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ARMONIE D’ARTE FESTIVAL 2020 - "CORPUS ANIMA" con Alessandra Ferri. -di Marco Ranaldi

Alessandra Ferri Alessandra Ferri

ARMONIE D’ARTE FESTIVAL
Alessandra Ferri

ALESSANDRO QUARTA 5et
27 agosto
PARCO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI SCOLACIUM
SEZIONE PRINCIPALE “Lungo le Rotte”
CORPUS ANIMA
ALESSANDRA FERRI
Federico Bonelli
Jordan James Bridge
James Pett
Giacomo Rovero

La Bruyere, Debussy s’ammantava di sintomatico mistero per descrivere il segno del suo tempo in questo spazio metafisco che traduce così bene tutto il disagio dell’uomo a cospetto di una partitura da scrivere. Le coltri nascoste, le antiche pagine di Bach, di Albinoni, di Mozart riportano ad una suggestione da bruyere appunto che nella proiezione quotidiana non è facile effettuare. Ebbene una delle immagini evocative della danza è quella di vedere l’invisibile e l’ineffabile. Bach usato per creare uno schema di movimento serve proprio a dare quella dinamica di creatività applicata che nel nostro secolo è tanto importante. Pertanto recuperare gli stilemi di antiche gesta, di bruyere disperse nel tempo è sempre sintomatico di una forma del riappropiarsi delle perdute vite, delle perdute immagini. Sarà per questo forse che Alessandra Ferri in un lieve progetto estivo ha quel magnifico potere di rievocare le antiche immagini. E’ sua la maestria di un lungo vivere l’arte della danza e lo fa quindi con quella consapevolezza di essere se stessa. Grazie anche alla presenza di partner che con lei condividono tutto un significato di terre di mezzo e di incredibili cordate creative. Certo lo spazio esterno non è sempre sinonimo di forza espressiva perché i condizionamenti della scena sono tanti. Eppure, in questo passaggio di fine estate, come un racconto d’antiche gesta la presenza della Ferri e del suo corpo di ballo ha segnato il tempo. Bastava solo questo per poter reincontrare con l’amato passato, con l’immagine di una virtuosa presenza. Piazzolla è stato visto con Aldo Pagani sulle rive di una immaginabile foce. Entrambi in un incontro di dimensioni si interrogavano sul come suonare, sul come significare ancora oggi quel tango bachiano creato tanto tempo fa. Li hanno visti discutere molto, li hanno visti anche litigare, o meglio li hanno visti accendersi per arrivare ad un punto di approdo. Poi Piazzolla ha preso il suo bandoneon e sulle rive di quella foce intona una delle sue liriche struggenti, malinconiche e di una tristezza che è delle persone con tanto amore. Dicono che Aldo Pagani piangesse, dicono che un gruppo di turisti si sia fermato come inebetito ad ascoltare quel delicatissimo suono. Piazzolla ha poi smesso il suo strumento e come fa Novecento decide di sparire, questa volta Aldo Pagani non lo vedrà più. Ma il gruppo di persone che s’erano fermate inebetite sa che quello è il suono di Piazzolla, quella dolcezza da lacrime sincere, quel senso di virtuosismo delicato e non esasperato. Il tempo è finito, la bruyere si sta dissolvendo nel vento come il senso di vedere corpi che sanno di essere espressioni. In quel senso perfetto che ti porta poi a dichiarare: se tutto questo deve essere è come l’Adagio di Mozart dal K 488 che ti sugella l’effetto di meravigliarsi ancora in una tarda sera d’estate.

Marco Rinaldi

Ultima modifica il Martedì, 01 Settembre 2020 12:29

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