venerdì, 08 novembre, 2024
Sei qui: Home / Attualità / DAL MONDO / Interviste / INTERVISTA a FRANCESCO VENTRIGLIA - di Michele Olivieri

INTERVISTA a FRANCESCO VENTRIGLIA - di Michele Olivieri

Francesco Ventriglia. Foto Ross Brown Francesco Ventriglia. Foto Ross Brown

Francesco Ventriglia studia presso la Scuola di Ballo Accademia Teatro alla Scala di Milano, sotto la direzione della Signora Anna Maria Prina, dove si diploma nel 1997, entrando immediatamente nel Corpo di Ballo scaligero. Nel 1998 debutta come ballerino solista con "In the Middle Somewhat Elevated" di William Forsythe e nel 1989 interpreta l'"Idolo d'oro" nella "Bayadère" di Natalia Makarova. Oltre al repertorio classico, le sue esibizioni si avvalgono di grandi coreografi da George Balanchine ad Alvin Ailey, da John Neumeier a John Cranko, da Angelin Preljocaj a Jacopo Godani, da Jiří Kylián a Maurice Béjart. Il grande coreografo Roland Petit lo vuole per il ruolo di Toreador nella "Carmen" e di Quasimodo nel "Notre Dame de Paris". Con Sylvie Guillem è Hilarion in "Giselle" al Metropolitan di New York e al Covent Garden di Londra. All'attività di interprete affianca quella di coreografo, fra i tanti suoi lavori citiamo "La solitudine del gigante", "Mandorle" e "Giallo '700" (per la Scuola di ballo scaligera). Nel 2006 allestisce tre sue creazioni per l'étoile internazionale Roberto Bolle: "La lotta" che debutta a Roma, il "Concerto di Capodanno" dalla Fenice di Venezia e "Il mito della Fenice" al Teatro Smeraldo di Milano. Fonda la compagnia "Eliopoli" con la quale presenta alla Biennale di Venezia 2007, "Il mare in catene". Realizza nel 2007, per l'Arena di Verona, "Sogno di una notte di mezza estate" e "Jago, l'onesta poesia di un inganno" con Eleonora Abbagnato e Alessandro Riga. Nel 2007 a Parigi, coreografa la cerimonia di presentazione per la candidatura di Milano all'ospitalità Expo 2015, vincendone l'assegnazione. Nel 2008 al Teatro Bolshoj di Mosca ripropone il passo a due "Black", con Svetlana Zakharova e Andrei Merkuriev. Successivamente presenta al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo "Contraddizioni", creata appositamente per Uljana Lopatkina. In quella stessa occasione è anche interprete di un suo lavoro, "Stabat Mater" su musica di Giovanni Battista Pergolesi. Nel luglio 2008, con la sua compagnia, realizza lo spettacolo "Normale". Nel 2009, su invito ufficiale del Teatro Bolshoj, crea per Svetlana Zakharova e sei primi ballerini della compagnia moscovita "Zakharova. Super-Game". È ancora con "Eliopoli" che debutta con un nuovo titolo, "Pietas". Sempre nel 2009 è a New York a riprendere "Black", per i principal dancer dell'American Ballet Theatre, Irina Dvorovenko e Maxim Beloserkovsky. Nel maggio 2010 la sua creazione "Immemoria" per quaranta danzatori debutta in prima mondiale al Teatro alla Scala di Milano. Nell'ottobre 2010 firma "Sed lux permanet – Transit umbra" ovvero La Notte trasfigurata di A. Shoenberg per il "Ballet du Grand Thèâtre de Genève", dove firma anche scene e costumi. Ha ricevuto il "Premio Gino Tani" come giovane coreografo emergente, il "Premio Positano Leonide Massine" come promessa della coreografia italiana e nel dicembre 2010 il "Premio Bucchi" per 'Immemoria', quale migliore spettacolo dell'anno. Dall'ottobre 2010 al giugno 2013 è stato Direttore del MaggioDanza a Firenze. Dal settembre 2014 fino all'agosto 2017 ha assunto la carica di Direttore Artistico del "Royal New Zealand Ballet" e ha lavorato contestualmente presso la Scuola di ballo del "Royal New Zealand Ballet" facendola diventare la Scuola di Ballo ufficiale della Compagnia. Attualmente, dal gennaio 2018, è Associato alla Direzione Artistica presso il "Ballet Nacional Sodre in Uruguay".

