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Nel 1964 Maurice Béjart ha dato vita alla coreografia della Nona Sinfonia, particolarissimo pezzo che mette insieme vari stili e che anche già dal punto di vista visivo si rende differente dai classici balletti di danza. Qui ritroviamo segnate a terra una sorta di rette tratteggiate oppure linee o ancora cerchi che si vanno ad intersecare quasi a creare quei campi da gioco oppure quei terreni che in palestra sono così disegnati. Sembra quasi di essere immersi in una sorta di concorso, in cui quando alcuni si esibiscono, gli altri osservano oppure attendono il loro turno. All’inizio la batteria imprime forte carica all’orchestra, che peraltro è visibile dietro ai danzatori, insieme al coro ed alla coreografia, in un crescendo che alterna i pezzi ballati come in una gara. Un confronto – scontro ed un omaggio al grande danzatore e coreografo. Pertanto si passa dal contemporaneo, anche più puro, a piedi scalzi, al classico più tecnico, al neoclassico in punta. I costumi sono semplici body e tutine accademiche o pantajazz, rallegrati e ravvivati da accessori e colori accesi. I ballerini si contrappongono in una sorta di gioco di tempi e spazi in cui ai movimenti di uno corrispondono quelli di un altro al lato opposto della sala, alternati poi a passi a due, solisti e gruppi che creano delle figure e dei passaggi artistici e si mescolano tra loro. Il direttore artistico Gil Roman dal 2007, è in questa rappresentazione anche un narratore d’eccezione, leggendo durante la performance i testi di Nietzsche. Ben duecento artisti tra coristi e musicisti d’orchestra, oltre ai ballerini della compagnia di Losanna e della compagnia di Tokyo. 50 anni dopo (la rappresentazione è del 2014 infatti), un grande omaggio corale per un grande artista, ballerino e coreografo.

Francesca Myriam Chiatto