di Alessandro Sciarroni
con Raissa Avilés, Alessandro Bandini, Margherita D’Adamo, Nicola Fadda, Diego Finazzi, Lucia Limonta, Annapaola Trevenzuoli,
casting, direzione musicale, training vocale Aurora Bauzà & Pere Jou,
collaboratore training vocale Oussama Mhanna,
casting, consulenza drammaturgica, training fisico Elena Giannotti
styling Ettore Lombardi, disegno luci e cura tecnica Valeria Foti
cura, consiglio e sviluppo Lisa Gilardino
amministrazione e produzione esecutiva Chiara Fava
casting, relazioni stampa e comunicazione Pierpaolo Ferlaino, social media Giulia Traversi
Produzione Corpoceleste_C.C.00#, MARCHE TEATRO Teatro di Rilevante Interesse Culturale / coproduzione Progetto RING (Festival Aperto – Fondazione I Teatri Reggio Emilia, Bolzano Danza – Fondazione Haydn, FOG Triennale Milano Performing Arts, Torinodanza Festival, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale), CENTQUATRE – PARIS, Festival D’Automne à Paris, Snaporazverein, Maison de la Musique de Nanterre / in collaborazione con Centro per la Scena Contemporanea di Bassano del Grappa
Col supporto di Dance Reflections by Van Cleef & Arpels
Bolzano Danza 2024, 26 luglio 2024, prima assoluta
Perché ogni volta che ci s’imbatte in Alessandro Sciarroni lo stupore ha la meglio? Perché le attese sono disattese? Perché alla fine ci si ritrova a mettere in dubbio le proprie convinzioni, le categorie d’analisi? La risposta può essere una sola: perché Alessandro Sciarroni è semplicemente un artista che vede al di là, che inventa, provoca, ovvero chiama in avanti, disegna possibili e inediti scenari, innestati nella tradizione, reinventata, vissuta nel suo movimento etimologico: l’attraversare, condurre attraverso e riuscire a vita nuova. È la riflessione che nasce dopo aver assistito a U., una performance musicale, un concerto, la cui drammaturgia, curata da Alessandro Sciarroni con Aurora Bauzà e Pere Jou, è costituita da canti corali tratti dal repertorio italiano, composti tra la metà del secolo scorso e i giorni nostri. Un gruppo di coristi, una scelta oculata di canti che raccontano di un bisogno: stupirsi della bellezza del mondo, cercare un’armonia panica, avere consapevolezza che non siamo padroni del creato, ma siamo ospiti, primi inter pares, ma sempre creature di un mondo che genera e che ci genera. Tutto questo accade e viene raccontato/cantato dalle voci di un gruppo di attori/vocalist che si presentano schierati davanti alla platea. Uno di loro ha sulla maglietta il volto di Kurt Cobain, gli altri sfoggiano un look vagamente new romantic. Lo sguardo dei cantori cerca quello degli spettatori, sullo sfondo vengono proiettati i titoli dei brani e qualche verso, undici pezzi più un bis per raccontare un altro modo di vivere, un bisogno di aprirsi all’altro, di uscire dal proprio io individuale per abbracciare il respiro della natura, sentirsi parte del tutto e coltivare il rispetto del mondo in cui abitiamo e viviamo. E poi a metà del percorso o quasi il coro intona Fratello Sole, Sorella Luna che evidenzia con forza la voglia di stare in dialogo col creato, anche a rischio di scivolare nella retorica. Ma per Sciarroni il lodare le creature è un omaggio a quella comunità francescana che in tempi più o meno remoti ha incontrato e da cui ha ricevuto aiuto. U. è un viaggio sonoro, un concerto vocale che danza, che fa danzare la voce, che muove lo spazio, mentre i coristi, in maniera lenta e quasi impercettibile, si avvicinano alla ribalta, l’unico movimento concesso. Eppure il loro stare in scena freme, il loro cantare e vibrare con la voce è di per sé stesso movimento, è uno ‘stendersi in catena’ per citare il significato etimologico che sta all’origine della voce romanza, danza. «Come coreografo ho lavorato pochissimo», confessa Sciarroni con un pizzico di ironia. E infatti, alla prima assoluta a Bolzano Danza, nell’anno del quarantesimo, c’è chi non sta al gioco, chi si chiede perché un simile spettacolo abbia trovato spazio in un festival di danza. Domanda più che legittima. Ma come accadde qualche anno fa con Description d’un combat di Maguy Marin, anche in questo caso con U. è di per sé movimento della voce, del corpo e del dialogo di sguardi. Sciarroni ha dichiarato di voler lavorare sulla tradizione coreutica italiana, non ha mistificato uno spettacolo di danza, ma – come è accaduto per il recupero delle danze folcloriche – fa del suo agire creativo un atto di rispecchiamento del suo sé di artista in un più ampio contesto e orizzonte quello della tradizione canora – per quanto riguarda U. – che si fa veicolo di un pensiero sulla contemporaneità che chiede di essere agito insieme, danzato nel movimento che può creare, al di là dei generi, dei linguaggi, delle categorie. Non è cosa da poco e ancora una volta Sciarroni dimostra che le definizioni gli stanno strette. Applausi da chi va a teatro e non si attende qualcosa che già sa, ma va in cerca dello stupore che è all’origine del pensiero sul mondo. Nicola Arrigoni