Nata a Reggio Emilia 21 anni fa in una terra generosa di talenti, Matilde Gherardi non smentisce la tradizione. Danzatrice professionista (da un anno) della compagnia di Michele Merola, MM Contemporary Dance Company, che proprio in quella città ha la sua sede, Matilde è un vero portento di energia, di classe nei movimenti, e sin da piccolina aveva un sogno che è riuscita oggi ad avverare, ovvero quello di fare danza ad alti livelli, diventando un lavoro. L’abbiamo incontrata e ci ha raccontato la sua storia e i suoi desideri, dandoci il proprio punto di vista sulla danza oggi.
Qual è stata la molla che ti ha fatto capire che la danza sarebbe stata la tua vita, il tuo lavoro?
Ho sempre sentito dentro di me fin da bambina questa passione, da quando facevo gli spettacolini davanti a genitori e parenti cantando, ballando, e recitando. Una passione che ho ereditato da mia madre, che per varie ragioni non ha potuto continuare a coltivarla. Io ho iniziato a sei anni alla scuola Ars 21 diretta da Antonella Panini, poi frequentando il Progetto Danza di Michele Merola e già sentivo che la passione era così forte che ho capito che doveva diventare la mia vita, il mio mestiere. Naturalmente ho continuato a studiare con diversi professionisti in diverse categorie di danza, facendo l’ultimo anno di liceo da privatista per continuare il mio cammino nella danza.
Anni decisivi per te dunque.
Assolutamente, anche perché lavorando nel percorso di perfezionamento di Agora Coaching Project, di Merola e Enrico Morelli, mi è stato permesso di studiare con coreografi provenienti da tutto il mondo, avendo anche opportunità lavorative grazie alle audizioni fatte. Ho potuto così lavorare in diversi progetti, con Aterballetto, e in esperienze con bambini, e nell’opera lirica, che mi hanno molto arricchito professionalmente.
Sei stata fortunata ad avere praticamente fuori casa, a Reggio Emilia, una compagnia importante con la quale poter iniziare.
Mi ha aiutato certamente, è stato abbastanza semplice spostarsi tra casa mia, io sono di Correggio, e Reggio Emilia, grazie anche ai miei genitori che mi hanno portata avanti e indietro per anni, e di questo li ringrazio.
Come definisci la danza? Che cos’è per te?
Non è semplice definirla in una parola, certo è una parte assoluta di me, lo è sempre stata. E’ il mio primo amore incondizionato, il più grande, poi io sono anche una ragazza che ha molti interessi.
Che tipo di ragazza è la ventunenne Matilde? Qualche tua caratteristica che può averti aiutato per arrivare a essere una professionista della danza?
Ho sempre avuto tante ambizioni, sono una gran studiosa, sicuramente una ragazza cocciuta e determinata, questo posso dire che mi ha sicuramente aiutata molto, sarebbe stata altrimenti certamente più dura.
Il talento è determinante oppure si può anche non averlo? E cosa serve poi per questo mestiere?
Come può capitare in ogni ambito lavorativo anche in questo ambiente ci possono essere delle ingiustizie, per esempio un ruolo importante lo gioca anche la parte estetica delle persone. Po, io stessa sono anche d’accordo che l’estetica, il corpo, è importante nella danza, perché il bello arricchisce chi guarda, ma non credo certo che ci sia solo quello, che per me conta diciamo il 5 per cento. E’ il talento quello che ci vuole alla base, ma anche, e direi soprattutto, il lavoro, l’impegno, perché se non c’è quello, fondamentale, non puoi andare avanti per molto anche se sei bravo. Lo stesso vale per la fortuna. Ci dev’essere tanto lavoro alle spalle per continuare.
Quali sono le difficoltà per chi danza?
Danzare è un impegno importante, si vede subito fin da quando si inizia anche se non si sente la stanchezza e nemmeno il sacrificio, quando la passione è veramente grande. La fatica comunque c’è, ci deve essere e quindi se si inizia presto l’adolescenza non si riesce a vivere come i propri coetanei, si deve per forza rinunciare a qualche uscita con gli amici perché l’impegno appunto è pieno. Ma sono rinunce che vengono poi ripagate, io rifarei lo stesso percorso e non mi pento di nulla. Bisogna riuscire a bilanciare tutto, se uno vuole può farlo. In ogni caso il rapporto umano con gli altri non si può mai perdere, non si può studiare o lavorare da soli, le relazioni sono molto importanti e abbiamo tutti bisogno di compagnia e di aiuto. E sono anche convinta che anche se si è professionisti e impegnatissimi ,una famiglia si può fare, e anche dei figli, si può vivere insomma una vita completa.
Sei anche spettatrice? Altre realtà di danza che conosci e che ti piacciono quali sono?
Detto che con la MM mi trovo benissimo e che è una compagnia composta da persone meravigliose, come lo stesso Merola che è un grande direttore e coreografo, ammiro molto anche altre compagnie che seguo, come la Batsheva Dance Company, ad esempio.
Gli incontri speciali, determinanti della tua vita?
Diversi, già a partire da anni fa quando ho frequentato il corso della Ndt, compagnia olandese molto importante, un’esperienza straordinaria. Poi quando ho fatto dei tirocini, con il National Theater Mannheim diretto da Giuseppe Spota, e con l’Aterballetto, produzione “cloud/materia” di Philippe Kratz, o con il coreografo de “La stella nascosta”, Saul Daniele Ardillo, con il quale abbiamo interagito negli asili e nelle scuole con i bambini. Incontri decisivi per la mia formazione, come quello naturalmente con Michele Merola, che mi ha sempre sostenuto e seguita molto, un incontro non importante ma di più perché nella sua scuola mi sono formata, studiando con Mauro Carboni, Lisa Martini, Giovanni Napoli, insegnanti di altissimo livello. Un'altro grande incontro quello con Enrico Morelli.
Un buon danzatore dev’essere anche un buon attore? Quanto è importante l’espressività?
Credo sia fondamentale saper esprimere non solo attraverso il corpo, noi danzatori siamo anche attori, si’, perché in quello che rappresentiamo c’è qualcosa da far arrivare al pubblico, una storia. Credo che danza e teatro vadano a braccetto.
Una giornata tipo di una danzatrice?
Sveglia abbastanza presto, poi si inizia con la lezione di danza classica che prepara il corpo, si continua con le prove del repertorio o per la creazione di nuove coreografie. Le prove durano come una giornata lavorativa normale, diciamo sulle otto ore.
Qual è la perfezione di un danzatore, di una danzatrice?
Quella che non si raggiunge mai, però mettendo sempre un tassello in più ogni volta, un passo in avanti ogni giorno. Tutto questo fa bene a chi danza, ma anche all’uomo e alla donna che c’è dentro di ognuno.
Francesco Bettin