di Eugène Ionesco
Con Nando Paone, Daniela Giovanetti, Valeria Almerighi
Regia: Antonio Calenda
Aiuto regia: Alessandro Di Murro
Scenografa: Paola Castrignanò
Costumista: Giulia Barcaroli
Disegno luci: Luigi Della Monica
Coproduzione Tradizione E Turismo – Centro Di Produzione Teatrale – Teatro Sannazaro, Teatro Stabile Del Friuli Venezia Giulia, Accademia Perduta Romagna Teatri e Fattore K
In scena al teatro Sannazaro di Napoli fino al 4 febbraio 2024
Andy Warhol, pittore, grafico, sceneggiatore, illustratore, che ha vissuto uno dei periodi del Novecento più tragici e ricchi di cambiamento, come quello della Seconda Guerra Mondiale e del Dopoguerra, anche se dalla prospettiva americana, nella sua pop art, tendeva a riprodurre più e più volte lo stesso simbolo, lo stesso disegno all’infinito, che dava al tempo stesso il senso della cultura di massa e dell’alienazione del soggetto. Un po’ come quando ripetiamo una parola di continuo tantissime volte e dopo ci sembra priva di significato. Allo stesso modo il racconto del teatro dell’assurdo di Ionesco ci porta in una dimensione postbellica in cui l’essere umano in quanto individuo risulta particolarmente alienato e privo della sua stessa natura, come deprivato di quei valori fondamentali di umanità e di bontà che si celano dietro ipocrisie e false buone abitudini. La consuetudine e l’educazione lasciano spazio alla follia e all’irrazionalità di un professore che attende le sue allieve, una alla volta, come un sapiente e rispettato uomo di cultura, per le sue lezioni, che poi si rivelano essere da un lato di una banalità e semplicità disarmanti e dall’altro di un nonsense quasi inquietante in cui l’allieva, la bravissima Daniela Giovanetti, focalizza la sua attenzione ben presto sui dolori, “i primi sintomi”, che prova nel momento in cui il suo maestro porta avanti un discorso tragicomico, che si trasforma pian piano in un dramma dall’unico esito, che conduce al peggio e che continua, tuttavia, a mantenere una fredda, paralizzante comicità dai forti contrasti con l’ambiente scenico e con lo svolgimento del racconto. Da una parte l’allieva dunque, dall’altra un eccezionale Nando Paone, attore di comprovata esperienza che riesce a passare in un attimo dal registro comico al drammatico, al grottesco e al surreale, rievocando quell’atmosfera rarefatta e terribilmente sospesa, continua e gelante. Nel mezzo, una cameriera (nel ruolo c’è Valeria Almerighi) che ci restituisce esattamente il sentimento dell’epoca, tra la consapevolezza dell’orrore e la coscienza di quel che sarà, ma la vittoria poi dell’abitudine, della gente ormai avvezza a un dolore diventato la normalità, a cui nessuno fa più caso. Ecco che viene definitivamente abbandonato il senso logico, l’espressione razionale, come si fosse aperta una dimensione di una verità distorta e spiacevole, ma intuibile, una parentesi di un mondo altro e terribile. Una storia anche psicologica, dell’assurdo appunto, che fa quasi male perché investe lo spettatore con la sua cruda irrazionalità e ci fa riflettere, mai come adesso, sulle conseguenze delle Guerre e dell’insensatezza delle opere che l’uomo troppe volte sa perfettamente costruire. Il ritorno in eterno della stessa situazione iniziale rende lo spettacolo circolare, lasciandoci con un muto interrogativo: sarà possibile un cambiamento oppure è ormai troppo tardi per mutare i disastri che l’atrocità ha trasformato in paradossale pensiero, illogica azione? La lezione, dal 1951 ad oggi, cerca ancora le sue risposte in chi, di fronte a lei, osserva attonito il compiersi del destino dei personaggi. Francesca Myriam Chiatto