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PARC (LE) - coreografia Angelin Preljocaj

Le parc Le parc Coreografia Angelin Preljocaj

musica: Wolfgang Amadeus Mozart
coreografia: Angelin Preljocaj ripresa da Noémie Perlov
direttore: Marcello Rota
scene: Thierry Leproust
costumi: Hervé Pierre
pianoforte: Takahiro Yoshikawa
con Aurélie Dupont e Massimo Murru
corpo di ballo del Teatro alla Scala
Milano, Teatro alla Scala 2007

La Stampa, 28 ottobre 2007
Corriere della Sera, 27 ottobre 2007
Il Manifesto, 21 ottobre 2007
Avvenire, 20 ottobre 2007
Danzando a cuori nudi nel parco della Scala

Giochi d'amore in un parco francese. Batticuori e battibecchi. Parrucche incipriate e ingombranti panier. Di giorno si scherza ma quando scende l'imbrunire il gioco si fa serio. Poi all'alba, finalmente, i cuori cedono e la passione travolge. Alla Scala di Milano è arrivato Le Parc, delizia di danza in un Settecento stilizzato, di Angelin Preljocaj, coreografo francese di origine albanese, che, nato nella nidiata della nouvelle danse degli anni '80, ha sviluppato uno stile suo, un carattere che non disdegna l'aspetto narrativo, per quanto sempre emulsionato in un contenitore dove il contemporaneo è mescolato al classico.

Fa piacere allora rivedere alla Scala (sino al 14 novembre) questo balletto nato nel 94 per l'Opéra di Parigi dove alla musica di Mozart si uniscono ampi inserti contemporanei di Goran Vejvoda. Perché, oltre ad essere uno dei lavori più compiuti di Preljocaj, è danzato molto bene dalla compagnia milanese che si cala alla perfezione nello stile del coreografo francese fatto di gesti secchi, seguiti spesso da improvvisi abbandoni subito trattenuti. Al centro la coppia principale: Aurélie Dupont dell'Opéra di Parigi e Massimo Murru, stella scaligera.

Dunque Le Parc. Perché è il parco, un labirinto di aiuole e alberelli alla francese dove la natura è ridotta a un disegno razionale, il luogo deputato per la ritualizzazione dei giochi amorosi. «La capacità di resistere porta ad intensificare il desiderio; questa volontà di bloccare i progressi della passione finisce per esaltare di più l'amore», manda a dire il coreografo. Il tutto ambientato in un parco stilizzatissimo e condito con costumi che fermano un'epoca ideale a cavallo fra '600 e '700 e rimandano alla grande pittura del periodo. E come non citare almeno Watteau? Prima scena nel parco in una giornata di primavera. Giochi di corteggiamento, piccoli scontri, ragazze e ragazzi portano marsine e pantaloni attillati. Pomeriggio nel parco con dame in ampi panier e continui svenimenti. Imbrunire con scherzi più «pesanti». Ragazze vestite solo di corpetto a camiciola che prima di andare a dormire si concedono un'ultima passeggiata ammiccante, con i ragazzi, in brache e giustacuore, le cui richieste si fanno più esplicite. Ma è solo all'alba che la resistenza lascia il posto all'abbandono e il gioco fra Murru e Dupont si fa serio: il balletto si conclude con un lungo bacio e un appassionato duetto d'amore. E se proprio vogliamo trovar da ridire sarebbe piaciuto un po' più di fuoco e meno languore fra i due dopo tanti marivaudages.

Sergio Trombetta

Belli i costumi ma «Le Parc» è lento e freddo

Le Parc di Angelin Preljocaj, in scena alla Scala - non nell' allestimento originale del 1994 all' Opéra di Parigi, ma in quello, meno «galante», del Balletto di Berlino - fino al 14 novembre, ha perduto una parte del suo spirito libertino e delle malizie rococò sostenute dalle musiche di Mozart, per acquistare toni più cupi e maligni. Le scene di Thierry Laproust eliminano il Parco del ' 700 e lo sostituiscono con muretti di mattoni, piante di metallo che forse indicano lugubri gabbie vuote, che non accettano armonie e seduzioni. In questo ambiente, nei costumi bellissimi e d' epoca (pensiamo a Watteau, e un pò a Fragonard ) creati da Hervé Pierre, gli artisti raffigurano l' ingresso di un altro mondo in contrasto, le loro «fêtes galantes» sembrano casuali o estranee allo spirito della vicenda. I quattro giardinieri che - sulle musiche di Vejvoda - aprono, guidano e chiudono lo spettacolo, finiscono per somigliare a guardie giurate, di cui non si vede, oggi, la necessità. Preljocaj racconta il percorso di una coppia verso la felicità. Per arrivare al passo a due finale (il punto più vero) gli innamorati passano attraverso giochi, sacrifici sentimentali: lo stile coreografico è moderno, angoloso e incline al grottesco. Non ci sono slanci coinvolgenti, tutto è bello e freddo, e non c' è nulla di aristocratico; se ben ricordiamo, l' edizione parigina era scintillante, ricca d' amore, alla Scala tutto è lento, opaco, e neppure la musica di Mozart emanava luce, malgrado la buona direzione di Marcello Rota e la bravura del pianista Yoshikawa. Il Ballo della Scala è in grado di sostenere un impegno coreografico così lontano dalle sue abitudini? Massimo Murru è l' eccellente protagonista, elegante, ma non troppo appassionato; Aurélie Dupont (foto) riesce a dare una idea drammatica della dama prima ritrosa poi innamorata, in un duetto che ha, fra lunghi baci accennati e poco fini fremiti carnali, una finta sensualità. Il pubblico è stato alla fine generoso di applausi. Anche per il coreografo, di cui la Scala potrebbe accogliere lavori più importanti e più suoi.

