da L'Asino d'oro di Apuleio
coreografie: Andrè De La Roche
regia: Renato Giordano
con Peppe Barra, Piero Carretto, Francesca Marini e il Balletto di Roma
Roma, Teatro Olimpico, dal 21 ottobre al 2 novembre 2008
Un amore contrastato nella notte dei tempi, l'invidia degli dei e degli uomini, crudeltà e incantesimi, riti misterici, episodi drammatici, passione erotica. È «La favola di Amore e Psiche». Ce la raccontò Apuleio due secoli avanti Cristo. Ora il mito è stato rivisitato in uno spettacolo di danza, musica e canzoni, all'Acacia. Renato Giordano ne cura la trasposizione scenica, André De La Roche e i giovani artisti del Balletto di Roma animano i quadri coreografici, ma è Peppe Barra (nella foto in una scena) che la fa da mattatore: con la sua vis comica di narratore innesta sulla prosa poetica di Apuleio il linguaggio sapido, allusivo e popolaresco che risale alla tradizione favolistica napoletana dei «cunti» seicenteschi di Basile. L'incipit è quello classico delle fiabe: un re e una regina avevano tre figlie e una di esse, la vergine Psiche, era tanto bella da suscitare l'invidia di Venere. Così la dea incarica Cupido-Amore di trafiggerla con un dardo che accenda nella rivale la passione per un essere mostruoso. Ma Amore resta ammaliato dalla fanciulla, uno Zefiro la conduce in un castello incantato e qui Psiche conosce la voluttà con il divino amante. La narrazione di Barra è un godimento. Cos'è l'amore? Un'ape dorata o un nero tafano, con il loro pungiglione insinuano un veleno dolce e crudele. E qui, allude malizioso, il pungiglione dello sposo celeste è dolcissimo nell'arare il campo del piacere. Nel dipanarsi di avventure e peripezie, Barra presta la sua mimica impagabile ai contrasti di uomini e dei, alla perfida gelosia delle sorelle, alle tresche di Venere che tradisce Vulcano con Marte. E dà voce a canzoni ora appassionate, ora di ilare arguzia. Le coreografie di De La Roche (che impersona Amore) sono ispirate alla modern dance, su musiche che evocano risonanze etniche ed echi mediterranei. Francesca Nunzi e Francesca Marini interpretano i ruoli femminili nella recitazione e nel canto, Piero Caretto fa da spalla a Barra, che conquista la platea.
Franco de Ciuceis
per cantare e danzare "L'asino d'oro"
Musica canto e danza si mescolano ne La favola di Amore e Psiche, impegnativa produzione ispirata, e in parte tratta, da L'asino d'oro di Apuleio, ancora in scena all'Olimpico fino a domenica 2 novembre, proposta da due storiche compagnie italiane: quella di prosa di Mario Chiocchio e quella del Balletto di Roma, la più antica compagnia privata italiana di balletto.
La vicenda narrata da Apuleio, nel suo più celebre testo – un romanzo, originariamente intitolato Le metamorfosi – è quella di Psiche, giovinetta di abbagliante bellezza, vittima dell'ira gelosa di Venere che le infligge un terribile castigo: innamorarsi di un mostro. E' Amore (Cupido) però ad innamorsi di lei, salvandola dal suo triste destino, senza però rivelarle la sua identità. Incalzata dalle sorelle invidiose, Psiche non resiste alla tentazione di contemplare il volto dell'amato. Perde, per questo, il suo bene, che potrà riconquistare solo a prezzo di dure prove.
Narrata con malia incantatrice da Peppe Barra – lo si starebbe ad ascoltare per sempre – che canta e recita da par suo, assecondato da Piero Caretto e dalla bella voce di Francesca Marini, la vicenda si snoda agevolmente.
Francesca Nunzi è una Psiche adeguatamente ingenua e però tenace, e André de La Roche un sorprendente Cupido. Convincono meno le coreografie, quasi tutte un po' troppo "televisive", dello stesso de La Roche, affidate ad un gruppo di giovani interpreti scelti ad hoc, tecnicamente forti ma qua e là un po' imprecisi e approssimativi.
Alla regia inprime il giusto ritmo Renato Giordano.
Donatella Bertozzi