coreografia e regia Roberto Zappalà
musiche Frédéric Chopin (24 preludi per pianoforte op.28 - al pianoforte Grigory Sokolov rec. Parigi, 17/06/1990)
collaborazione alla drammaturgia Nello Calabrò
danzatori Eli Cohen, Maud de la Purification, Sonia Mingo, Camilla Montesi, Fernando Roldan Ferrer, Ariane Roustan, Blanca Tolsa Rovira, Valeria Zampardi stagière Michela Cotterchio
luci e costumi Roberto Zappalà
realizzazione costumi Debora Privitera
taglio parrucche Antonio Gulino Parrucchieri ed Estetica
assistente alle coreografie Ilenia Romano
management Maria Inguscio
una produzione Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza – Centro di Produzione della Danza
in collaborazione con Teatro Giuditta Pasta di Saronno
Debutto a Scenario Pubblico, Catania, il 26 ottobre 2017
Chopin come terapia di gruppo nella danza di Zappalà
C'è qualcosa di disturbante nell'interferire dei corpi l'una dell'altra; nel groviglio urticante del loro comporsi e scomporsi; nel rotolamento caotico e nei gesti minimali che li sorprende e li mette a fuoco. C'è, contemporaneamente, una leggerezza ineffabile, un'euritmia sottesa, una complicità tutta umana in quei corpi energici, ricalcitranti, ridenti, scompaginati nella mente e nel ginepraio fisico che li accomuna. C'è una femminilità animalesca, alternata a una più delicata, che si placa e riesplode, muta in tenerezza, in sensualità, in ironia. È un flusso di pura danza quello che scorre e anima lo spazio nudo dei 24 Preludi coreografia del 2006 che Roberto Zappalà, sulla musica di Chopin, ha rimontato per sette donne e un uomo della sua compagnia, nell'ambito del progetto "Antologia", una ricostruzione di alcuni lavori del passato che hanno segnato il processo creativo di uno tra i più interessanti autori della danza italiana degli ultimi anni, che, da quel luogo di creatività quale è la sede di Scenario Pubblico, a Catania, continua a concepire ulteriori illuminate visioni. Questa nuova versione di 24 Preludi parte dalla coreografia del 2005 Fouldplay ispirata al brano di Beckett Commedia, suddividendola in due parti: la prima mantiene lo stesso nome, alla seconda si aggiunge il titolo Terapia di gruppo. Ed è in tale dinamica che si agitano i temi trattati: quelli dell'amore e della follia. Entrambi contagiosi, trasportandoci in quel mondo dove tutto è possibile perché libero. Ispirandosi al meccanismo della ripetizione beckettiana la prima parte ha tre interpreti in gonne nere, con brevi sequenze gestuali in accelerazione e in diminuendo. Un contrasto muterà l'azione, le luci e l'atmosfera. Sembrano bambole clonate le sette danzatrici che entreranno in abiti succinti e parrucche a caschetto, tutte di un colore verde elettrico. Come elettrica è la loro danza che parte da zone di buio e da quadrati di luce sparsi nello spazio scenico dove questa sorta di svagate amazzoni si assembrano in branco o isolandosi, per poi dividersi, disturbate dalla presenza di un uomo che entra inglobandosi nel gruppo, sorpreso ad osservare e ridere, gesticolando tic, toccando le donne e stuzzicandole. Il climax di piccole storie che scaturiscono, è quello di una felice follia in cui i tutti i sensi sono in pace con sé stessi. E liberi. Eccoli allora gli interpreti sobbalzare, strisciare a terra, rotolarsi. Si abbracciano continuamente poggiando la testa sulla spalla l'una dell'altra con posture sbilenche, con tic ripetuti e goffi, dandosi bacetti sonori in tutte le parti del corpo; corrono in tondo e si rincorrono formando svariate coppie; si disperdono nello spazio sfoggiando seduzioni, tra meccanicità e abbandono. L'ironia abbonda e si trasmette in quei tremolii dei piedi, nelle oscillazioni delle braccia, nell'ululare e cantare, nei giochetti infantili, nell'ansimare all'unisono al ritmo del fiato, per finire con l'uomo in costume pinne e maschera subacquea che ride e nuota e si dà bacetti. Tutto questo magma cinetico e psicofisico s'innesta sorprendentemente con le sublimi note per pianoforte di Chopin ora sognanti, ora furibondi, ora sospese, che s'innestano perfettamente nei movimenti e tratteggiano, accompagnano, sublimano le linee severe di una danza visionaria che rompe felicemente gli schemi e le congetture di un tale connubio.
Giuseppe Distefano