Cammino iniziatico verso l’unità» spiega il coreografo Roman
Demoni e dei. Storie di incontri e scontri, di violenza e tolleranza, di provocazioni e riconciliazioni. Praticamente la storia dell’Uomo e della Danza. In una parola Aria, la nuova creazione di Gil Roman, allievo d’oro del miracoloso Béjart, di cui fu collaboratore indispensabile fino a prendere il timone della Béjart Ballet Lausanne (nato dalla morte del mitico Ballet du XXe Siècle) alla morte del maestro, nel 2007.
“Aria è un cammino iniziatico verso l’umanità – dice Roman della sua creatura che visto la luce per la prima volta al Théatre de Beaulieu di Luasanne solo nello scorso Dicembre – Un protagonista e poi due, che si ricercano per ricongiungersi. Aria è la “recherche” che sta dentro di noi, un cammino iniziatici verso se stessi”.
Un tessuto fitto di legami assoluti e precari – quelli che tengono stretti gli uomini – a cui ne corrisponde un altro non meno complesso e composito di musiche, i cui verbi di ieri e di domani sono coniugati al presente.
“La musica mi domina totalmente, non mi è mai riuscito di prenderne le distanze – dice ancora Roman – Quanto ad Aria, non ho voluto che fosse contrassegnata da cifre storiche né nostalgiche. Era importante, semmai, parlare alla gente con i suoni di oggi. Ho sentito anche l’esigenza di Bach ma del coté erotico e sensuale della sua musica che così di rado viene tenuto in considerazione”.
In principio era il Ballet de l’Etoile. Poi venne il Ballet- Théatre de Paris, quindi l’insuperato Ballet du XXe Siècle dalle cui ceneri nasceva, nel 1987, il Béjart Ballet Lausanne. Sembra quasi che occorra cambiar nome per esistere, che ribattezzarsi con una nuova cifra temporale sia l’unica condizione per non perdersi. Ma Gil Roman scuote la testa. Non una mutazione ma un “trasloco”, sono stati gli spazi a dettare nuovi progetti e nuovi nomi che trovarono nel Ballet du XXe Siècle la sua carta d’identità.
Oggi Lausanne è la residenza che accoglie le giovani promesse della danza classica, moderna e contemporanea ossia della danza tout court.
Ecco la scuola che Gil Roman fa palpitare con frequenze béjartiane.
“La conoscenza delle varie discipline tersicoree viene prima di ogni cosa, ogni tecnica deve avere dignità di esistere, dalla Graham in avanti ed indietro. Poi la formazione teatrale e di Compagnia e l’educazione all’immaginario, specialmente, oggi più che mai banalizzato e frustrato. Nell’era della dittatura delle immagini, è disperatamente urgente che i giovani vengano stimolati ad una lavoro di “decantazione” del proprio immaginario e della propria cultura così come l’intendeva Béjart. Non informazione bieca e pedante ma autentica passione per la conoscenza”.
Mare, madre, donna. Quasi una “trinità” che Maurice, come Visconti, per certi versi, non cessò mai di celebrare . E non solo nel “cult-ballet” di Boléro, in cui il maestro affidava inizialmente alla donna il ruolo di Melodia.
“Perse sua madre anzitempo e ciò l’avvicinò a lei ancora di più, conducendolo a sublimare la figura femminile. Non è un caso ch’egli abbia creato molti assoli femminili e pochissimi ensemble per sole donne; al contrario, sono pochissimi gli assolo maschili rispetto ai pezzi corali per soli ballerini. La sua concezione di danza sembra sintetizzarsi in masse d’uomini da un canto e, dall’altro, “Une Femme”. Una sola donna. Inaccessibile e materna”.
CARMELITA CELI