Carissimo Francesco, dopo il "Royal New Zealand Ballet", un altro incarico di direzione ti è stato offerto. Attualmente affianchi Igor Yebra alla guida del "Ballet Nacional Sobre Uruguay". Com'è arrivata questa nuova nomina?
Igor Yebra
aveva parlato con una carissima amica in comune del suo nuovo incarico, e conversando della necessità di trovare un uomo di fiducia, e con esperienza, è saltato fuori il mio nome. Mi è arrivata la telefonata di Igor mentre ero in aeroporto a Roma, durante uno dei mille viaggi tra l'Italia e la Nuova Zelanda. Mi stavo imbarcando, quindi non potevo parlare. Ho rimandato la telefonata al mio arrivo e ho passato trenta ore chiedendomi quale nuova avventura stesse per nascere all'orizzonte.

Le tue prime impressioni quali sono?
L'Uruguay è un paese molto bello e il Balletto Nazionale in splendida forma. Settanta danzatori assai motivati e con notevole talento. Il repertorio è ricco di grandi titoli che richiedono impegno, e grande lavoro quotidiano. Sono il braccio destro di Igor Yebra e lavorare con lui è un enorme piacere. Igor è un lavoratore instancabile, un artista sensibile, un uomo per bene e nelle vesti di direttore possiede una visione artistica chiara, e a largo raggio. Tutto è perfetto e sono realmente felice di questo inizio!

Un incarico annunciato alla stampa dal grande Julio Bocca, che fino a fine 2017 è stato direttore artistico della compagnia nazionale. Quale rapporto di stima vi lega?
Julio è un artista che ha fatto la storia della danza mondiale, una leggenda e qui in Uruguay negli ultimi sette anni di direzione ha svolto un lavoro straordinario. Per me è un privilegio e un onore poter essere nella squadra.

Ben appunto, grazie a Bocca la Compagnia è stata rilanciata dopo un lungo periodo di crisi. Quali sono le tue linee guida insieme a Yebra per la totale rinascita?
Il grande repertorio classico affiancato da nuove creazioni e tour internazionali. Un lavoro quotidiano serio e concreto, dalla classe alle prove, per uno sviluppo artistico e tecnico dei danzatori, costante e duraturo.

Che repertorio possiede attualmente il Balletto Nazionale, e cosa pensate voi di apportare?
"Bella Addormentata", "Corsaro", "Lago dei Cigni", "La Vedova Allegra", "Schiaccianoci", "Theme and Variation". Coreografi del calibro di Goyo Montero e Marina Sanchez e molto altro. L'idea è di continuare su questa linea e crescere sempre più. Ci sono bellissimi ed interessanti progetti per la stagione 2019/2020, ma non posso al momento rivelarli.

La prima ballerina, Maria Riccetto, ha ricevuto nel 2017 il Prix Benois de la Danse. Com'è lavorare al suo fianco?
Collaborare con Maria è molto bello e costruttivo ed è straordinario assistere come quotidianamente lavori, senza riserve fisiche e mentali. Notevolmente aperta all'apprendimento, ha un lavoro di grande complicità con i maestri... è una totale gioia condividere con lei le ore di prova!

