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XVI Edizione della Primavera dei Teatri. Nuovi linguaggi della Scena contemporanea. Castrovillari dal 29 maggio al 2 giugno 2015.-di Gigi Giacobbe

"La Bisbetica Domata", regia Tonino De Nitto. Foto Angelo Maggio "La Bisbetica Domata", regia Tonino De Nitto. Foto Angelo Maggio

Una bambinetta con vestitino rosa a pois e fiocco blu se ne sta seduta su una sedia con una banana già sbucciata in mano senza che le sue gambette con calzini bianchi e scarpette rosse riescano a toccare terra. È come se volesse offrirla ad un grosso orango che non l'afferra e che se ne sta seduto accanto su due sedie con occhi inorriditi, quasi a volerle dire che lui di quelle banane ne ha mangiate tante in vita sua. È il manifesto di John Lund e Stephanie Roeser che vogliono sintetizzare, forse, il nuovo che avanza con la bimba e il vecchio che è alle spalle con l'orango, e dare un senso a questa XVI Edizione del Festival Primavera dei Teatri resa possibile ancora una volta grazie al lavoro organizzativo di Saverio La Ruina, Settimio Pisano, Dario De Luca: una triade compatta e affiatata che ha messo insieme dal 29 maggio al 2 giugno un programma con tredici spettacoli rivolti ai nuovi linguaggi teatrali, andati in scena tutti nel Protoconvento francescano di Castrovillari.
La kermesse è stata inaugurata con La bisbetica domata di Shakespeare, manipolata dal regista Tonino De Nitto come una farsa di Feydeau, per il modo come i personaggi che appaiono grotteschi nei loro costumi (quelli di Lapi Lou) e nelle loro acconciature, aprivano e chiudevano le porte, ma soprattutto le finestre, di quelle tre sagome di casette fiabesche con rotelle, architettate da Roberta Dori Puddu, a guisa che potevano scorrere sulla scena scomponendosi e ricomponendosi, sfoderando i protagonisti un linguaggio, nella traduzione e adattamento di Francesco Niccolini, molto vicino alla nostra contemporaneità. Tra intrighi, imbrogli e travestimenti il lavoro si concluderà come piacerà al pubblico, anche se potrà indispettire alcune sfegatate femministe sulla repentina capitolazione della bisbetica Caterina (Angela De Gaetano) che come una pera cadrà tra le braccia di Petruccio (Ippolito Chiarello) determinato oltremodo a farla sua. Accanto ai due suscitava ilarità Antonio Guadalupi en travesti che impersonava Bianca, e poi Dario Cadei, Franco Ferrante, Filippo Paolasini, Luca Pastore e Fabio Tinella.

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Serena Balivo è la solipsista interprete de L'inferno e la fanciulla, una pièce ideata e drammatizzata con Mariano Dammacco, pure regista dello spettacolo, per conto dell'omonima Piccola Compagnia modenese che porta il suo nome. E' una sorta di viaggio che la Balivo, in stile Coraline o d'una Dorothy del mago Oz, compie nei più reconditi meandri dell'anima, che sia pure frequentando le elementari è in grado di fare ragionamenti sui massimi sistemi, spiegando senza sosta di non riuscire a stare con le sue coetanee, di non trovare amiche che capiscano i suoi desideri, le sue aspettative, i suoi sogni. In abiti d'una inquietante bambina che emette parole con voce birichina d'una bambolina, la Balivo si rende conto delle difficoltà di vivere assieme e accanto agli altri. « L'inferno sono gli altri » sosteneva Sartre nel suo lavoro A porte chiuse. Un cul-de-sac in cui s'è infilata la protagonista, convincendosi d'essere sola a questo mondo, rasentando comportamenti misantropici. Uno spettacolo generazionale che fa pensare e riflettere, cui dovrebbero assistere bambini e fanciulle accompagnate da genitori e maestri.-
Saverio La Ruina dopo la trilogia dei monologhi (Dissonorata, La Borto, Italianesi) torna sulle scene con un suo nuovo testo titolato Polvere. Dialogo tra uomo e donna, interpretato da lui e da un'ottima Cecilia Foti. Sin dalla prima scena, con i bui che scandiscono le varie sequenze, il pensiero vola subito a quel capolavoro televisivo, poi cinematografico e teatrale, che è stato Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman, tanto che il lavoro in questione potrebbe titolarsi "Scene da un fidanzamento". Con un lui che rimprovera lei il giorno dopo il loro primo incontro per non averlo presentato ai suoi amici come il suo nuovo compagno. Un rapporto già malato all'inizio che via via diventa sempre più infetto, patologico, maniacale, perché lui ha sempre da ridire e rimproverarle anche le cose più piccole e banali, amplificandole oltre misura, manifestando in sostanza una morbosa gelosia, segno d'una profonda insicurezza. E' inutile che lei faccia il pompiere, spegnere qualunque sospetto, cercare di tranquillizzarlo, perché lui è sempre lì a martirizzarla, a chiedere questo e quello, non accontentandosi mai delle sue risposte. Litigate che finiscono sempre a letto, allontanando solo per poco i fumi che gli covano nella sua testa. La pièce si conclude con lei che dirà basta, finalmente, ponendosi in un lato della scena, quasi a voler uscire dalla vita di colui che avrebbe potuto compiere un atto di violenza, reso manifesto il giorno dopo dai media, buono solo per le statistiche di femminicidio.

