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DAWSON, DUATO, KRATZ, KYLIÁN – coreografia David Dawson, Nacho Duato, Philippe Kratz, Jiří Kylián

"REMANSO" - Mattia Semperboni, Nicola del Freo, Roberto Bolle. Foto Brescia e Amisano, Teatro alla Scala "REMANSO" - Mattia Semperboni, Nicola del Freo, Roberto Bolle. Foto Brescia e Amisano, Teatro alla Scala

ANIMA ANIMUS
Coreografia: David Dawson
Assistenti coreografo: Christiane Marchant, Rebecca Gladstone. Musica: Ezio Bosso
Scene: John Otto. Costumi: Yumiko Takeshima. Luci: James F. Ingalls.
Nuova produzione Teatro alla Scala
REMANSO 
Coreografia, scene e costumi: Nacho Duato
Assistente coreografo: José Carlos Blanco. Musica: Enrique Granados. Luci: Brad Fields. Takahiro Yoshikawa, pianoforte. Roberto Bolle, étoile.
Nuova produzione Teatro alla Scala
SOLITUDE SOMETIMES
Coreografia: Philippe Kratz
Assistente coreografo: Casia Vengoechea. Musica: Thom Yorke e Radiohead. Scene: Carlo Cerri e Philippe Kratz. Costumi: Francesco Casarotto. Luci: Carlo Cerri. Video designer: Carlo Cerri e OOOPStudio 
Nuova produzione Teatro alla Scala
Prima rappresentazione assoluta
BELLA FIGURA
Coreografia: Jiří Kylián
Assistenti coreografo: Lorraine Blouin, Cora Bos Kroese, Stefan Zeromski. Musica: Lukas Foss, Giovanni Battista Pergolesi, Alessandro Marcello, Antonio Vivaldi, Giuseppe Torelli. Scene: Jiří Kylián. Costumi: Joke Visser. Luci: Jiří Kylián riprese da Kees Tjebbes. Supervisione luci e scene: Joost Biegelaar
Produzione del Wiener Staatsballett, 2011
Prima rappresentazione 12 ottobre 1995, Nederlands Dans Theater, AT&T Danstheater, The Hague
Con: Roberto Bolle e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. Musica su base registrata
MILANO, Teatro alla Scala, dal 3 al 9 febbraio 2023

www.Sipario.it, 17 febbraio 2023

Quattro coreografi alla Scala e le sfide contemporanee
Percorrere i nuovi territori della sperimentazione coreutica e della danza contemporanea significa, com’è noto, aprire scenari inconsueti e offrire opportunità di riflessione e ripensamento su talune sfide oggi urgenti e mai sufficientemente indagate. È questo il riferimento precipuo proposto nella “Serata-Quadrittico" del Teatro alla Scala e, in particolare, nel lavoro d’apertura che riporta al Piermarini - dopo il passo a due A Sweet Spell of Oblivion nel 2021 - l’estetica multiforme di David Dawson, uno dei più importanti coreografi odierni. Per l’occasione la scelta è ricaduta su Anima Animus, creazione del 2018 andata in scena per la prima volta con dieci artisti del San Francisco Ballet e qui in debutto nazionale. Modulata sul Violin Concerto n. 1 di Ezio Bosso l’opera rivela un’architettura formale di levatura segmentata intorno al duplice cromatismo del bianco e del nero che è vettore comunicativo cardinale qui scelto per evocare, sottolineare e porre in rilievo l’indagine intorno al lato maschile e femminile della psiche indagato da Carl Jung. Riflessi, giochi a specchio, giri reiterati, arabesques continuate, linee sinuose e schemi simmetrici sono alcuni dei tratti peculiari scelti dal coreografo britannico per modulare le frasi del suo linguaggio in armonia con il riferimento filosofico - ed evidentemente psicologico - richiamato sopra. Organicità e fluidità che, senza riserve, ritroviamo anche nei dieci artisti scaligeri coinvolti (per la première: Alice Mariani, Martina Arduino, Marco Agostino, Nicola Del Freo, Timofej Andrijashenko, Mattia Semperboni, Alessandra Vassallo, Gaia Andreanò, Maria Celeste Losa, Caterina Bianchi). Una sfida dell’uomo contemporaneo, si diceva, che a partire dagli archetipi inconsci maschile e femminile approda, con il secondo lavoro proposto nel corso della serata scaligera, anche alla alienazione dalle categorie di genere dal momento che Remanso - creazione firmata da Nacho Duato nel 1997 al New York City Center - “è espressione di amore giovanile e dell’amicizia tra uomini senza connotazioni sessuali” precisa il coreografo spagnolo. Per la prima volta alla Scala questo lavoro riporta in scena Roberto Bolle dopo le memorabili recite di Onegin dello scorso mese di settembre. L’indiscussa punta di diamante della troupe milanese qui è impegnata a veicolare la celebrazione della gioia di esistere in un breve segmento coreografico che trae spunto da una poesia di Federico García Lorca. Un trio maschile, questo, che l’étoile condivide, alla prima, con i due ballerini scaligeri Nicola Del Freo e Mattia Semperboni proponendo complicità, dialogo e gioco sulle note di Enrique Granados qui rispolverate al pianoforte da Takahiro Yoshikawa.

