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54° FESTIVAL DEL TEATRO GRECO DI SIRACUSA 2018 - “Eracle” di Euripide secondo Emma Dante. -di Gigi Giacobbe

"Eracle" regia Emma Dante "Eracle" regia Emma Dante

Eracle di Euripide secondo Emma Dante

Eracle
di Euripide
traduzione di Giorgio Ieranò,
regia di Emma Dante
al 54° Festival del Teatro greco di Siracusa
Direttore artistico: Roberto Andò
Dal 10 maggio al 23 giugno 2018
Interpreti: Serena Barone, Naike Anna Silipo, Patricia Zanco, Mariagiulia Colace, Francesca Laviosa,
Arianna Pozzoli, Katia Mirabella, Carlotta Viscovo,
i tre figlioletti di Eracle (Serena Lippi, Arianna Pozzoli, Isabella Sciortino), Samuel Salamone,
le tre danzatrici (Sabrina Vicari, Mariella Celia, Silvia Giuffrè)
le musiciste (Serena Ganci, Marta Cannuscio)
Il Coro: Alessandro Accardi, Mauro Cappello, William Caruso, Antonio Cicero Santalena,
Alessandro Di Feliciantonio, Giacomo Lisoni,
Andrea Maiorca, Roberto Mulia, Salvatore Pappalardo, Stefano Pavone, Riccardo Rizzo
Scene: Carmine Maringola
Costumi: Vanessa Sannino
Musiche di Scena: Serena Ganci
Coreografie: Manuela Lo Sicco
Disegno luci: Cristian Zucaro
Produz.: Inda (Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa

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Sin dai suoi prepotenti inizi con la trilogia m'Palermu, Cranezzeria Vita Mia, l'eterna nemica aleggia negli spettacoli di Emma Dante. Addirittura in questo Eracle di Euripide messo in scena dalla visionaria regista palermitana nel Teatro greco di Siracusa con la chiara traduzione di Giorgio Ieranò, la morte è ampiamente manifesta, complice la skené architettata da Carmine Maringola, tramutata in un piccolo cimitero con una serie di marmoree tombe da cui spuntano croci lignee che sembrano piccole pale eoliche, ai lati d'una centrale vasca purificatrice piena d'acqua, chiuso lo spazio frontalmente da una nivea parete larga venti metri e alta sette, decorata con 256 ritratti e foto di defunti doviziosamente incorniciati. Se 25 secoli fa al tempo dei tragici greci (ma anche nei secoli successivi sino a Shakespeare) i ruoli femminili venivano vestiti da attori maschi, oggi Emma Dante ribalta i sessi, facendo interpretare i ruoli maschili da solo attrici donne. L'inizio del dramma è tra il festoso e il ferale con quei calvi suonatori di tamburi avvolti da tuniche nere (gli elaborati costumi sono di Vanessa Sannino) con tutti i protagonisti del dramma in processione e tre danzatrici in fucsia e nero che chiudono la fila danzando al ritmo di quelle percussioni. La Dante dipinge il racconto con tinte fosche quando all'inizio appare il vecchio Anfitrione (padre putativo di Eracle, perché nato dal rapporto di sua moglie Alcmena con Zeus che aveva assunto le sue sembianze) ridotto su sedia a rotelle e stampelle e a cui dà vita una formidabile Serena Barone con vocina gracchiante e sibilante simile a quella di Enzo Vetrano dagli accenti palermitani di scuola Perreira. Chiarisce Anfitrione che nella sua Argo vive ormai da elemosinante perché il tiranno Lico ha ucciso e preso il posto del re Creonte, suo consuocero e padre di Megara (superba la prova di Naike Anna Silipo con corona a sette punte di lancia e abito scuro di voille trasparente) sposa di Eracle da cui ha avuto tre figli e adesso teme che la follia di Lico, calvo e possente quello di Patricia Zanco, possa abbattersi sui suoi cari che a più riprese invocano il ritorno di Eracle per difenderli, alle prese frattanto il semidio con la sua ultima fatica nell'Ade per uccidere il terribile cane a tre teste Cerbero.

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Ma è il coro tutto al maschile il vero polmone dello spettacolo, in grado di inventare figurazioni che possono rinvenirsi nelle processioni del venerdì santo di Siviglia o di Trapani, pure in alcuni dipinti di Bosch o di Bruegel quando indossano dei cappucci bianchi che si prolungano sul petto a guisa di lunghi bavaglioni, sembrare anche dei dervisci quando danzano roteando su se stessi o un gruppo di streghe o di mamuthones sardi senza campanacci sulle spalle, financo sbucare fuori da alcuni dipinti di James Ensor se indossano maschere di teschi umani con in mano dei rossi lumini accesi. Quando poi le guerriere di Lico sono sul punto di uccidere Megara, (contornata costei da una ghirlanda di rose e fiori applicati alla sua elegante vestaglia bianca) con i suoi figlioletti anzitempo purificati in quella vasca e pure il vecchio Anfitrione, ecco giungere dall'Ade lui, il vendicatore, il corazzato Eracle di Mariagiulia Colace, una pila elettrica dai lunghi capelli neri che sventola a più riprese su e giù, che la prima cosa che fa è quella di offrire alla moglie un fascio di rose rosse, abbracciandola insieme ai figli e al padre e appreso il pericolo che hanno corso eccolo inseguire e uccidere con il suo arco lo spietato Lico, sostanziandosi poi sulla scena la sua anima nera sotto forma d'un grande pipistrello danzante ad opera di Silvia Giuffrè. Sarebbe un bel finale, ma si sa che gli dei dell'Olimpo erano capricciosi, cattivi pure, e cosa fa Era, la moglie di Zeus cornificata da Alcmena? Punisce il frutto del loro amore, Eracle appunto, servendosi di due divinità spaventose, entrambe figlie della notte con maschere nere, somiglianti a dei nerboruti arbusti dalle lunghe braccia rinsecchite, raffigurate dalla messaggera Iris (Francesca Laviosa) che comunicherà a Lyssa (Arianna Pozzoli) ovvero la Rabbia, di rendere pazzo Eracle e uccidere così a sua insaputa - stesso refrain che vedremo nell'Edipo di Sofocle - moglie e figli, credendo di ammazzare la prole e lo stesso re Euristeo che gli aveva imposto le mitologiche dodici fatiche. Episodio questo raccontato in bello stile dal messaggero di Katia Mirabella.

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Ci si avvia verso l'epilogo con Eracle che lentamente prende coscienza di sé e che apprende da Anfitrione la strage che ha compiuto. Vorrebbe suicidarsi questo ammasso di muscoli, quand'ecco apparire il Teseo di Carlotta Viscovo, anche lei con corazza luccicante da opera dei pupi, l'eroe ateniese salvato da Eracle quando era sceso nell'Ade che lo conforta e lo convince a non commettere questo insano gesto, esortandolo a lasciare Tebe e seguirlo nella sua Atene. Eracle ha qualche tentennamento ma poi deciderà che vivere per lui sarà più eroico che morire. I corpi di Megara e figli verranno sistemati in quattro tombe di quel cimitero e il coro supino per terra scoprendo il retro dei propri lunghi abiti neri formerà una ghirlanda con migliaia di rose rosa, quasi una piccola serra che splende in quel luogo funereo.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Lunedì, 14 Maggio 2018 12:38

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