di Dario Tomasello per la regia di Antonio Calenda
con Antonio Calenda
con Maurizio Marchetti
Sala Laudamo 2009
MESSINA (gi.gi.).- " L'11 settembre è un capolavoro di arte contemporanea, messa non in un caveau ma a disposizione di tutti", dice Angelo, uno studente fanatico di fondamentalismo islamico, a Mustafà Yrmez, professore di letteratura curda, seduti in un bar il cui nome in arabo è espresso da un neon fucsia, mentre una bomba nello zaino del giovane è lì pronta ad esplodere in ogni momento e i suoni della fisarmonica di Orazio Corsaro lacerano lo spazio. Stiamo parlando di Ultimo giorno una pièce esaltante del giovane drammaturgo messinese Dario Tomasello, messa in scena nella Sala Laudamo con molta dedizione e sensibilità da parte del noto regista Antonio Calenda che da anni dirige lo stabile del Friuli Venezia Giulia e che è stata accolta dal numeroso pubblico con lunghi e calorosi applausi, con repliche sino a domenica pomeriggio. Le due figure al bar sono due generazioni a confronto. I padri in pensione - al professore manca un anno per andarci - i figli smarriti, fuori corso, pronti a sposare dottrine devastanti e tenere piantato sulla sedia, quasi in ostaggio, un padre che non si dà pace che il proprio figlio, somigliante a quel giovane che gli è accanto, s'è fatto spappolare le carni su una nave da crociera. Un padre che ha covato in seno un kamikaze, interpretato da un grande Maurizio Marchetti con trasporto e sofferta adesione come raramente gli accade. Una mater dolorosa, cui Maria Serrao commossa e commovente conferisce segni di intensa e profonda umanità, in evidenza nella prima parte seduta a terra accanto al marito in un minuscolo spazio rettangolare dalle aure orientali, per via dei cuscinoni e tavolino basso ( la scena è di PierpaoloBisleri) avendo alle spalle un fondale azzurrognolo, quasi un'acquaforte di Casorati riproducente la Via Lattea. Un Angelo, quello di Angelo Campolo, destinato ad una rosea carriera dopo questa sua maiuscola prova, che butta alle ortiche la sua vita e che ha come termine di paragone la Corea del Nord, un grande paese, dirà, perché non s'è venduto agli americani come il Vietnam e in cui vige l'elogio permanente del capo e del suo governo. Più che sul terrorismo islamico quello di Tomasello è un lavoro sulla paura, un lusso per l'uomo, ma anche in grado, con una bomba accanto, di frantumare in un istante la sua dignità, fargli raccontare ad uno sconosciuto la sua vita, farlo tremare in ginocchio, fargli trascorrere il suo ultimo giorno.
Gigi Giacobbe