CLAC
di Paola Mazzinari
E’ quasi mezzanotte! Fuori piove! E’ inverno e fa freddo!
Da qualche giorno non sto molto bene; credo di covare l’influenza. In pigiama e avvolta nella vestaglia sto passando da dormire sul sofà davanti alla televisione ad andare a dormire nel letto.
La mia casa è a piano terra.
La mia porta d’ingresso da direttamente sulla strada dopo due gradini di soglia. Non riesco a ricordarmi perché l’ho aperta. Forse per guardare fuori? Un rumore particolare, nella silenziosissima stradina del paesino in cui vivo, mi aveva incuriosita? Inutile chiedersi perché! L’unica cosa che conta è che l’ho fatto!
Di solito quando mi sporgo faccio ben attenzione a dare due giri di chiave che mi garantiscano che la porta non si richiuda alle mie spalle, come mi era già capitato in passato.
Convinta però che non mi sporgerò molto e che quindi non correrò rischi in tal senso, stasera mi affaccio sulla strada e come unica garanzia di sicurezza lascio un piede nell’apertura della porta e l’altro sul primo gradino a scendere.
All’improvviso un “clac” secco quanto inesorabilmente, un clac scandito chiaramente in tutte le sue lettere “c l a c ” e la porta, manco avesse vita propria, si è chiusa alle mie spalle lasciandomi fuori senza alcuna possibilità di rientrare in casa.
Anche questa volta, come la precedente, resto immobile. Mi si è cancellato qualunque pensiero, sono più che stupita, esterrefatta: mi è accaduto di nuovo! E’ un momento di incredulità assoluta.
Poi subentra un certo disappunto che è quell’emozione che ti fa cascare le braccia, che ti lascia interdetto a domandarti se arrabbiarti o lasciar perdere.
Intanto il tempo sembra scorrere lentissimo, sono attimi che sembrano secoli.
Poi il cervello si rimette in moto ricordandomi che, prudentemente, ho una chiave di riserva nascosta in un buco del muro di una casa vicina in una scatola di metallo, dietro ad un mattone.
Continua a piovere! Oltre ad essere in vestaglia le pantofole ai miei piedi hanno la suola di feltro, tutte cose inadatte per arrivare al muro che è al di là del prato che si stende davanti alle finestre della casa del vicino.
Penso alla medicina che ho appena preso e alla cura che ho avuto tutto il giorno di evitare di prendere freddo.
Ma non ho altra alternativa che andarci e, seppur a malincuore, mi avvio.
Noto che il mio vicino ha la luce accesa. Penso che una pila che passa, nottetempo, davanti alle sue finestre potrebbe allarmarlo, così busso e gli dico che sto andando a ricuperare la chiave.
“Va bene! Buonanotte”.
Trovo ciò che sto cercando e torno alla mia porta. Ho le mani gelate e sono infreddolita e umida. Provo ad aprire la scatola: niente!
Penso di avere le mani troppo fredde, provo ancora. Cerco di scaldarla niente: con una certa angoscia mi accorgo che il coperchio è ….. arrugginito!
Ma che serata!?!
Chiamo col cellulare l’amico di cui sopra per chiedergli di venire ad aiutarmi ad averla vinta su questo aggeggio che mi sta tenendo in scacco! Il cellulare, con la sua voce monotona dice che il cliente non è raggiungibile anche se gli ho appena parlato.
Decido di tornare da lui e gli chiedo aiuto.
Per la cronaca continua a piovere! L’amico è ancora sveglio e la scatola, alla fine, cede il suo preziosissimo (per me) contenuto.
Il giorno dopo le chiavi sono tornate nel buco del muro questa volta però in una bustina di plastica!