È stato trasmesso su Rai 5 uno degli spettacoli più belli andato in scena nell’ultimo decennio. Forse il più bello in assoluto: Il visitatore. Regia di Valerio Binasco e con due interpreti eccezionali al meglio delle loro capacità espressive: Alessio Boni e Alessandro Haber.
La replica trasmessa in Rai è quella andata in scena al Donizetti di Bergamo. Ma nella mia memoria è rimasta impressa quella a cui assistei al Teatro Comunale di Latina in un piovoso pomeriggio dell’8 Dicembre 2013.
Non conoscevo Eric-Emmanuel Schmitt. Non avevo letto nulla di lui. Quando Alessio Boni mi disse che con questo spettacolo avrebbe fatto tappa a Latina, non ho esitato un attimo nel decidere per vederlo. E leggendo il testo di Schmitt mi chiedevo: più del dubbio, cosa può atterrire un uomo giunto alla fine dei suoi giorni, mentre aspetta che il suo bene più caro – la figlia – torni da un interrogatorio nella sede della Gestapo di Vienna? Si aggiunga, a tutto questo, la consapevolezza di essere prossimo alla morte a causa di una malattia. La risposta è una ed una sola: il mistero.
Il visitatore racconta e indaga precisamente questo: il mistero che fa visita a un vecchio Sigmund Freud in una notte dell’Aprile del ‘38. I nazisti hanno appena invaso Vienna annettendo l’Austria al Terzo Reich. Il noto professore è celebre ma ebreo. Il nuovo ordine lo detesta e non può tollerarlo, specie per la sua fama a livello mondiale. Lo obbligano, in ogni modo, ad andare via. Quale mezzo migliore di usare la figlia Anna, prenderla in ostaggio per ricattarlo così che egli decida una volta per tutte? Nel pieno della disperazione Freud riceve la visita di un uomo misterioso. Chi è? Da dove viene? Non ha nome, non ha patria, né casa, né famiglia. Ma sa tutto di Freud, anche ciò che egli non ha mai confessato. È forse Dio? Il celebre professore vorrebbe crederlo. Ma come abbandonarsi a questa pallida speranza? E se tutto ciò fosse un’allucinazione o, peggio ancora, un equivoco della propria disperazione?
Di questo mistero, Binasco distilla il dissidio interiore che alberga non solo in Freud ma anche nel misterioso visitatore. Tanto la recitazione di Haber che quella di Boni, nella cadenza, nei toni, nelle pause, negli sguardi, nel fisico, non esprimono sovrastrutture. Lo spettatore si trova di fronte a due personaggi nudi, spogliati di tutto: Haber (Freud) del suo scetticismo scientista, Boni (Lo sconosciuto) della sua onnipotenza divina alla quale ha rinunziato quando ha dato libertà all’uomo. E cosa resta? Nulla. Se non, appunto, il mistero che trascende l’assurdo della vita. Un mistero che non si scioglie mai e che tale resta, che però entrerà a far parte dell’esistenza comune di Freud e, forse, anche dello Sconosciuto.
Un capolavoro di regia e attoriale. Soprattutto perché ha saputo tirare fuori il mistero che alberga nelle pagine di Schmitt magnificandone la metafora senza colorarla di stupide attualizzazioni.
Un gioiello teatrale da vedere e rivedere, custodire e su cui meditare.
Pierluigi Pietricola
Alessio Boni, Alessandro Haber
Il visitatore
di Erich-Emmanuel Schmitt
Traduzione e Regia di Valerio Binasco
con Nicoletta Robello Bracciforti e Alessandro Tedeschi
musiche Arturo Annecchino
scene Carlo De Marino
costumi Sandra Cardini
produzione Golden Art Production