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ROMA ORE 11! - regia Manuela Mandracchia

Roma ore 11! Roma ore 11! Regia Manuela Mandracchia

di Elio Petri
diretto e interpretato da Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti, Mariàngeles Torres
dal 12 al 20 gennaio al Teatro Eliseo di Roma, poi in tournée
Milano, Teatro dell'Elfo, fino al 2 marzo 2008

Avanti, 3 giugno 2007
Corriere della Sera, 22 febbraio 2008
www.Sipario.it, 13 gennaio 2008
Un emozionante teatro-verità

L'associazione culturale "Artisti riuniti", egregiamente coordinata da Piero Maccarinelli, ha concluso la sua ben qualificata stagione con "Roma ore 11" di Elio Petri, in scena al Valle. Lo spettacolo è diretto e interpretato nella più efficace maniera da Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti e Mariàngeles Torres. Sono quattro attrici che dotate di una forte e prorompente personalità, riescono ad evidenziare i più complessi stati d'animo delle molteplici protagoniste del racconto da loro interpretato. Merito loro e merito senz'altro di Piero Maccarinelli che con loro ha lavorato in pieno affiatamento, facendo sì che lo spettacolo scorresse nella più interessante maniera, ingemmato altresì da eterogenee felici soluzioni. Al loro terzo anno di attività gli "Artisti riuniti" hanno coinvolto 10.350 spettatori, organizzando tra l'altro "I Lunedì al Teatro Valle", la Mostra fotografica dedicata a Marcello Mastroianni, e promuovendo altresì tre appuntamenti di poesia realizzati nell'ultima edizione della Notte Bianca. Per la prossima stagione, si è deciso di alzare il tiro della provocazione, superando l'asfissia di microspettacoli a pochi personaggi, e pensando quindi a messe in scena con regolari compagnie. Magari affiancando tra l'altro, a noti professionisti di cinema e teatro, ex allievi dell'Accademia d'Arte Drammatica "Silvio D'Amico" e del Centro sperimentale di cinematografia di Roma. "Roma ore 11", a nostro parere è dunque tra gli spettacoli più degni, sia per il testo che per l'interpretazione oltre che per la geniale regia, della tramontata stagione teatrale. La storia trae spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto, allorquando il 15 gennaio 1951, si registrò al 31 di Via Savoia a Roma, lo spaventoso crollo di una scala, dove si trovavano accalcate settantadue ragazze che con trepidazione avevano risposto all'annuncio apparso su un quotidiano, per la ricerca di un posto di segretaria dattilografa, peraltro pagato poche lire. Altre cento e più ragazze, si trovavano in paziente attesa del loro turno al di fuori dell'aristocratica palazzina. L'inserzione apparsa negli annunci economici del "Messaggero" del giorno prima, diceva tra l'altro: "Signorina giovane intelligente volenterosissima attiva conoscenza dattilografia miti pretese per primo impiego cercasi. Presentarsi in via Savoia 31, interno 5, lunedì ore 10-11". Lo stesso giornale, quarantotto ore dopo, pubblicava in prima pagina: "Una terribile disgrazia è accaduta ieri mattina nell'interno di un villino di via Savoia, dove settantasette giovani donne sono rimaste ferite in modo più o meno grave ed una è deceduta per l'improvviso crollo dell'intera scala dello stabile". Ecco l'incipit del libro ricavato dall'inchiesta che Elio Petri, allora giovanissimo giornalista, condusse per conto del regista Giuseppe De Santis. Il fatto che duecento candidate si fossero presentate per un solo posto mal pagato era "un dito puntato sulla piaga della disoccupazione". Fu questo uno dei motivi che indusse De Santis e un gruppo di cineasti del neorealismo a fare appunto un film sulla disgrazia di via Savoia. Petri condusse l'inchiesta in modo organico, capillare: rintracciando ogni ragazza, scrivendo le storie di ciascuna ed i relativi ambienti familiari in cui vivevano. Ne registrò le espressioni dei volti, sondò i sogni e le attese delle fanciulle, decifrò le idee di giustizia ed ingiustizia di ciascuna, ricostruì l'immagine di tutto quel loro mondo. Più di un'inchiesta l'indagine di Petri divenne una denuncia delle miserie, della disperazione, delle prepotenze anche sessuali subite dalle ragazze, cosa che costò poi allo stesso film il boicottaggio e la censura. Pur non essendo questo un testo scritto per il teatro, Petri tratteggia dei personaggi vivi e concreti, pronti per essere recitati. Le giovani donne, le loro famiglie, i portieri dei palazzi e le varie umanità che incontra ci restituiscono una ricchezza e una diversità di psicologie, un linguaggio vivo e fiorito, per niente letterario e che non scade mai nell'oleografia. Nonostante parlino di miseria e di guerra appena passata, la forza vitale di questi personaggi e la levità con cui vengono raccontati, fanno sì che spesso quasi ci si sorprenda a ridere insieme a loro. E' un'Italia lontana e ingenua, che parla di come erano i nostri padri e le nostre madri, eppure sorprendentemente racconta anche l'Italia di oggi con le sue miserie, i suoi piccoli sogni, i suoi grandi problemi di lavoro. L'ambiente che s'è voluto ricreare revoca strade periferiche e botteghe; i racconti sono scanditi dalle immagini di cinegiornali d'epoca e da canti popolari. La spinta iniziale, che ha fatto incontrare le quattro attrici protagoniste, è stata la voglia condivisa di trovare un luogo e un tempo per "fare un teatro" che appartenesse loro di più. Dopo anni di tournée, hanno sentito l'esigenza di fermarsi, di cercare uno spazio protetto, dove potersi fare domande senza cercare subito risposte, dove poter stare in disequilibrio senza paura di cadere. Appassionandosi a quel mondo e a quelle storie, quasi per scoprire cosa fosse successo nel frattempo, come e quanto fossimo cambiati, è venuta loro la curiosità di tornare nei quartieri di Roma e di parlare con le ragazze che oggi hanno vent'anni: quali sono le loro aspettative sul lavoro, i loro sogni, le loro paure? Sorprendentemente le loro risposte non sono state così diverse e lontane da quelle delle ragazze di via Savoia. In quei giorni del '51, tra l'altro, Roma era una città in stato d'assedio. Si aspettava l'arrivo di Eisenhower per cementare l'adesione italiana al Patto Atlantico che avrebbe anche significato l'ingresso in guerra contro la Corea. Le strade della città erano piene di polizia e manifestanti che inneggiavano alla pace. Inoltre fondamentale è stato l'incontro con Giovanna, una delle "vere" ragazze di via Savoia e sono le sue parole che chiudono lo spettacolo. Con la sua generosa testimonianza e la sua straordinaria umanità Giovanna ha permesso loro di entrare più profondamente in quel mondo, restituendo anche il senso ultimo e vivo del loro lavoro.

