Musica e liriche di Richard Hawley, libretto di Chris Bush
Regia di Robert Hastie, scenografia e costumi di Ben Stones, coreografia di Lynne Page.
È una produzione del Crucible Theatre di Sheffield, ora al National Theatre di Londra fino al 25 marzo 2023.
di Beatrice Tavecchio
Finalmente un musical denso di temi attuali e interessanti. Lontano dal romanticismo zuccherino di Lloyd Webber o da miti di eroi tipo Hamilton, Standing at the Sky’s Edge unisce, o meglio intreccia storie umane, con elementi, sociali, politici e storici legati ad un luogo ben determinato: il complesso di edifici ‘brutalisti' della Park Hill Estate -costruiti negli anni Sessanta, ispirati dal concetto ed esempio degli edifici moderni di Le Corbusier a Marsiglia-, nella cittadina di Sheffield, centro dell’industria dell’acciaio fino a cinquant’anni fa’.
Traccia gli ultimi sessant’anni di storia, attraverso tre generazioni di personaggi vissuti in un appartamento, non linearmente, ma in un misto di visioni in cui anni e generazioni si combinano a creare un affresco unitario che trova riscontri non solo per i cittadini di Sheffield che hanno vissuto la storia, ma in tutto il Paese ed oltre, per l’universalità e l’autenticità di temi. Dalla felicità di avere una nuova casa con acqua corrente ecc. di Rose, all’orgoglio del marito, Harry, che può mantenere moglie e figli all’inizio degli anni Sessanta, agli scioperi dalla fine degli anni Settanta, governo Margaret Thatcher, per la chiusura delle acciaierie, alla delusione, depressione e morte che ne derivano, all’entrata delle donne nel mercato del lavoro, all’immigrazione con le paure di violenza, ai matrimoni misti, alle morti per coltello nelle strade, ai tempi recenti con l’esame della relazione tra due donne lesbiche in un quadro di coppie LGBTQ+.
L’azione principale all’interno dell’appartamento ruota intorno alla storia di tre coppie e delle loro famiglie: il grande amore di Harry (Robert Lonsdale) per Rose (Rachael Wooding), quello di Jimmy (Samuel Jordan) per Joy (Faith Omole) e di Nikki (Maimuna Memon) per Poppy (Alex Young).
La scritta I LOVE YOU WILL U MERRY ME (Ti amo Vuoi sposarmi?) di fatto scritta sulla Park Hill Estate, è qui ricreata in neon, alta sopra l’edificio ricostruito. Le storie non sono rappresentate in linea temporale, ma si frammezzano e si associano. Nonostante questo, sono eccezionalmente chiare nel loro sviluppo, che in essenza presenta un frammento di una storia, a cui segue un pezzo lineare d’azione di una seconda storia, per poi farle confluire, per cui i personaggi dell’una e dell’altra storia sono presenti in scena allo stesso momento, pur continuando ad agire secondo una loro personale vicenda. Questo gioco viene ripetuto fino ad incorporare le tre diverse storie in una straordinaria scena dove tutti i personaggi si riuniscono intorno allo stesso tavolo pur avendo agito e agendo le loro personali vicissitudini. Ricorda lontanamente la scena di Top Girls (1983) di Caryl Churchill in cui donne di diverse epoche, siedono conversando alla stessa tavola.
La Compagnia di "Standing at the Sky’s Edge". Foto Johan Persson.
Questa la forma. I temi, accennati sopra, sono impersonati da personaggi credibili. la felicità dell’amore di Rose e Harry trova espressione nei loro corpi danzanti, nelle liriche, nell’estensione delle loro voci, così come la depressione e la morte del protagonista, con la sofferenza di Rose espressa dal suo carezzare la poltrona su cui è morto il marito. O l’amore di Jimmy e Joy, coppia mista, con Jimmy che per trovare lavoro lascia la moglie e va a lavorare su una piattaforma petrolifera ed è pugnalato sulla porta di casa al suo ritorno per Capodanno, senza nessun motivo, da un violento. L’amore tra due donne ritrae le difficoltà, gli alti ed i bassi, della loro relazione. Quindi, come si può capire dagli esempi citati, i problemi sono umani, agiti senza ridondanze e commenti, ma solo come vita vissuta.
Il materiale è tanto, ma il modo in cui è stato rappresentato è ingegnoso. L’Olivier Theatre è un teatro di più di mille posti, con una vasta degradante platea sovrastata da un longilineo circolo. Il tutto abbraccia ad anfiteatro il lungo e ampio palcoscenico rettangolare. Ora la struttura scenica di Ben Stones è posta obliquamente sul rettangolo, come un parallelepipedo messo ad angolo, e presenta due piani d’azione, quello a terra dov’è ubicato l’appartamento e un primo piano dove un’orchestra dal vivo dove predominano i violini -ma anche con un esaltante solo di chitarra elettrica- trova posto. I personaggi usano questo spazio sopraelevato a ringhiera, così come i due balconi laterali alle estremità del piano. Il resto dell’edificio che da lì s’innalza, è accennato. La soluzione semplice che intelligentemente ci dà l’indicazione dell’anno in cui si svolge o si svolgono le azioni - le azioni possono essere multiple-, scende dall’alto sotto forma di uno, due o tre cubi su cui si illuminano gli anni.
L’azione è densa: più di venti personaggi delineano e animano l’azione dei circa dieci attori principali. La loro coreografia -dell’eccezionale Lynne Page- riempie tutti gli spazi scenici e in associazione all’azione principale che si svolge all’interno dell’appartamento, rende attraverso i movimenti dei loro corpi l’impostazione emotiva e cognitiva delle situazioni. Così ad esempio, la precarietà della vicenda tra la coppia degli anni Sessanta, viene visivamente resa dallo slittamento continuo, persistente dei personaggi corali che non riescono a stare in piedi e senza soluzione scivolano a terra. Lo stesso dicasi per l’inclinazione in avanti o indietro del ‘coro’ ad indicare che qualcosa non è ‘dritto’. Il loro contributo alle scene è non solo di fornire allo spettatore una chiave di lettura, e un coro, ma anche un contesto che ci dà una comunità e che anche impedisce allo spettatore di distrarsi perché è sempre attirato dalla densità della scena.
Le musiche e liriche di Richard Hawley - famoso anche per aver collaborato con il complesso dei Pulp- hanno vinto la Best Musical Production Award per il Teatro in UK nel 2019, e la South Bank Sky Arts Theatre Award per il miglior musical 2020. Notevoli l’abilità vocale degli artisti, sia dei principali, -soprattutto di Faith Omole (Joy), di Maimuna Memon ( Nikki), di Rachael Wooding (Rose) e di Alex Young (Poppy)- che del coro, e le parole delle liriche, specie quelle di Standing at the Sky’s Edge, che paragona quel limite a quello tagliente di un rasoio.