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VETRI ROTTI - regia Armando Pugliese

"Vetri rotti", regia Armando Pugliese "Vetri rotti", regia Armando Pugliese

di Arthur Miller
nella traduzione Masolino D'Amico
Interpreti : Elena Sofia Ricci, GianMarco Tognazzi, Maurizio Donadoni,
Elisabetta Arosio, Alessandro Cremona, Serena Amalia Mazzone
Scena: Andrea Taddei
Costumi: Barbara Bessi
Luci: Gaetano La Mela
Musiche Stefano Mainetti
Regia Armando Pugliese
Produzione ErreTiTeatro30
Spettacolo prodotto da Roberto Toni in collaborazione
con Regione Toscana e Ministero per i Beni e le Attività

al V. Emanuele di Messina dal 6 all'8 aprile 2018

www.Sipario.it, 8 aprile 2018

Vetri rotti (1994) di Arthur Miller fa riferimento ad un fatto realmente accaduto a Berlino il 9 novembre del 1938 allorquando le SS naziste distrussero le vetrine dei negozi di proprietà degli ebrei. Un episodio gravissimo, noto pure come la Notte dei Cristalli (Kristallnacht), quando migliaia di attività, abitazioni, sinagoghe furono ridotte in calcinacci. Ci furono morti e feriti e molti furono internati nei campi di concentramento. Dopo più di mezzo secolo Miller, ebreo pure lui, trattando in maniera soft l'oceanico tema dell'Olocausto, ambienta Vetri rotti in una Brooklyn piccolo borghese, da cui non si discosta l'attraente messinscena al Vittorio Emanuele di Messina di Armando Pugliese in stile psicodramma secondo Moreno, al quale per dare l'idea che si è nella Grane Mela, gli è sufficiente, nella scena di Andrea Taddei, una pedana con scivolo, una frontale parete lignea con due spaccati panoramici laterali e nella parte mediana un letto matrimoniale che sbuca fuori nei momenti più drammatici. Protagonista dello spettacolo è una donna ebrea americana, tale Sylvia Gellburg, interpretata con profonda adesione da Elena Sofia Ricci, accostabile a quelle vertiginose figure femminili di tanti drammoni hitchcockiani, che a quella notizia della Notte dei Cristalli pure lei va in frantumi, subendo un profondo choc da farle perdere l'uso delle gambe e inchiodarla su una sedia a rotelle, accudita poi amabilmente dalla sorella (Elisabetta Arosio). Il marito Phillip, quello che Maurizio Donadoni veste con fremiti ansiosi misti a deliranti comportanti, asciugandosi più volte con un fazzoletto il sudore dalla fronte, da una parte cerca di curarla minimizzando le notizie horror che giungono dalla Germania, dall'altra le da aiuto rivolgendosi ad un medico suo coetaneo e conoscente specialista della materia, il dottor Herry Hyman, cui GianMarco Tognazzi gli conferisce una sicurezza scenica e un aplomb professionale, diagnosticando che l'origine del male è una paralisi isterica di natura psicosomatica, poi sentendosi sentimentalmente attratto dalla donna cerca d'infonderle forza e energia per reagire a quello status d'immobilità. Che sia nato qualcosa tra la moglie e il medico, il marito ne ha il sentore, non riuscendo tuttavia ad accettare questa tresca allo stato nascente. Vengono a galla verità private come la presunta virilità di Phillip che naufraga miseramente da trent'anni tra le coltri di quel talamo; il licenziamento da parte del suo datore di lavoro (Alessandro Cremona); l'insoddisfazione sessuale di Sylvia di stare accanto ad un uomo fantoccio, la dialettica del medico sempre pronto come un gallo ad amoreggiare con la sua compagna e assistente (Serena Amalia Mazzone), sino al miracolo finale allorquando Phillip stramazzando a terra, forse colto da infarto, farà saltare Sylvia giù dal letto e farla camminare in tutta scioltezza.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Lunedì, 09 Aprile 2018 09:47

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