Dopo MaggioDanza e il Royal New Zealand ora questa inedita sfida professionale al Ballet Nacional Sodre. Cosa ti ha spinto ad accettare?
Dopo due esperienze così lunghe ed importanti alla direzione, in verità, stavo pensando ad un periodo più tranquillo e riflessivo. La coreografia è una forma che continua ad interessarmi parecchio, ma in verità è il lavoro in sala prove con i danzatori che mi è mancato di più in questi sei anni di direzione, quindi la proposta di Igor si presentava in modo perfetto ed inequivocabile. Avrei potuto continuare e crescere nel mio lavoro di gestione e management, e avrei potuto farlo affiancando un direttore di una compagnia formata da settanta danzatori più lo staff, ma avrei potuto contestualmente anche riappropriarmi del lavoro di sala e di coaching. Sicuramente l'elevato standard artistico e qualitativo della compagnia e la stima per Yebra sono stati i punti forti nella mia decisione finale.

In attesa dei tuoi nuovi lavori e di tutte le novità che verranno introdotte al "Ballet Nacional Sodre" parliamo invece della tua ultima coreografia, una creazione di successo. Perché hai scelto "Romeo e Giulietta" come titolo di chiusura della collaborazione con il "Royal New Zealand"?
"Romeo e Giulietta" era un sogno nel cassetto che avevo da tanti anni, ma non mi sono mai sentito pronto, ogni volta che ne ascoltavo la partitura di Prokoviev mi ponevo come un elefante in un negozio di cristalli. Poi un giorno mi sono trovato circondato dalle persone giuste, il coraggio è arrivato ed è stata una delle esperienze più entusiasmanti della mia carriera.

Grandi successi ha riscosso la tua versione, andata in scena al St. James Theatre di Wellington. Qual è stato l'aspetto che ti ha maggiormente gratificato nell'allestimento?
Certamente il lavoro svolto sulla drammaturgia, a quattro mani con Mario Mattia Giorgetti, mi ha consentito un impiego profondo sul testo in relazione alla partitura musicale, trovando una ragione per ogni azione e condotte funzionali per ciascun personaggio. Poi la grande gioia di condividere la creazione con James Acheson che ha firmato scene e costumi; uno straordinario artista, tre volte vincitore del premio Oscar (Le relazioni pericolose, L'Ultimo imperatore, Restoration) e poi... un team straordinario con cui ho condiviso mesi intensi ricchi di tanti gioiosi sorrisi!

Dopo Wellington vi siete spostati in tournée nelle principali città della Nuova Zelanda. Come è stato accolto il balletto dal pubblico, che in qualche modo è l'unico sovrano nel decretare un successo o meno?
Sold out per venticinque recite! Un record di cui sono molto grato al pubblico neozelandese che ha voluto, con "Wizard of Oz" e "Romeo e Giulietta", regalarmi questa indimenticabile emozione!

Critiche entusiastiche sono apparse sui maggiori giornali e mass media. Il complimento più gratificante che hai ricevuto?
Un giornalista ha scritto che questa creazione è stata "Una lettera d'amore alla Compagnia" (naturalmente riferita al "Royal New Zealand Ballet").

Del passato quali sono le versioni che più hai amato?
Sicuramente quella di Kenneth MacMillan, che ho avuto la fortuna di danzare alla Scala diverse volte nel ruolo di Paride. Ma apprezzo moltissimo anche la versione di Cranko e di Nureyev.

Purtroppo in Italia il tuo "Romeo e Giulietta" non l'abbiamo visto però tramite le tue parole possiamo immaginarlo. Parliamo nel dettaglio delle scene e dei costumi firmati da James Acheson e della sua idea creativa?
La mia grande ispirazione per questa creazione è stato il meraviglioso film di Franco Zeffirelli con i costumi di Danilo Donati, che capolavoro!! Con James abbiamo passato moltissime serate a discutere, cercare, studiare. Ogni volta che mi mostrava un bozzetto o un cambiamento era più bello di prima! Anche il minimo dettaglio, nella nostra ricerca, era legato al valore drammaturgico di quel colore associato a quel personaggio, in quel momento storico o alla sua relazione con un altro personaggio o famiglia, o credo religioso, o classe sociale. Lo stesso è accaduto con le scenografie. Uno sguardo soprattutto all'arte antecedente alla storia. Giulietta aveva nella sua camera da letto la riproduzione di un Cimabue, mentre frate Lorenzo celebra le nozze segrete ai piedi del Crocifisso di Giotto. Ero così orgoglioso di mostrare alla Nuova Zelanda la maestosità e la bellezza dell'arte e della cultura italiana.

