di Luigi Pirandello
drammaturgia Francesco M. Asselta, Michele Sinisi
regia e adattamento Michele Sinisi
con Stefano Braschi, Marco Cacciola, Gianni D'addario, Giulia Eugeni,
Marisa Grimaldo, Ciro Masella, Stefania Medri, Giuditta Mingucci,
Donato Paternoster, Michele Sinisi, Adele Tirante
aiuto regista in scena Nicolo' Valandro
scene Federico Biancalani
assistente alle scene Elisa Zammarchi
Produzione Elsinor Centro Di Produzione Teatrale
A Milano, Teatro Fontana, dal 12 al 24 marzo 2019
Testo più che consunto nella memoria, il contenuto originale dei Sei personaggi in cerca d'autore vede l'irruzione su un palcoscenico, dove una compagnia di stampo tradizionale sta provando Il gioco della parti di Pirandello, di sei personaggi i quali pretendono di avere una forma, per consistere assoluti e non soggetti alla relatività dell'essere persona. Le misteriose creature della fantasia dell'autore dalle vite enigmatiche, portatrici di comportamenti da riprodurre, ma secondo loro infungibili, vogliono portare sulla scena in diretta il loro dramma famigliare che, com'è noto, è costruito su un tentativo d'incesto, sulla bambina che annega nella vasca e il ragazzo che s'ammazza con una revolverata, sull'angoscia della Madre e la vergogna del Padre. Ma i personaggi rifiutano l'interpretazione degli attori della compagnia nei quali non si riconoscono affatto. L'autore, dunque, esplora tutte le difficoltà di trasferire la materia prima dell'esperienza in quel luogo di tutti gli artifici che è il teatro. Alcuni testi di Pirandello, e questo specialmente, hanno una vitalità straordinaria e sono capaci di nove vite, come il gatto del detto, ma non ci si può nutrire di pernice sempre, anche se eccellente, come vuole l'aneddoto. Personalmente non riesco più a entusiasmarmi a un testo troppo conosciuto a meno che, a far ritrovare una forma di entusiasmo, siano le innovazioni introdotte da un regista non deviate per il partito preso dell'originalità, che abbia soprattutto il senso istintivo del teatro. Oggi il modo più interessante e rivelativo di allestire Pirandello non è quello semplice e diretto, ma sempre un'indagine, una ricerca, uno studio sulla costruzione delle macchine celibi e persecutorie costituite dalle sue commedie. I suoi testi vanno dunque portati al calore emotivo e alla capacità di comunicare con forza la propria storia. Si prenda l'allestimento che ha fatto Michele Sinisi dei Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello – il nome dello scrittore incluso nel titolo - che, può piacere o meno, ha una sua ragion d'essere almeno per aver tentato una strada, a suo modo, provocatoria considerando che «mettere in scena questo testo - parole del regista pugliese - significa oggi muoversi in una mediasfera dove il confine tra vita privata, storytelling, informazione e manipolazione è sempre più labile», immersi come siamo in una comunità virtuale, costantemente interconnessi e, al contempo, estranei. E la grande domanda è: «Che cosa rimane dell'arte nell'epoca della sua riproducibilità digitale? Cosa è reale, cosa è virtuale?». Aveva ragione Pirandello: «la finzione è più realistica della realtà, i personaggi creati dal Poeta sono più veri di quelli veri, sono eterni. E per vivere eterni non hanno nemmeno bisogno di compiere dei prodigi». Qualche prodigio, per essere almeno accettabili, lo devono invece compiere gli attori ai quali, nei Sei personaggi, è delegata la faticosa incombenza di impersonificare la realtà. Il problema dei problemi in ogni allestimento riguarda la prima scena, e consiste nella difficoltà di ricreare nel presente la sorpresa e lo "scandalo" che l'irrompere dei personaggi senza autore e senza copione, dentro la realtà simulata e convenzionale del palcoscenico. Nell'allestimento di Sinisi ci si trova coinvolti in una sorta di happening, un continuo tra platea e palcoscenico, con il teatro tutto illuminato, gli attori, capocomico e regista in mezzo al pubblico che entra e chiacchera, e di lì a poco, l'arrivo di altri interpreti in ritardo che salgono sul palco dove già in postazione c'è uno alla consolle con pc e schermo collegato a internet da cui estrarrà musiche e immagini visualizzando l'avvicendarsi dei vari dialoghi, proiettando la pagina Facebook sullo spettacolo con l'invito verso il pubblico a collegarsi col proprio cellulare per interagire eventualmente in diretta video. Si discute, si chiacchera, si provano i ruoli in un continuo gioco di rifrazioni multiple, di circolarità temporale, dove è difficile seguire una linearità a favore di uno svolgimento non sistematizzato, che però, ben presto assumerà una sua maggior chiarezza con l'arrivo da una porta laterale della sala di alcuni degli stessi attori finora visti ma calati nei ruoli dei Personaggi pirandelliani. E qui i piani metateatrali si intersecano ulteriormente, seguendo quel filo narrativo segnato da altre forme di rappresentazione. Che avrà due momenti finali ad effetto. Il primo, anticipato nel programma dello spettacolo che prevede, a ogni replica, degli ospiti a sorpresa chiamati a interpretare una scena della commedia, è l'arrivo di tre attori che nella serata alla quale ho assistito erano i milanesi Nina's Drag Queens che si sono alternati nella sequenza dell'incontro tra il Padre e la Figlia dando poi loro le indicazioni agli attori di come recitare le parti. Il secondo è, dopo l'apparizione di Madama Pace in un siparietto di cantante d'avanspettacolo, l'aprirsi del sipario precedentemente chiuso che svelerà due manichini giganti, di un uomo e di una donna, dei quali vediamo solamente le gambe e gli enormi piedi muoversi e, col cadere rispettivamente dei pantaloni e della gonna, simulare appena la scena del rapporto incestuoso tra padre e figlia. Scena subito interrotta per lasciare posto a un'altra sequenza la cui rappresentazione è negata. L'annegamento nella vasca della bambina pirandelliana, qui sostituita dal video da internet di una piccola profuga annegata in mare, è riportato dal racconto di uno degli attori, Marco Cacciola, che farà poi esplodere un colpo di pistola a salve. Infine, la scena di disperazione della madre è resa da tre contenitori metallici contenenti, secondo una recente scoperta scientifica, diversi tipi di urlo di dolore di madri: altra trovata che va nella direzione di immettere ulteriori scandagli sulla verità o meno delle notizie, con il pubblico chiamato in causa, nel senso di crederci o no, scegliendo quale recipiente aprire. Insomma, uno spettacolo che sfida lo spettatore chiamandolo a essere parte attiva del meccanismo scenico.
Giuseppe Distefano