di Fernando Pannullo
da un'idea di Fatima Scialdone
con Eduardo Moyano, Luciano Donda, Cinzia Lombardi, Mariano Navone
Al pianoforte Giovanni von Gartner
Costumi: Isabella Scialdone
Consulenza musicale: Elio Paoloni
Organizzazione: Roberto di Palma
Produzione: TangoEventi
al Palacultura Antonello all'interno della 67ª Stagione dell'Accademia Filarmonica di Messina, 16 aprile 2016
Le piaceva che il popolo della povera gente degli oppressi degli affamati e dei senza casa la chiamasse Evita. Che le facesse sentire quel calore famigliare che le è mancato nella sua umile casa del Villaggio Los Toldos, a 280 km da Buenos Aires, dove vi era nata il 7 maggio 1919. Lei che, ultima di cinque figli, tutti bastardi, verrà abbandonata assieme alle sorelle Blanca, Elisa, Erminda e al fratello Juan, da un padre-padrone che tornerà a stare con moglie e figli legittimi. Lei era María Eva Duarte de Perón, nata Eva María Ibarguren, poi seconda moglie del presidente Juan Domingo Perón e First Lady dell'Argentina dal 1946 fino alla morte nel 1952, avvenuta per un tumore, a soli 33 anni, appellata Eva Perón, o con l'affettuoso diminutivo in lingua spagnola Evita. Un nome diventato leggenda per milioni di argentini e poi un film nel 1996 diretto da Alan Parker, tratto dall'omonimo musical composto da Andrew Lloyd Webber e Tim Rice con Madonna e Antonio Banderas, portato al successo pure in un altro musical col medesimo titolo da Massimo Piparo con Olivia Cinquemani nel ruolo di Evita. La ri-vediamo adesso ri-prendere la scena grazie ad un minuzioso testo di Fernando Pannullo titolato Un Thè-Tango per Evita, da un'idea di Fatima Scialdone, lei stessa negli abiti del mitico personaggio, il cui spettacolo di prosa, musica e tango, molto applaudito a più riprese, è stato ospitato al Palacultura Antonello all'interno della 67ª stagione concertistica dell'Accademia Filarmonica di Messina. S'inizia con una voce fuori campo che dà notizia della scomparsa di Evita. Solo pochi secondi perché subito dopo, quasi in modo surreale, si sostanzia sulla nuda scena lei, la Scialdone-Evita, capelli stirati tenuti sulla nuca da uno chignon di fiori bianchi, lo stesso colore del mantello con cappuccio che l'avvolge e che una volta toltolo rimarrà in abito bianco a portafoglio con spacco centrale (i costumi sono di Isabella Scialdone). Eccola adesso raccontare (più avanti pure cantare e ballare) i momenti più salienti della sua breve e frenetica vita, come quelli che la vedranno ancora una bambina di 15 anni lasciare il paesello e fidarsi di tale Augustin Magaldi (qui vestito da Eduardo Morano, argentino puro sangue e provetto tanghero) che la introdurrà nel mondo dello spettacolo di Buenos Aires. Piccole parti in teatro, comparsate alla radio e attrice non protagonista d'una serie di film passati inosservati ma che le daranno tuttavia una certo benessere economico. L'incontro poi con Juan Peron, il suo impegno politico e sindacale verso i diseredati, i descamisados, il voto alle donne, grande attenzione a risolvere i problemi della scuola della sanità e della casa e infine un cancro all'utero che la toglierà da questo mondo. Le schegge della narrazione sono interrotti da puntuali interventi musicali di Giovanni von Gartner al pianoforte, qui nel ruolo di Enrique Santos e da Mariano Navone alle prese col bandoneon nei panni di Astor Piazzolla, movimentando entrambi la scena con tanghi acrobatici eseguiti da Luciano Donda in giacca bianca doppio petto, che impersona Juan Peron e da Laura Grandi in mini abito nero che interpreta pure la parte di Libertad Lamarque, attrice e cantante argentina nota per il suo lavoro al cinema in teatro e alla radio e in netta competizione con Evita. Raccapricciante, pure necrofilo, quasi una sciarada il racconto del dopo-morte di Evita che non voleva essere sotterrata e che il medico spagnolo Pedro Ara ne mummificò il cadavere posto poi in una bara chiusa da un vetro trasparente e di tutti i luoghi più impensati, alcuni pure in Italia, in cui fu nascosto l'ingombrante involucro, che trovò finalmente pace dopo ben 22 anni di giochi al nascondino prima d'essere collocato nel cimitero della Recoleta di Buenos Aires, nella cappella della famiglia Duarte. In chiusura una commossa e brava Fatima Scialdone interpreterà la bellissima canzone Rinascerò su versi di Horacio Ferrer e musiche di Astor Piazzolla.
Gigi Giacobbe