14° Premio Europa Realtà Teatrali. Vincitori e commenti degli spettacoli.
Dopo la seconda edizione del Premio Europa per il Teatro è stato istituito nel 1990 il Premio Europa Realtà Teatrali assegnato la prima volta a Taormina al regista russo Anatoli Vassiliev. Da quell'anno sono state tante (una quarantina circa) le compagnie che hanno ricevuto l'ambito Premio non solo in denaro (30 mila Euro in totale, mentre per quello maggiore è di 60 mila Euro) con l'intento di dare spazio e attenzione alle produzioni e ai fermenti teatrali più creativi, significativi e innovativi di ogni parte d'Europa. In questo articolo si fa riferimento ai gruppi vincitori del Premio 2017 svoltosi a Roma e agli spettacoli che hanno presentato nei vari teatri di questa città. Tuttavia è doveroso dirlo subito che lo spettacolo Ubu the King di Jarry ad opera del 44enne regista sloveno Jernej Lorenci, nativo di Maribor, non è andato in scena al Teatro India a causa della morte per infarto cardiaco del suo protagonista Jernej Šugman che avrebbe compiuto 50 anni il 23 dicembre di quest'anno. Sul Theatre NO99 di Tallin e sullo spettacolo NO43 - Filth ho già scritto e si rimanda alla mia recensione già pubblicata su questo portale: solo vorrei aggiungere che il modo come i nove protagonisti abbiano agito per due ore su un pavimento di fango sparso su tutto il palcoscenico del Teatro Argentina, mi ha fatto ricordare gli spettacoli dell'ispano-argentino Rodrigo Garcia e della sua Carniceria, lì dove gli attori agivano ad innaffiarsi e ad infarinarsi come si fa con i pesci da friggere, per lordarsi poi con ketchup, maionese, uova sbattute e sughi vari, tra vari tipi di pasta e spaghetti al ragù e polli arrostiti, con intenti, chiaramente diversi dal gruppo estone, riguardanti la nostra società consumistica manipolata ad arte dalle multinazionali, che riduce tutto ad grande bouffe.
Alessandro Sciarroni classe 1976 nativo di San Benedetto del Tronto, attivo nell'ambito della Performing Arts ha presentato al Teatro Argentina Untitled I will be there when you die: uno spettacolo buono per una ginnastica visiva degli occhi che vanno su e giù per 50 minuti nell'osservare quattro performer (Lorenzo Crivellari, Edoardo Demontis, Victor Garmendia Torija, Pietrio Selva Bonino) alle prese con dei birilli da giocoliere, prima uno poi due quindi tre infine quattro, lanciati in alto e presi senza farli cadere. Un lavoro di resistenza fisica e psicologica, uno sforzo di concentrazione da parte dei quattro, in grado di eseguire tiri di lancio i più disparati, disegnando un'infinità di figurazioni e varianti fuori dal comune. E se qualche birillo cade a terra non importa, lo si riprende e si continua il gioco coattivo regolato da disciplina e impegno, sostenuto dalle musiche astratte di Pablo Esbert Lilienfeld e dalle belle luci di Rocco Giansante.
Susanne Kennedy regista olandese ma anche tedesca visto che è nata nel 1977 a Friedrichshafen una cittadina delle Germania meridionale, ha presentato senza qualche difficoltà scenografica al Teatro Palladium The Virgin Suicides, basato sul romanzo di Jeffrey Eugenides di cui è stato realizzato nel 1999 il film Il giardino delle vergini suicide diretto da Sofia Coppola, con Kirsten Dunst e Kathleen Turner. Sulla scena coloratissima e su più piani di Lena Newton, somigliante ad un flipper d'antan che sarebbe piaciuta molto a Renzo Arbore, spiccano vari oggetti e fiori di plastica chiusi all'interno di teche rettangolari, schermi con immagini femminili, vetrinette con bambolette fiori e nastri e al centro in alto un manichino di donna nuda. I cinque personaggi che danno vita al dramma (Hassan Akkouch, Walter Hess, Christian Löber, Damian Rebgetz, Ingmar Thilo) sono agghindati come bambole di pezza con maschere rigide al viso uguali per tutti, collane e parrucche di vario colore. Il plot come è noto ruota attorno ad una famiglia bigotta con cinque giovani e belle figliole, la cui più giovane, Cecilia, si toglie la vita gettandosi da una finestra dando inizio all'anno dei suicidi. Spettacolo al fior di loto, uniforme, recitato in inglese con i sovra titoli in italiano dall'effetto eco, lento come l'incedere del mercurio all'interno d'un termometro.
Yael Ronen una giovane bionda regista nata a Gerusalemme nel 1976 ha messo in scena al Teatro Argentina Roma Armee prodotto dal Gorki Theatre di Berlino. Qualcosa che all'inizio sembra di vedere i primi spettacoli di Jérôme Savari tipo Les grands sentiments con donnine scosciate, omosex e musiche da cabaret assordanti molto ritmate e orecchiabili. Lo spettacolo difende la cultura cinquecentenaria dei Rom, genericamente appellati "zingari" o "gitani", localizzati come gruppo etnico principalmente nei Balcani. La loro storia è fatta di schiavitù, di sacrifici, di discriminazioni razziali ed è per questo che lo spettacolo tra lo scherzo e il faceto assume connotati politici, un modo per formare questo gruppo di attori una "Roma Army" a difesa della loro vita e di quanti verranno dopo di loro. E se da tempo Emir Kusturica non fa sentire la sua voce al cinema ci pensa questo gruppo d'attori, tutti da citare (Mehmet Atesci, Hamze Bytyci, Michaela Drägan, Riah May Knight, Lindy Larsson, Orit Nahmias, Sandra Selimovi, Simonida Selimovi) a portare sugli scudi un argomento semprevivo alla luce pure di auree neo-fasciste che soffiano in tutta l'Europa.
Riguardo ai tre spettacoli inseriti sotto la voce "Ritorni": Giorgio Barberio Corsetti con il Re Lear, Peter Stein con Riccardo II, Bob Wilson con Hamletmachine, invitiamo i lettori a leggere le recensioni su questo portale. E per finire sono stati assegnati dei "Premi speciali" al coreografo greco Dimitris Papaioannou, allo scrittore-drammaturgo-poeta nigeriano Wole Syinka, premio Nobel per la Letteratura nel 1986, che con le sue opere ha creato un ponte ideale tra Africa e Europa e una "Menzione speciale" è andata a Fadhel Jaibi, uomo di teatro tunisino.
Gigi Giacobbe