Balletto in due atti e quattro quadri di Vladimir Begichev e Vasily Geltser.
Balletto sul ghiaccio di San Pietroburgo.
Musica di Pëtr Il'ic Cajkovskij
Coreografia Konstantin Rassadin, Direttore Musicale Arkady Shteynlucht, Scene e Costumi Mikhail Shavdatuashvili, Direttore Generale Mikhail Kaminov, Regia e Luci Oleg Stepanov, Corpo di ballo Balletto sul ghiaccio di San Pietroburgo,
con Elena Zimina, Marina Maslova, Oleg Yagubkov, Roman Zarucky
Orchestra Teatro Carlo Felice
Teatro Carlo Felice, Genova dal 1 al 5 febbraio 2013
Balletto tra i più celebri e rappresentati, Il lago dei cigni di Ciaikovskij è indubbiamente una pietra angolare della danza classica, banco di prova per misurare la capacità di coreografi, solisti e compagnie nell'affrontare le variazioni, i passaggi e le convenzioni di un classico ormai immutabile del repertorio. Così, tanto più si considera l'alto tasso di codificazione del titolo, tanto più coraggiosa appare la scelta del Carlo Felice di proporne una versione se non inedita quantomeno molto originale: un Lago dei cigni danzato su ghiaccio, in punta di lama, agito su un palcoscenico convertito in pista di pattinaggio grazie a una serpentina refrigerante arrivata per l'occasione dalla Russia. Uno spettacolo singolare e rischioso, inserito com'è nella stagione di balletto della Fondazione, a cui ha arriso uno straordinario successo di pubblico pur con il disappunto dei puristi.
Protagonista di questo singolare Lago dei cigni è il Balletto su ghiaccio di San Pietroburgo, che da mezzo secolo porta avanti il tentativo di contaminare le istanze del pattinaggio artistico con quelle della danza classica: se il rischio dell'effetto holiday on ice è sempre dietro l'angolo, il lavoro di ricerca della compagnia è senza dubbio notevole, sia a livello tecnico, sia a livello coreografico.
Prima di storcere il naso, è bene ragionare a fondo sul lavoro del coreografo Konstantin Rassadin, una vita nella danza classica ufficiale al Marinskij e con Grigorovich, poi folgorato dalle potenzialità del ghiaccio, che dagli anni Ottanta tenta di riportare in punta di lama alcune tecniche proprie del balletto classico. Con risultati sorprendenti.
Se la danza ufficiale resta necessariamente distante, occorre prendere atto che non si tratta di un baracconesco show on ice con ex glorie olimpiche in prepensionamento, ma di un genere nuovo e giovane, che tenta un dialogo difficile ma di grande suggestione tra due mondi diversi ma non inconciliabili. E la rivisitazione su ghiaccio di molte delle variazioni e delle figurazioni codificate da Marius Petipas per il Lago dei cigni tradizionale, sta lì a dimostrarlo.
Certo, lo specifico spettacolare della versione su ghiaccio porta a una riduzione dell'organico (i cigni, ad esempio, sono 14 invece dei canonici 24, su una compagnia che in totale conta 31 elementi), ma la velocità del movimento sulle lame permette di plasmare la coreografia con altrettanto vigore, pur con una diversa grazia nella resa dei movimenti canonici della danza accademica. Insomma, un esperimento interessante, da accettare nella sua singolarità.
A livello sinfonico, il più rapido avvicendarsi di scene e variazioni è assecondato con generose sforbiciate alla partitura. Tra i maggiori limiti dello spettacolo, il rumore delle lame sul ghiaccio, che ha costretto l'Orchestra del Carlo Felice a eseguire alcune parti con un'enfasi quasi bandistica: pur con un'esecuzione generalmente di alto livello della pagina di Ciaikovskij (con una notevole prova del primo violino nel solo della danza russa), il volume si è reso necessario per mascherare il violento sfrigolare delle lame durante le evoluzioni.
Nota estremamente positiva la grande risposta del pubblico, che ha affollato la sala con entusiasmo in tutte le recite: moltissimi gli adolescenti e le famiglie in sala, a dimostrazione che – seppur attratto da uno spettacolo certamente sui generis – esiste un pubblico nuovo disponibile a prendere d'assalto il teatro con quell'entusiasmo purtroppo spesso assente nelle produzioni più tradizionali della Fondazione. Con le relative ricadute sul botteghino.
Matteo Paoletti