Jacopo Petrucci pianoforte
Vincitore Concorso Arezzo 50&Più
György Ligeti (1923-2006)
da Études
n. 5 “Arc-en-ciel”
n. 8 “Fém”
n. 10 “Der Zauberlehrling”
Aaron Copland (1900-1990)
Variazioni
Sergej Prokofiev (1891-1953)
Sonata n. 8 op. 84
Andante dolce/Allegro moderato
Andante sognando
Vivace
MONTEPULCIANO - Cortile delle Carceri 29 luglio, 2023
Il percorso che Jacopo Petrucci affronta nel suo concerto di Montepulciano è ben chiaro. Egli cerca di tracciare un sostantivo di quanto sofferta è la scrittura pianistica di alcuni compositori. Parte dal presupposto che alcuni di essi hanno avuto vite difficili e complesse. Il sostantivo è quindi impostato sulla possibile proposta di una vita vissuta nello scandire sonoro di ognuno di loro. Compatibilmente con la propria personale abnegazione ad eseguire pagine non sempre popolari e soprattutto non di facile tesura. Ebbene Petrucci affronta il tutto quasi da storico, si muove con rigore nelle difficili presunte dialettiche note di Ligeti che nella sua scrittura non lasciava nulla al caso. La sua è una forma di ricerca talmente forte da rompere i legami non solo con il passato ma anche con la cerchia di coloro che operavano nella scrittura durante la sua vita. Gli Studi rammentano tanto di una possibile idea sonora di sostegno ad un possibile segno sonoro. Le pagine proposte da Petrucci si animano di forze che vengono da molto lontano per poi tradursi in abecedari della modernità compositiva. Così come Aaron Copland è al bivio della sua vita compositiva, scrive in maniera seriale, struttura le sue Variazioni in una forma così complessa tanto da essere ostica. Oggettivamente Copland è su quella posizione di colui che sa di sconvolgere prima di tutto se stesso e poi il resto del mondo. Ed è incantevolmente distonico ascoltare ciò che scrive in una sorta di diario del proprio vissuto sonoro. Lo fa mirabilmente. Per non parlare del periodo culminante di Prokofieff, quando compone la nona Sonata ed escono fuori tutti quei nodi di ricerca, di appartenenza, di sostantivante mai definitivo. Ebbene Prokofieff è figlio di se stesso, della sua stessa schizofrenica appartenenza/non appartenenza ad una realtà allucinante come era quella del periodo staliniano. Jacopo Petrucci sa andare a fondo ad un programma così articolato, lo fa con perizia. In particolare si trasporta così tanto nelle Variazioni di Copland da superare la sua stessa dimensione di giovane esecutore. E si sente tutta la sua gioventù quando affronta Prokofieff quasi incerto di sapere come va a finire. E’ bravo già Petrucci, sa che la sofferenza del pianista si vive attraverso la propria personale discesa agli inferi e la consecutiva risalita verso il paradisiaco mondo dei suoni compiuti. Come bis si ricorda di Henze eseguendo una breve composizione utile per ricordare che il perdurare di una idea è forte di un seme lanciato tanto tempo prima e che da un po' fa vedere i suoi frutti. Marco Ranaldi