gidion come frocio, epiteto che l’ha ferito a morte. Certamente raccontato così questo lavoro lascia molti interrogativi che verranno dibattuti e chiariti, mi auguro, nelle sedi più opportune, anche se il mio pensiero è rivolto in particolare alle famiglie perché seguano più da vicino i loro figli, chiedendo se sono felici della vita che vivono, se i social network possano aiutarli a crescere ed essere davvero un aiuto in più alle loro esigenze cognitive, soprattutto non lasciarli mai alla deriva, mentre agli insegnanti, ai professori delle scuole chiedo di capire cosa frulli davvero nel cervello dei loro ragazzi, giudicarli per le potenzialità che possono esprimere nella vita, senza soffermarsi soltanto ai programmi ministeriali da completare. Uno spettacolo, questo, da far girare in ogni scuola di ordine e grado e certamente da non perdere.
Gigi Giacobbe