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Ha favorevolmente impressionato La beatitudine diretta da Licia Lanera, lei stessa autrice e interprete della pièce assieme a Riccardo Spagnulo, per le sue aure surreali e iperreali, ruotante attorno ad una sorta di mago da strapazzo chiamato Cosma Damiano (Mino Decataldo) inneggiante all'amore e al piacere e a due strane coppie. La prima formata da moglie e marito (gli stessi Lanera e Spagnulo) e un bimbo giocattolo, la seconda da una madre avanti negli anni (Lucia Zotti) che accudisce il figlio (Danilo Giuva) su sedia a rotelle che però può alzarsi quando gli aggrada. Un lavoro giocato tra realtà e fantasia, ricco di citazioni colte, un po' farneticante invero, che perora l'atto sessuale, l'orgasmo o la piccola morte, come momenti di beatitudine nel rapporto uomo/donna di qualunque età, genere e razza, declinato nei modi e nei tempi che più vi piacciono. "Il sesso è l'unica religione rimasta all'Occidente per dimostrarsi che esiste qualcosa di vero e che questo vero - si legge nelle note di regia - è addirittura piacevole.-
Mario Perrotta reduce dei successi riscossi in Emilia col suo Progetto Ligabue, si è presentato a Castrovillari con lo spettacolo Milite ignoto-quindicidiciotto, tratto da alcuni scritti e diari di Pier Vittorio Buffa e Nicola Maranesi, in cui l'attore e regista di Lecce indossando alla grande i panni d'un soldato qualunque, ignoto appunto, sfoderando una serie di dialetti italici dalla Sicilia al Trentino, racconta per 70 minuti seduto su dei sacchi di juta la sua Grande Guerra, vista dai futuristi come "la grande festa della giovinezza". Ma quale festa, solo uno sterminio di poveri contadini morti ammazzati all'interno di malsane trincee scavate nelle montagne del Friuli, piene di fango, di respiri affannosi misti a mugugni, lamenti, fetori e pidocchi in tutto il corpo e da bombe e strali che arrivavano sulle loro teste dal nemico austriaco. Una guerra, di cui quest'anno si celebra il centenario, che iniziò pretestuosamente per quell'attentato a Sarajevo ai danni dell'erede al trono austriaco Francesco Ferdinando da parte d'un indipendentista slavo, che ha visto 4 milioni di soldati reclutati tra le fasce più povere della nostra popolazione, ignara di cosa volesse dire "patria" e che alla fine, tra civili e militari, si contarono nel nostro paese qualcosa come più d'un milione e duecentomila morti. Una carneficina finita con la disfatta di Caporetto, con le solite Francia, Germania e Inghilterra a farla da padroni.

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Scannasurice (Scanna topi o Ammazza topi) è uno dei primi sulfurei testi di Enzo Moscato più volte da lui interpretato. Scritto dopo il terremoto del 1980 va di diritto inserito in quel fermento letterario passato alla storia come "La nuova drammaturgia napoletana" di cui facevano parte Annibale Ruccello e Manlio Santanelli. Adesso è toccato a Imma Villa prenderne il testimone, passatole dal regista Carlo Cerciello che ha trasformato lo spettacolo in un cristallo prezioso, collocando la protagonista all'interno d'un alveare di loculi per defunti che occupava quasi tutta la scena costruita da Roberto Crea. Quella della Villi è stata una grande prova d'attrice, superba nei panni d'un "femminiello" dei Quartieri Spagnoli - ecco il motivo per cui pure una donna può vestire il personaggio - che racconta il suo modo di vivere in un napoletano strettissimo, cui sarebbe stato utile sottotitolare le parole di questo poetico e gangrenoso testo di Enzo Moscato. Da quello che siamo riusciti a capire, il lavoro evoca personaggi e spiriti presenti, dà vita a finti dialoghi, e lei, in mutande bianche e retina nera in testa, quindi avvolta da un cappottone e poi da un giaccone rosso e parrucca pure rossa, ad un tratto pure una madonna contornata da lucette, s'arrampica e striscia all'interno di quella struttura, tra spazzatura e oggetti simbolo, vivendo accanto ai topi, metafora dei napoletani, compiendo velocissimi spostamenti e continui cambi d'abito. Le musiche di Paolo Coletta, il suono di Hubert Westkemper, le luci di Cesare Accetta e i costumi di Daniela Ciancio, hanno contribuito al successo dello spettacolo.
Ritornano a Castrovillari Roberto Scappin e Paola Vannoni autori e interpreti di Io muoio e tu mangi 2° capitolo di Tutto è bene quel che finisce dell'anno passato, che è poi il rimprovero rivolto al figlio dal padre che sta morendo. Come ormai ci hanno abituato, i due personaggi utilizzano una linguaggio demenziale, ricco di nonsense e di battute gettate lì con nonchalance tali da suscitare ilarità e un'intelligente comicità. La scena è quella d'una camera mortuaria con al centro un quadro raffigurante una Madonna con Bambino e col papà di lei che se sta lì defunto di lato. I due seduti uno di fronte all'altro discutono con molto fair play dell'uomo che per 30 anni ha svolto volontariato alla Caritas, delle visite in ospedale, degli infermieri, e quali possono essere i trastulli d'un uomo in quei luoghi dell'aldilà che sono il paradiso, il purgatorio e l'inferno, augurando al genitore il limbo dove c'è almeno una discoteca con i morti che ballano come gli astronauti nello spazio. Forse c'è meno mordente rispetto al precedente spettacolo, ma la coppia è davvero brava e lui che fa il resoconto d'una giornata passata in geriatria è davvero molto divertente.

Ultima modifica il Sabato, 13 Giugno 2015 20:40

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