mercoledì, 16 ottobre, 2024
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LE SCENOGRAFIE DI MARIO CEROLI: l’arte contemporanea, la tradizione e lo spazio libero del teatro di Luca Ronconi. -di Roberto Facchinelli

Riccardo III di William Shakespeare, regia teatrale di Luca Ronconi, scenografia di Mario Ceroli, Torino, Teatro Stabile, 1968 - particolari Riccardo III di William Shakespeare, regia teatrale di Luca Ronconi, scenografia di Mario Ceroli, Torino, Teatro Stabile, 1968 - particolari

Le scenografie di Mario Ceroli: l’arte contemporanea, la tradizione e lo spazio libero del teatro di Luca Ronconi. 

L’arte della scenografia è sicuramente tema importante nel teatro tradizionale e contemporaneo. L’arte scenografica può essere capace di creare un luogo e lo spazio per gli attori rafforzando l’azione di scena. La scenografia possiede grandi possibilità visto che può intercedere con diverse forme d’arte e quindi può anche riuscire nell’intento di risultare non affatto effimera ma sempre presente, scultorea. Oggi appare evidente una rinascita dell’arte scenografica o comunque un crescente interesse per la sua evoluzione e per il suo potenziale espressivo. Di grande interesse artistico, dunque il tema dell’arte scenografica, soprattutto quella contemporanea a noi, perché dialogo potentissimo con il pubblico partecipante. La scenografia teatrale vive in questo caso in rapporto con la drammaturgia e tale rapporto può diventare fonte creativa nel dialogo con la regia di uno spettacolo. A mio avviso fra i diversi nomi che hanno operato con successo nell’ambito scenografico contemporaneo non può mancare il nome di Mario Ceroli. Nell’ambito dell’arte contemporanea Ceroli e tra gli artisti-scultori che ha lavorato con maggior impeto sul tema della scenografia contemporanea e dove ha dedicato molti anni della sua attività artistica. Sicuramente il suo stile, inconfondibile, era ed è già in dialogo con l’idea di spazio scenografico e come vedremo, questo primo fatto, preso in causa è assai centrale per comprendere il risultato delle sue opere.

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Riccardo III di William Shakespeare, regia teatrale di Luca Ronconi, scenografia di Mario Ceroli, Torino, Teatro Stabile, 1968 - particolari

Per capire Ceroli abbiamo necessità di ricordare l’Arte Povera di Germano Celant, nata alla fine degli anni Sessanta in Italia. Una corrente artistica che ha segnato in modo importante la produzione artistica plastico-scultorea italiana e dove la componente concettuale veniva però sperimentata con materiali considerati poveri come idea di rinnovamento e visione ampia per un ritorno alla natura e ai processi corporei. Da questo punto di vista un’arte lontana dalla visione consumista della Pop Art. Ceroli è un artista che inoltre possiede uno stile assai riconoscibile capace di distaccarsi da etichette e definizioni generiche; le sue opere parlano di figure ritagliate, sagomate: a volte in ripetizione ritmica a volte in successioni spaziali di forte suggestione plastica. Una suggestione plastica che si rapporta al mito, alle figure classiche e che sembra sfidare l’idea archetipica della nascita della scultura stessa con le sue sapienti ombre e sagome ritagliate per magia sensoriale più che per azione meccanica. Il legno è protagonista assoluto nella sua opera scenografica ma persino assai presente nella sua intera carriera artistica di scultore. Pur vero che Ceroli ha utilizzato e quindi sperimentato altri materiali come per esempio, il vetro, creando opere altrettanto affascinanti. Ma parliamo ora delle sue scenografie e di come si instaurano nel mondo teatrale. Per approfondire l’argomento ho voluto scegliere, tra le varie possibilità, l’opera scenografica per il Riccardo III del celeberrimo William Shakespeare e realizzata mediante la collaborazione con il regista Luca Ronconi nel 1968; in quest’opera per il teatro di prosa, comparve, con grande forza, fra i diversi attori partecipanti, il grande attore Vittorio Gassman che interpretò in prima persona il protagonista, grazie alle sue talentuose e incontrovertibili capacità attoriali.

