Di e con Enzo Moscato
Composizioni musicali ed elaborazioni musicali di Pasquale Scialò
Immagini sceniche di Mimmo Paladino
Accompagnamento musicale di Claudio Romano, Paolo Sasso e Paolo Cimmino
Napoli, Teatro Nuovo dal 12 al 15 gennaio 2017
Per chi non è di Napoli Toledo ovviamente sa di Spagna: una città bellissima, ricca di storia e turismo. E in fondo, per gli abitanti partenopei non è poi così diverso. Toledo è una via storica, di negozi, musiche e bellezze in mostra per i visitatori; l'affaccio lustro ed elegante dei famosi Quartieri Spagnoli, il cuore popolare, folcloristico, ma anche delinquenziale della città. Conosciuti semplicemente come i Quartieri, essi racchiudono il pittoresco e lo squallido di Napoli.
Da lì, da dove nasce e muore ripiegandosi su se stessa la poesia della città, prende le mosse e fa ritorno il viaggio di Enzo Moscato: Toledo Suite è un percorso musicale (prima di tutto) che, dopo aver incantato il pubblico di tutto il mondo (dal Brasile al Giappone) ha segnato l'immancabile tappa del Teatro Nuovo. A Napoli, proprio in via Toledo e a ridosso dei Quartieri, in cui il racconto imbastito dal grande drammaturgo è ambientato.
Moscato in scena è accompagnato da chitarra, violino e percussioni in un omaggio a grandissimi autori come Nino Taranto, Bertolt Brecht, Kurt Weill, Marguerite Duras, Lou Reed e Jacques Prevert. Tuttavia, al di là delle citazioni, il recital è amorosamente dedicato a Napoli: destinataria unica di un sentimento controverso e totalizzante; musa generosa di un'arte che si irradia, rendendo addirittura soave la misera quotidianità dei vicoli.
La poesia è musica, consolazione e compagna fedele delle prostitute ospiti di un bordello in via Toledo. La casa di appuntamenti di Madame, maitresse (forse) francese, conosciuta in tutta Napoli e frequentata da soldati, uomini d'affari, avventori di ogni estrazione sociale. Attraverso i decenni, fino all'inevitabile declino e "svuotamento". Perché la musica, prima o poi, finisce: ne resta un'eco e anche quella, per fortuna, diventa poesia.
Il racconto di Moscato, che si muove tra i musicisti come uno stregone, è il filo conduttore di una serie di brani popolari come Scalinatella, Cerasella, Anema e Core, più altri successi internazionali che provengono dai café-chantant di inizio 900 o dai cabaret e ne ricostruiscono perfettamente l'atmosfera. Del resto, quello di Enzo Moscato, lo stregone, è un incantesimo e il pubblico ne è l'estasiata vittima.
Bravissimi i musicisti Claudio Romano, Paolo Sasso e Paolo Cimmino. Del loro prezioso contributo si avvale un più che mai istrionico Moscato, che però pone tra sé e il pubblico un telo scuro. Come una zanzariera a protezione di non si sa bene cosa (su cui si susseguono le belle immagini di Mimmo Paladino, che certo non avrebbero perduto efficacia né significato se proiettate direttamente sullo sfondo del palcoscenico), chiusa e inamovibile perfino durante gli applausi. Il panno scuro a delimitare la quarta parete suscita perplessità e una certa freddezza, mentre il divo prende le distanze e si ammanta (a quale scopo?) di mistero.
Giovanni Luca Montanino