di Bertolt Brecht
traduzione: Mario Carpitella
regia: Claudio Longhi, Dramaturg: Luca Micheletti, scene: Csaba Antal, costumi: Gianluca Sbicca
luci: Paolo Pollo Rodighiero
con Umberto Orsini, Nicola Bortolotti, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale, Diana Manea, Luca Micheletti, Michele Nani, Ivan Olivieri, Giorgio Sangati, Antonio Tintis
Roma, Teatro Argentina, dal 29 marzo al 29 aprile 2011
All'orizzonte si prospettano tempi bui. Tempi di dittatura strisciante, ammantata da un falso liberalismo. Tempi di tragedie epocali, di emigrazioni di massa alla ricerca di una vita migliore. E proporre un testo come "La resistibile ascesa di Arturo Ui" di Bertolt Brecht è un modo per metterci in uno stato di attenzione, come dire: si prefigurano fenomeni analoghi a quelli che hanno accompagnato la nascita del nazismo, il parto di personaggi mostruosi, che sono al comando e che cercano di modellare la società al loro volere. Di grande attualità, quindi, è stata la scelta di Claudio Longhi, regista che ha realizzato lo spettacolo per conto del Teatro Stabile di Roma, ora diretto da Gabriele Lavia, e di Emilia Romagna Teatro. Oltre che essere una scelta pungente, intelligente, e meritevole per contenuti, lo spettacolo ci offre anche altre belle cose: come una prestazione attorale di prestigio di Umberto Orsini, che mostra una matura capacità creativa nel disegnare e interpretare questi personaggi (dall'uso della voce che assegna ad ogni personaggio, dalla postura, le camminate) degni di passare alla storia dell'arte della recitazione; come mettere insieme una compagnia di giovani attori duttili, bravi, disponibili a dividersi in tanti ruoli, a suonare strumenti musicali, a cantare , a fare i servi di scena per i cambiamenti a vista; come si possa utilizzare la fantasia per le soluzioni scenografiche ricorrendo a pochi segni simbolo, come quel mare di cavoli che vivono nella scena, ai piedi del Dittatore, che piovono dal cielo, come quella cassetta che li contiene e che giocando con tante altre cassette uguali si creano ambienti diversi: grattaceli, strade, interni, conferendo a tutto lo spettacolo quella sorta di straniamento che Bertolt Brecht invocava sia nella recitazione, sia nella successione delle scene accompagnate da siparietti, da titoli -didascalie per responsabilizzare il pubblico, a farlo pensare, evitando la catarsi, le facili emozioni. Insomma, a farlo partecipare criticamente col proprio immaginario, la propria cultura. Longhi ha ben lavorato nella costruzione dei personaggi, ma ha trovato anche attori ricchi di qualità, capaci di entrare nel gioco del teatro epico. E tutti meritano di essere citati per bravura e per impegno civile. Sono: Nicola Bortolotti, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale, Diana Manea, Luca Micheletti, Michele Nani, Ivan Olivieri, Giorgio Sangati, Antonio Tintis.
L'opera di Brecht denuncia i metodi usati da uomini spietati che per raggiungere il potere ricorrono a ricatti, minacce, violenze, uccisioni, corruzione, disumanità.
Uno spettacolo che merita di essere visto. Dai giovani, soprattutto. Che merita di essere visto anche per riflettere su quello che all'orizzonte si sta intravedendo.
D.G.
il cuore uncinato del nazismo
Chicago come Berlino. Ad una movimentata allegoria degli anni Trenta nella metropoli americana, Bertolt Brecht affidò, durante il suo esilio in Finlandia, la prefigurazione della Berlino di Hitler, l'ascesa del Führer, le nere premonizioni di un futuro d'aggressione, orrori e morte. La resistibile ascesa di Arturo Ui (1940-41) è tutto questo. Ma è anche un testo affollato, difficile, aperto a mille possibilità di messinscena.
Claudio Longhi, per la sua lettura in scena all'Argentina di Roma, ha scelto il vaudeville, per meglio dire una sorta di musical all'antica capace di sottolineare, con il suono e il movimento, il grottesco che sottende ai personaggi e alle situazioni. S'intuisce che il lavoro fatto da regista e dramaturg (Luca Micheletti) è stato tanto, e si è articolato su più piani. Il risultato è infatti uno spettacolo analitico, articolato come il corpo di un insetto, che non tralascia simboli, rimandi, segnali diretti e indiretti, metafore, iperboli e quant'altro. Un tappeto di cavolfiori, ordinatamente allineati uno accanto all'altro, occupa il proscenico fin dall'inizio. E le classiche casse da verduraio, quelle in cui viaggiano e poi vengono esposti i prodotti ortofrutticoli, formano, alle spalle degli attori, il reticolo di grattacieli della città-simbolo del Capitalismo. In essa i traffici, le collusioni, le mafie preparano e accolgono la crisi economica, al cui interno politica e capitale vanno a braccetto, nutrendo mostri come mister Ui o come, facendo un salto nel cuore d'Europa, l'Imbianchino del Terzo Reich.
Brecht colpisce, con il suo ghigno, cortigiani grandi e piccoli, loschi affaristi, ideologi folli e inarrestabili divoratori d'umanità. Ui ruba a Shakespeare le orazioni del Potere. Una cappa di tragedia sovrasta, al galoppo, l'un continente e l'altro; cantando e ballando li stritola con artigli ferali.
Umberto Orsini, che non rinuncia mai a sperimentare, a mettersi alla prova, interpreta Ui con una plasticità incredibile, ora bascullandosi sulle gambe in un'andatura alla Charlot, ora arroccandosi in espressioni comicamente dittatoriali. Fantastico. Nel cast, fra i tanti interpreti, lo stesso Micheletti, Lino Guanciale, Giorgio Sangati, Michele Nani. L'epilogo oltrepassa Brecht e sottopone alla nostra riflessione la figura del self made man che arriva in alto, molto in alto. A volte troppo.
R.S.