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Riccardo III
di William Shakespeare, regia teatrale di Luca Ronconi, scenografia di Mario Ceroli, Torino, Teatro Stabile, 1968 - particolari

Guardando le immagini di repertorio di Riccardo III l’impatto visivo e quindi percettivo complessivo è assai potente, forte, rilevante. Le forme tridimensionali di Ceroli sembrano in una prima visione essere assai invadenti e allo stesso tempo paiono evadare”al racconto come forme pronte a intervenire nel campo scenico, quasi a dare l’impressione di creare spazialità altre che escono dai confini rituali della tradizione scenica e scenografica; tradizione che come sappiamo era ed è tuttora basata sul realismo dei luoghi e dei costumi nonché di una ricerca prospettica sempre fortemente legata al contesto narrativo-spaziale. Sempre dalle immagini di repertorio e di noti cataloghi di Ceroli possiamo però anche comprenderne la scelta di tutto ciò e vederne la scelta coraggiosa di un fondamentale regista come Luca Ronconi capace di innestare certi cortocircuiti spazio-temporali e di intuire come l’arte contemporanea, in questo caso una certa scultura scenica, poteva rivoluzionare in senso attivo la potenza espressiva del racconto, la messa in scena dei vari atti. Mario Ceroli ha collaborato con diversi registi teatrali ma il suo primissimo “evento scenografico” avviene proprio nel 1968 attraverso la regia del Maestro Ronconi. Come dicevo l’arte di Ceroli è qui potente effetto plastico, questa caratteristica è ben delineata da un suo critico e sostenitore per eccellenza: Germano Celant. Nell’opera teatrale Riccardo III di William Shakespeare realizzata a Torino, nel Teatro Stabile (1968), il critico d’arte Celant affermava: “Si apre il sipario e la violenza dello scenario di Ceroli - grezzo ed essenziale, realizzato con assi di legno di ogni gradazione - sconcerta. Sullo sfondo una grande sfera di tre metri di diametro accompagna le parole del protagonista; muta la scena e i personaggi si muovono in tre grandi gabbie cubiche concentriche. Ecco i cavalli uscire dalla gabbia più piccola e le grandi figure alte 4 metri invadere la scena in numero di cento”. Per ampliare e rendere più solida tale capacità creativa di poter far emergere potenzialità plastiche in relazione all’azione scenico-teatrale aggiungerei l’interessante opera realizzata nel Teatro alla Scala di Milano, nel 1972: Norma di Vincenzo Bellini con la regia di Mauro Bolognini. Qui il fattore scultoreo si fonde con volumetrie geometriche poderose, con grandi figure stilizzate; l’ombra della “scultura” si rapporta con il rapporto chiaroscurale dell’intero impianto scenografico-architettonico che sa pure evocare una certa classicità. Potremmo rimarcare allora che l’arte scenografica di Ceroli, grazie anche all’intuizione di grandi registi come appunto il nostro Luca Ronconi, ha aperto una nuova strada di ricerca nell’ambito della progettazione scenografica.

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Norma di Vincenzo Bellini, regia teatrale di Mauro Bolognini, scenografia di Mario Ceroli, Teatro alla Scala, Milano, 1972

Ceroli grazie ad un’attenzione straordinaria sull’uso appropriato del legno può emanare, evocare; il legno vive, agisce, cambia, evolve. E qui la sinergia con Ronconi: sinergia verso un’idea travolgente di teatro libero non soccombente a sistemi e regole soffocanti. Per esempio nel suo noto L’Orlando del 1969 (basato su un lavoro poetico di Edoardo Sanguineti) riesce a creare diverse scene in simultanea costringendo il pubblico a partecipare in modo assai inusuale; qui il pubblico poteva-doveva scegliere quale filone narrativo seguire. In sostanza Ronconi voleva offrire un teatro libero dal forte movimento scenico fino a toccare il concetto labirintico dello spazio d’azione; un teatro da visitare quello di Ronconi che ribaltando il concetto tradizionale relativo allo spazio-temporale dell’azione (e quindi dell’atto stesso) riusciva a far confluire con geniali intuizioni il successo delle sue idee tramite riuscitissime collaborazioni di allestimento scenografico. Da qui possiamo allora vedere e rivedere l’opera scenografica di Ceroli in tutta la sua potenza espressiva, comprenderne le sfumature, le suggestioni, i contrasti. Oggi la critica riguardo l’arte scenografica nel mondo teatrale odierno non è per fortuna univoca: se guardiamo le diverse recensioni nei diversi canali di comunicazione nel campo teatrale vi è una parte del mondo della critica teatrale e scenografica che sollecita la sperimentazione, a volte  considerando il concetto di classico o di antico; dall’altra abbiamo invece un’idea più tradizionalista dove la scenografia dovrebbe seguire la sceneggiatura in modo realistico senza trasformazioni particolari, senza invenzioni che possano uscire dall’arco spazio-temporale del racconto. Il dibattito è ancora apertissimo. Questo articolo non vuole schierarsi su come dovrebbe essere oggi una scenografia nell’arte teatrale ma vuole far riflettere su un percorso artistico sicuramente affascinante, ricco di stimoli creativi; ricordare cioè un grande scultore-scenografo ancora vivente quale Mario Ceroli e un importantissimo regista, Luca Ronconi, figura di primissimo piano per la storia della regia teatrale e attoriale.

Ultima modifica il Martedì, 08 Ottobre 2024 19:52

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