Al giovane coreografo Philippe Kratz è dato spazio, invece, nella sezione centrale dello spettacolo con la sua nuova creazione appositamente concepita per il Corpo di Ballo della Scala su invito del Direttore Manuel Legris, Solitude Sometimes. Cesellata sulla musica elettronica dei Radiohead e del canto di Thom Yorke il lavoro ha una cardinale valenza antropologica dal momento che recupera alcuni tratti del racconto mitologico egiziano del Libro dell’Amduat per riproporre, rarefatti, i temi della metamorfosi e della stasi, del buio e della luce, della morte e della rinascita, della resilienza e della ripresa. Tematiche che ancora una volta solleticano, anche qui, l’umana sensibilità contemporanea e coreograficamente rese da una originale modulazione dello spazio scenico e dell’azione coreica dei danzatori in quel continuo movimento da destra a sinistra che sostanzia e impreziosisce il vocabolario scelto. “Una specie di stream of consciousness” la definisce Kratz e che sembra trovare iconica trasfigurazione nella dinamica senza fine, sensuale e solenne, malinconica ed eccitante, avvolgente e carezzevole che egli decide di affidare ad un organico di quattordici artisti in cui traspare l’idea della perenne dialettica tra individualità e collettività. Degna di menzione l’androgina performance del ballerino solista Navrin Turnbull.

A chiudere la serata Bella Figura, la pièce di Jiří Kylián del 1995 - presentata alla Scala per la prima volta nel 2009 - che torna a mostrare l’essenza e la purezza del mistero posto a fondamento del gioco di forze tra danzatori e danzatrici divenendo “una parabola sulla relatività in senso lato di sensualità, bellezza ed estetica” come ebbe a precisare il coreografo ceco. L’idea del bello modulata nella tempra maschile e femminile, nelle affascinanti cromature, nei perimetri dello spazio scenico, qui sembra imporre una riflessione anche sul ruolo dell’artista impegnato, inequivocabilmente, a mostrare e tutelare, sempre, la sua “bella figura”; un dialogo anche tra fantasia e realtà, metafisico ed empirico, affidato, in questo caso, ad Antonella Albano, Alice Mariani, Marta Gerani, Giulia Lunari, Giulia Schembri, Marco Agostino, Claudio Coviello, Emanuele Cazzato e Marco Messina.

Si può, dunque, sostenere che sotto diversi rispetti il Ballo scaligero ha avuto modo di mostrare, con questo secondo appuntamento della stagione, la modulazione del repertorio contemporaneo e delle nuove sperimentazioni coreiche trovando nelle urgenze dell'odierno e nella leggerezza tra gli archetipi di genere una delle più interessanti chiavi di lettura per ripensare l’esistere nell’arte.

Vito Lentini

Ultima modifica il Domenica, 19 Febbraio 2023 11:36

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