Renato Ribaud

Quella lontana tragedia tra amarcord e denuncia

Un fatto di cronaca del 1951: a un colloquio di lavoro per un posto di dattilografa a Roma si presentano duecento donne e la scala della palazzina dove si erano accalcate crolla, una di loro muore e per molte sono lunghi giorni in ospedale con spese da pagare a fine degenza. Elio Petri fece un' inchiesta preparatoria alla sceneggiatura del film di De Santis e da questo libro quattro attrici, Sandra Toffolati, Mariàngeles Torres, Manuela Mandracchia e Alvia Reale, sostituita quest' anno da Anna Gualdo, a otto mani hanno elaborato l' adattamento teatrale. Una regia collettiva per raccontare storie di donne, di lavoro che manca, di soprusi, di povertà, di morti bianche, di speranze disilluse, di uno ieri che ha echi nell' oggi. Passando da un ruolo all' altro, interpretando popolane, beghine, miss di borgata e lo stesso Petri, cantando cha cha cha e canzoni popolari, le quattro attrici, in una semplice scena di bianche lenzuola stese sulle quali vengono proiettati cinegiornali d' epoca, con bravura fanno vivere la loro «Roma ore 11», storia drammatica raccontata con colorita e colorata passione. Al di là dell' impegno civile, una drammaturgia più selettiva e aspra avrebbe evitato il gradevole, accattivante sapore di un «amarcord» neorealistico. Uno sguardo meno tenero e edulcorato sullo ieri sarebbe stato uno sguardo più acuto sull' oggi.

Magda Poli

Roma, ore 11 di una giornata davvero particolare per duecento donne in cerca di lavoro. Era il 14 gennaio 1951, un trafiletto sul quotidiano Il Messaggero citava così: “Signorina giovane intelligente volenterosissima attiva conoscenza dattilografia miti pretese per primo impiego cercasi”. Ma in Via Savoia 31 si consumò una tragedia. L’intera scala dello stabile quel maledetto giorno improvvisamente crollò: settantasette giovani restarono ferite e una di loro perse la vita.
Oggi quattro donne, quattro coraggiose e stravaganti attrici di teatro, ci raccontano sul palcoscenico questo episodio di cronaca attraverso l’inchiesta che un giovanissimo Elio Petri, allora giornalista e non ancora regista, condusse per la realizzazione del noto film di Giuseppe De Santis. Un viaggio che ha in scena i tempi e la suggestione del lento passeggiare tra le vie di una Roma lontana e irriconoscibile nei frammenti di filmati dell’Istituto Luce che scorrono davanti agli occhi. Tra candide lenzuola stese al sole ad asciugare fanno capolino la tenerezza, le illusioni, le aspettative, le miserie di un universo femminile provato dalla guerra ma pieno di vita e di forza d’animo. In un tempo in cui è inutile farsi leggere il futuro perché “c’è una disoccupazione che manco le carte ci capiscono più niente”.
Si cammina tra strade sterrate, baracche del Campo Parioli, tra i quartieri di Trastevere, Prenestino, Centocelle, Quadraro, per incontrare le sopravvissute, per chiedere loro una testimonianza di che cosa accadde, per sapere come è stata la vita dopo. E si scoprono le debolezze e le grandezze dell’essere Donna. Per coprire le ferite dell’animo non basta la cipria, per mettere su casa non basta l’amore, per poter lavorare non basta essere capaci. Ma c’è la voglia di andare avanti, malgrado tutto. C’è la solidarietà tra chi vive la disoccupazione, la povertà, la voglia di costruirsi un futuro. C’è il bisogno di sorridere ancora.
Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti e Mariàngeles Torres, che insieme dirigono loro stesse (sono il gruppo Mitipretese), diventano quelle ragazze di tanti anni fa. Hanno bisogno di pochissimo: basta un grembiule, un paio di scarpe retrò, un foulard in testa. E cambiano identità, nome, età, storia di vita. Con grazia, umanità e grande capacità interpretativa. Si sente che le hanno amate tutte queste donne, che ne hanno sviluppato l’intimità e la psicologia. E un’ora e mezzo di spettacolo passa in un attimo. Davanti agli occhi resta l’immagine di quelle lenzuola bianche. Nelle orecchie tante canzoni dell’epoca e un delizioso “cha cha cha della segretaria” che descrive con ironia e disillusione una condizione femminile nel lavoro purtroppo tanto attuale.

Flavia Bruni

Ultima modifica il Lunedì, 23 Settembre 2013 18:35

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