La musica di Sergei Prokofiev quanto ti ha ispirato oltre alla narrazione?
La sua straordinaria partitura è stata non solo la fonte primaria di ogni idea narrativa, ma il faro drammaturgico e la guida coreografica.

L'arrangiamento musicale è firmato da Nigel Gaynor. Cos'ha apportato alla partitura originale?
Solo alcuni tagli di ripetizioni. Ho voluto rispettare il patrimonio che Prokoviev ci ha lasciato in eredità senza alcun stravolgimento.

L'Orchestra Wellington diretta da Hamish Mckeich con quale trasporto si è accostata al genio di Prokofiev?
Una esecuzione perfetta, rispettosa della tradizione, supportata da un'attenta e ottima direzione!

Per le luci a firma di Jon Buswell su cosa avete lavorato in particolar modo?
John è un autentico artista. Ha lavorato moltissimo in collaborazione con James Acheson e con il drammaturgo. Personalmente gli davo le mie visioni e lui le traduceva con luci ed ombre! Nel terzo atto le emozioni sono state molteplici e di assoluta perfezione qualitativa...

Come già citato precedentemente, la drammaturgia si è avvalsa della prestigiosa collaborazione di Mario Mattia Giorgetti (tra l'altro direttore della rivista che ci ospita). Qual è stato il vostro lavoro nel voler sottolineare l'intensità della tragedia nella storia d'amore per eccellenza?
Riagganciandomi al discorso di prima, bisogna sentirsi circondati dalle persone giuste per affrontare certe prove e Mattia è stata una di queste. Un uomo di grande cultura e conoscenza che mi ha guidato al rispetto del testo originale, stimolato a nutrire dubbi, a cercare le diverse possibilità, a non innamorarmi dei miei passi ma al valore profondo del significato di essi per comprendere meglio come porli al servizio della storia e delle emozioni. Ho imparato davvero tanto da lui...

Gillian Whittingham è stata la tua assistente coreografica. Come vi siete relazionati e cosa ha apportato, con il suo contributo artistico, alla tua vena creativa?
Conosco Gillian da moltissimi anni, da quando ero danzatore alla Scala e lei era il mio Maître de ballet. Mi conosce benissimo e io conosco lei. Il rapporto che ci lega è di grande stima, fiducia! Quando non si ha bisogno di fingere ci si consente l'onestà, valore imprescindibile per un coreografo che desidera portare in scena un lavoro autentico. In più Gillian legge la partitura musicale, e questo nella pratica compositiva è stato un enorme aiuto, che mi ha consentito un lavoro rapido ed efficace. Il plus è il suo grande senso dell'umorismo!

Nella carriera di danzatore hai portato in scena "Romeo e Giulietta" in diversi ruoli?
Con il Teatro alla Scala lo abbiamo danzato moltissimo anche in tournée. Ho interpretato tanti ruoli diversi, dal corpo di ballo, a ruoli solistici, a Paride.

Da dove è partita la tua idea coreografica per lo sviluppo dei movimenti e delle dinamiche?
In questa creazione mi sono ritrovato molto più vicino al mio bagaglio classico. Il Teatro alla Scala, la sua Scuola e il suo repertorio mi hanno forgiato come danzatore innanzitutto, e dopo diverse creazioni in cui ho utilizzato un linguaggio più contemporaneo ho cercato una forma espressiva, ed un vocabolario, meno esplicito per questo Romeo, invece mi sono ritrovato in un viaggio verso casa e il vocabolario ha iniziato a parlare classico. Il bello è che si possono parlare diverse lingue per esprimersi e per scrivere emozioni. Mi appaga particolarmente la possibilità dell'alternanza!

