Mariangela Melato è nata a Milano in via Montebello, zona Brera, dove avrà al mitico bar Giamaica, importanti incontri col mondo dell'arte. Di formazione borghese, avviata all'attivo mondo del lavoro, la Melato comincia a lavorare come vetrinista alla Rinascente, ma sogna di esprimersi con l'arte, soprattutto con il teatro. Studia a Brera; infine si iscrive alla scuola di recitazione della Sperani che insegna all'Accademia dei Filodrammatici, dove viene scambiata, a sua insaputa, per una parente dell'altra Melato (Maria), rivelando subito un gran temperamento.
Diplomatasi attrice, viene scritturata per Piccola città di T. Wilder col Carrozzone di Fantasio Piccoli, una compagnia stabile ma girovaga di Bolzano: in fretta fa passi da gigante; ha un tipo di recitazione comunicativa un po' brutale, diversa, che dal palcoscenico incide sul pubblico. Ed eccola con Dario Fo e Franca Rame, nel settembre del 1965 all'Odeon di Milano, in Settimo ruba un po' meno, che anticipava Tangentopoli; ma l'anno dopo è con Ricci in Enrico IV e la stagione dopo ancora è vista e presa da Visconti per La monaca di Monza di Testori con la Brignone, poi per L'inserzione della Ginzburg.
Foto Claudio Porcarelli
Il primo successo personale la Melato lo ottiene come Olimpia nel mitico, rivoluzionario Orlando furioso di Luca Ronconi, che prende il via nel 1969 al Festival di Spoleto e poi gira l'Italia e il mondo con entusiasmo garibaldino e un'accoglienza di pubblico trionfale. Spettacolo di rottura, che lo stesso regista traduce poi in bellissime immagini per la televisone, l' Orlando getta le basi del più proficuo rapporto di lavoro della Melato, quello appunto con Ronconi che la dirigerà in spettacoli memorabili: l'elisabettiana Tragedia del vendicatore di Tourner nel '70 in una compagnia di sole donne, l' Orestea, in cui è una prepotente Cassandra, nel '72 a Venezia e poi in giro fino a Parigi; in L'affare Makropulos nel 1993 e una 'dark lady' hitchcockiana che visse due volte in Il lutto si addice ad Elettra di O'Neill, versione kolossal del '97. L'altro regista con cui la Melato ha lavorato in modo stabile è Giancarlo Sepe, che dal 1985 al '92 ha realizzato con lei tre successi di segno molto diverso, sfidando gli stereotipi: il verismo sentimentale di Vestire gli ignudi di Pirandello; la forza barbara della Medea di Euripide e il dramma americano di Anna dei miracoli in cui la professoressa Melato insegna il palpito della vita a una bambina cieca e sordomuta. Importante, atteso, scritto nel 'destino' milanese, il suo debutto con Strehler nel '79, nella terza, poetica edizione di El nost Milan di Bertolazzi: purtroppo, una prova unica. Ma la sua biografia non sarebbe completa se non si citasse il suo amore per la rivista (adorava la compagnia dei Legnanesi): nel film Basta guardarla di Salce è un'irresistibile soubrette spagnola d'avanspettacolo. E in tv, prima di affrontare la sociologia della Vita in gioco, il ruolo di Avvocato delle donne e le malinconie milanesi della Lulu di Bolchi, apparve dapprima come ballerina scatenata, perfino, al fianco di Baudo, chiusa dinoccolata in una valigia. Furono Garinei e Giovannini a intuire il suo ramo di 'follia' teatrale, portandola in scena con Rascel e Proietti nella parte della prostituta dell'anno Mille in Alleluja, brava gente nel 1971, mentre con Giorgio Gaber reciterà La storia di Alessandro e Maria nell'82, teatro sentimentale a due voci. Naturalmente è il cinema l'ambito nel quale la Melato ha ottenuto, negli anni '70, il vasto successo. Adoperando la vena grottesca lanciata dalla Wertmüller, l'attrice, da poco entrata nella "Treccanina", lancia una coppia nazional-popolare con Giannini in Mimì metallurgico, Film d'amore e d'anarchia e Travolti da un insolito destino nel '74. Ma, amante delle sfide impossibili, recita anche con Petri, Chabrol, De Sica, Steno, Vancini, Corbucci (un gustoso sketch con Celentano in Di che segno sei?). I risultati migliori, e molti premi, li ottiene con Monicelli in Caro Michele (1976), e con Brusati, che le offre un grande personaggio legato alla poetica della memoria dell'amore perduto in Dimenticare Venezia (1979), oltre alla occasione mancata del Buon soldato. Decisamente in sintonia la Melato si trova con G. Bertolucci, detective sotterraneo di un nuovo tipo di donna per il cinema italiano: ne fanno fede i due film bellissimi, Oggetti smarriti e Segreti segreti, mentre con Pupi Avati si diverte in un quasi musical, Aiutami a sognare. Nell'81 accetta una trasferta americana per la commedia Jeans dagli occhi d'oro con Ryan O'Neal, ma si rivela un'esperienza modesta. L'ultima parte della sua carriera è legata a una intensa edizione teatrale di Un tram che si chiama desiderio di Williams diretta a spirale nell'inconscio da De Capitani, con le scene di Bruni, lo stesso 'team' con cui affronta nel '95 il gusto iper-grottesco di Tango barbaro di Copi, addirittura en travesti. Legata ormai da molti anni allo Stabile di Genova, nel 1997-98 ha accettato di tornare al teatro di divertimento puro, in La Dame di Chez Maxim's di Feydeau diretta da Arias, di cui è festeggiata mattatrice insieme a Eros Pagni; ma per la legge del contrappasso decide, nel 1999, di interpretare con la regia di Sciaccaluga Fedra di Racine.