Quale messaggio insito porta questo balletto o meglio quale vorresti il pubblico si portasse a casa alla fine dello spettacolo?
Che l'odio non è funzionale a nessuna azione. Che bisogna essere molto coraggiosi per andare gli uni verso gli altri, ma che è necessario e bisogna farlo. Che l'amore è ancora l'unica possibilità di sopravvivenza!

Cosa ti affascina nella "tragedia" di William Shakespeare?
La solitudine di alcune figure femminili chiave nella storia, come Lady Capuleti, la Balia e la stessa Giulietta! E poi sicuramente le parole che il Principe di Verona pronuncia alla fine dell'opera: "Siamo tutti puniti". Sono parole che mi spingono a profonde e svariate riflessioni!

La tua versione di Romeo e Giulietta ha restituito un aspetto socio-politico. Direi un tema di grande attualità?
Sì, questa è una storia come tante altre che raccontano l'odio e la non capacità al dialogo, l'intolleranza. L'epilogo è lo stesso. Con o senza morti, l'odio separa, distrugge, punisce. Bisogna imparare ad amare!

Dalla tua creazione appare che l'aspetto romantico e amoroso è quasi secondario rispetto all'autentica causa della tragedia finale?
Sì perché è interessante comprendere il contesto, le ragioni sociali, politiche, religiose che spingono i personaggi a muoversi in una o in un'altra direzione.

La produzione, da quello che ho letto, è apparsa piena di colori... quasi fosse un inno alla vita e alla sua bellezza pur contrastata da un grigio presagio funesto, giusto?
Esatto, volevamo proprio sottolineare che la "morte", intesa come separazione, conflitto, cattiveria è spesso presente e riesce a camuffarsi bene proprio in contesti dove la vita esplode!

Uno spettacolo che si trasforma in una chiara denuncia contro l'odio generato in tutte le sue forme?
Sì, è esattamente così!

Il finale tra l'altro ha una coda inaspettata?
Sono molto felice di questo finale, anche se è stato fonte di innumerevoli riflessioni e ripensamenti, ma oggi posso dire che era la cosa giusta da fare. Proprio nel lavoro drammaturgico svolto con Mario Mattia Giorgetti ci siamo posti il dubbio di concludere con la morte dei due giovani nella cripta... Abbiamo analizzato sin dalla prima scena il contesto sociale nel quale la storia avviene, dunque il discorso andava concluso, e quale modo migliore se non rispettare il testo e chiudere con il principe di Verona dinanzi alle due famiglie. Quello che abbiamo introdotto, e che mi ha personalmente emozionato, è stato l'abbraccio dei due padri, il Capuleti e il Montecchi, che dopo aver preso tra le braccia i propri figli si ritrovano davanti alla più grande sconfitta della loro esistenza!

A chi hai voluto dedicare lo spettacolo?
A mia madre che mi ha educato al dubbio, all'ascolto, alla generosità! Che mi ha insegnato, che malgrado tutto e nonostante tutto, si può "non amare" ma mai odiare.

Chi sono oggi i tanti "Romeo e Giulietta" sparsi nel mondo?
I bambini che vivono in quelle terre martoriate dalle bombe, dalla fame, dalla sete, vittime di adulti stupidi, che sprecano le proprie vite e quelle di molti altri nella follia della guerra.

Quali sono i ruoli che hai prediletto nel ruolo di danzatore ed interprete?
Quelli in cui potevo esprimermi liberamente, apportando un contributo personale.

Hai avuto il privilegio di relazionarti con artisti immensi, tra cui Sylvie Guillem, Alessandra Ferri, Roberto Bolle, Maurice Béjart, Ulyana Lopaktina, Svetlana Zakharova. Cosa ha significato per te?
Poter imparare osservando, ascoltando, ammirando. Un privilegio ed una grande responsabilità!

Parliamo dell'ormai celebre #FareFuturo: per il momento riesce sempre a sorprenderti il domani?
Sempre di più... È incredibile e sono molto grato alla vita per questo!

Quali "pagine" ti ha regalato, nella tua vita, il Teatro alla Scala di Milano?
Pagine indimenticabili, le più importanti della mia crescita come uomo e come artista. Un teatro che amo profondamente. La Scala per me è sinonimo di "casa", mi manca molto e spero di tornarci un giorno. Appena posso corro sempre lì...

Sulla scena neozelandese la celebre cantante Theia ha lanciato il suo nuovo brano e per il videoclip hanno preso parte dei membri del Royal New Zealand Ballet. Com'è nato il progetto?
Theia
ha visto dei miei lavori e mi ha contattato, voleva qualcosa di molto speciale. Ci siamo piaciuti subito e... lo abbiamo fatto!

La coreografia che hai creato per il videoclip come è nata?
Ascoltando la sua musica e scambiando idee sulla realizzazione del videoclip nel quale la danza ha un ruolo centrale.

Era la prima volta che creavi per il mondo pop, ti è piaciuto questo accostamento?
Molto divertente! Spero di farne altri in futuro.

I due interpreti del videoclip sono Veronika Maritati e Massimo Margaria, se non ricordo male lei con un'esperienza ad Amici e lui al Maggio Fiorentino. Cosa apprezzi in loro?
Sono due artisti di grande talento con cui collaboro da diversi anni. Sono ottimi danzatori, ma soprattutto intelligenti e aperti. Ci siamo realmente divertiti a condividere anche questa felice esperienza!

A breve a Milano andrà in scena una tua creazione?
Sì certo, il 7 aprile al Teatro Carcano debutterà la mia versione di "Bolero" che ho riadattato e riallestito appositamente per Sabrina Brazzo e Andrea Volpintesta con i loro giovani. Il mio "Bolero" è ispirato alle opere di Giorgio De Chirico, e i suoi paesaggi metafisici saranno il luogo immaginario dove ho inserito la mia creazione, supportata da una delle più intense partiture musicali di Maurice Ravel.

Hai avuto modo di tenere, l'anno scorso, una lezione di arte e di gestione via Skype con la prestigiosa Università Bocconi di Milano. Sicuramente un momento inedito, da chi è nata l'idea e cosa hai narrato agli studenti?
È stato un invito del caro amico coreografo e professore Universitario in questo caso, Marco Pelle che ringrazio. Un bellissimo momento nel quale ho potuto condividere, con gli studenti della Bocconi, la mia esperienza manageriale e di gestione di una compagnia nazionale finanziata con denaro pubblico e privato, in un paese come la Nuova Zelanda, confrontandola con la mia esperienza di gestione italiana a Firenze. Gli studenti avevano molte domande ed è stato davvero interessante.

Sei riuscito Francesco a portare per la prima volta in Nuova Zelanda la genialità di Roland Petit, come è stato accolto da pubblico e critica?
Che emozione... Sì mai prima un balletto di Roland Petit era stato eseguito in Nuova Zelanda. Un tributo ad un coreografo importante, al quale devo anche personalmente molto. È stato un forte successo e per me, come direttore, una grande scommessa vinta!

Conservo un bellissimo ricordo di un tuo lavoro in Scala per il Corpo di Ballo con gli Allievi dell'Accademia e cioè "Immemoria" su musiche di Sostakovic. Una prima assoluta che andò in scena nella stagione 2009/2010 accolta con interesse e ancora oggi indelebile nel ricordo di molti scaligeri. Mi racconti come ti sei accostato ad un tema così potente e connotato come quello dell'Olocausto?
Quando il Maestro Makhar Vaziev, allora direttore del Corpo di Ballo scaligero, decise di scommettere su di me mi diede solo la musica e mi chiese una buona idea. Tornai a casa a studiare. Si trattava della Sinfonia numero 7. Non potevo creare un balletto che non fosse legato, indissolubilmente, alle ragioni profonde e al contesto nel quale Dmitrij Dmitrievič Šostakovič scrisse quelle pagine. Fu tutto molto naturale e il Direttore Vaziev fu una guida particolarmente attenta. Lo ringrazio ancora oggi per il grande supporto e la fiducia!

Francesco le tue creazioni sono state rappresentate nei teatri più importanti al mondo come il Bolshoi di Mosca o il Marijnsky di San Pietroburgo. La passione per la danza è sempre la stessa o con il tempo muta?
Amo la danza intensamente, la rispetto profondamente e le sono grato. Per rispondere esattamente alla tua domanda Michele, credo che la mia passione in questi anni sia mutata, si sia evoluta, diventando più consapevole e responsabile!

Quanto è fondamentale la "memoria", il non dimenticare? e parlo in generale...
Credo fortemente che per essere liberi bisogna sapere, e per sapere bisogna ricordare. È solo tenendoci attaccati al passato, alla storia, agli errori commessi che possiamo "fare futuro", modellarlo in modo che il mondo, il nostro mondo intendo, la nostra vita prima di tutto possa essere migliore!

Una volta hai avuto modo di affermare "sono un danzatore classico con la mente di un ballerino contemporaneo", cosa intendevi esattamente?
Che sono un artista aperto alle possibilità. Non sono solo ad appannaggio del mondo contemporaneo... la ricerca, la riflessione, l'approfondimento! Anzi, credo che applicare questi principi al balletto, alla danza classica accademica possa aiutare questa disciplina espressiva meravigliosa a non morire, ad evolversi e ad essere comprensibile per le nuove generazioni.

A tuo avviso che nesso c'è tra danza e religione? Qual è il filo sottile che le lega?
Sono convinto che il filo invece sia molto spesso! Credo assolutamente che l'arte sia un'espressione di Dio, chiunque Egli sia. Gli artisti sono i suoi messaggeri, i suoi custodi e ne celebrano l'esistenza.

So che ami tutta l'arte, non solo la danza ma in particolare adori la letteratura. Quali sono i libri del cuore?
"Le cinque persone che incontri in cielo" di Mitch Albom. "La fine è il mio inizio" di Tiziano Terzani. "Amore e Vecchiaia" di François-René de Chateaubriand.

Da quel poco che sei in Uruguay, cosa ti affascina della gente, della cultura, dei colori, delle sfumature di un Paese a noi molto lontano?
Sono qui solo da cinque settimane, ma posso dire che l'Uruguay è un paese ricco di energia, molto accogliente e culturalmente vicino a noi. È una nazione ricca di tradizioni e sono curioso di conoscerle tutte a partire dal magico Tango...

#FareFuturo al "Ballet Nacional Sobre Uruguay". Qual è l'aspetto artistico, tecnico e manageriale a cui tieni particolarmente per questo nuovo incarico?
Lavorare sul già elevato livello tecnico ed artistico, con costanza e dedizione, per una continua crescita degli individui e del gruppo.

Michele Olivieri

Ultima modifica il Martedì, 13 Marzo 2018 12:52

About Us

Abbiamo sempre scritto di teatro: sulla carta, dal 1946, sul web, dal 1997, con l'unico scopo di fare e dare cultura. Leggi la nostra storia

Get in touch

  • SIPARIO via Garigliano 8, 20159 Milano MI, Italy
  • +39 02 31055088

Questo sito utilizza cookie propri e si riserva di utilizzare anche cookie di terze parti per garantire la funzionalità del sito e per tenere conto delle scelte di navigazione. Per maggiori dettagli e sapere come negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie è possibile consultare la cookie policy. Accedendo a un qualunque elemento sottostante questo banner si acconsente all'uso dei cookie.

Per saperne di più clicca qui.