Mario Pasi

Se Cupido è un giardiniere un po' robotico
Alla Scala «Le Parc», lavoro che Preljocaj firmò nel 1994 per il Balletto dell'Opéra di Parigi

A dare un occhio ai cartelloni teatrali 2007/2008, Milano non sembra avere per il futuro molto da offrirci riguardo alla danza contemporanea. Peccato visto il successo di questo mese d'ottobre, in controtendenza con la penuria futura. La settimana scorsa si è chiuso il festival MilanOltre che ha portato in città un altro artista intrigante dopo la rivelazione israeliana Hofesh Shechter: lo spagnolo trapiantato a Londra Rafael Bonachela. Graffio postclassico impregnato da un pulsare d'energia in cui respira la tensione dei nervi oltre che dei muscoli. Spettacolo di cui segnaliamo Set Boundaries, rabbioso sestetto tempestato da immagini video e dalle parole di un curdo che cerca asilo in Inghilterra.
Anche sul fronte scaligero, solitamente molto classico, ottobre è il simbolo di una apertura verso la contemporaneità. È avvenuto con Angelin Preljocaj, coreografo tra i più noti del panorama d'oltralpe, alla Scala con Le Parc. Nato in Francia da emigrati albanesi, Preljocaj è dagli anni Ottanta il volto di una danza dal segno raffinato e conturbante. Ai ballerini scaligeri aveva già dato nel 2002 la sua bellissima Annonciation, seguita nel 2005 da La Stravaganza, un lavoro sul rapporto tra memoria e presente.
Titolo di coda della stagione 2006/2007, Le Parc (repliche il 23, 25, 27 ottobre, 7, 10, 14 novembre) è un lavoro in tre atti e un epilogo che Preljocaj firmò nel 1994 per il Balletto dell'Opéra di Parigi. Alla Scala è stato rimontato con protagonisti l'étoile del teatro Massimo Murru e l'ospite parigina Aurélie Dupont, accompagnati dal Corpo di Ballo milanese. Uno spettacolo sull'amore e sui suoi percorsi costruito su pagine mozartiane come l'Adagio del Concerto per pianoforte n. 23, uno spettacolo sulla resistenza alla passione che riporta in scena il '700 de la Carte de Tendre e de Les Liaisons dangereuses in un rituale sui tormenti del desiderio. Uno spettacolo che quando nacque nel 1994 ricollegava in una contrazione temporale piuttosto curiosa quanto drammatica, il cammino della resistenza e della capitolazione all'amore di '700esca memoria a qualcosa di ben più attuale: per dirla con Preljocaj, «la confusione della crisi, in preda al dubbio, faccia a faccia con l'aids». Tema che l'artista affida al contrasto tra la danza di quattro giardinieri meccanici che come «cupidi contemporanei» guidano nel parco le relazioni tra i due protagonisti e una danza in cui la forma, il rigore delle linee, l'abito settecentesco sono simbolici scudi via via in distruzione. Un lavoro che oppone i sessi tenendoli inizialmente a distanza (primo atto) per poi rivelarne in successione gli ardori e i lamenti: un viaggio verso la resa della donna nelle braccia dell'uomo in un abbandono avvolto da un senso sottile di morte e di fine (terzo atto). Magnifici i tre passi a due con Murru e Dupont nei quali il bacio in spirale vorticosa del terzo è un cammeo e ottima prova per il corpo di ballo alle prese con uno stile nel quale il virtuosismo è arte del dettaglio.

Francesca Pedroni

Danza, trionfale Preljocaj alla Scala

E' una lezione di lucido equilibrio compositivo tra astrazione e realtà, tra vecchio e nuovo, tra purezza classica e fremiti quasi hip hop, Le Parc di Angelin Preljocaj, balletto che, creato per l'Opra di Parigi nel 1994, la Scala ha ora acquisito e fatto entrare in repertorio. Senz'altro da giudicare tra le cose stilisticamente più riuscite del coreografo francoalbanese, a tutt'oggi uno fra i più apprezzati della scena internazionale. Stilisticamente, anche se poi il lavoro scivola verso un freddo estetismo. Di più, si raggela nella concettualità.
Che intende, infatti, esprimere Preljocaj con questo Le Parc, la cui scena imponente, postmoderna, diventa giessa stessa un luogo mentale. Per quella che si potrebbe definire una sorta di metafora. La metafora dell'amore. O, meglio, del sentimento dell'amore.
Metafora che il coreografo costruisce come una sorta di grande minuetto garbato ed elegantissimo, ma anche qua e là feroce e spudorato. E che, per rendere chiara, sceglie di ambientare (la cosa suggerita dai bellissimi costumi di Hervé Pierre) nel mondo aristocratico francese del Grand Siècle e del Settecento, il secolo della galanteria, di Laclos e di Fragonard. Una società in cui l'obbligo di rispettare rigorosamente determinati codici non poteva che intensificare i sentimenti amorosi.
Codici di seduzione, le sue strategie, le sue raffinatezze, le sue delicatezze, anche le sue morbosità. I tre quadri movimentati allora e sull'onda emotiva di una colonna sonora che attinge alla lucentezza della musica di Mozart (dirige con finezza Marcello Rota, al pianoforte Takahiro Yoshikawa), da giochi e sfide, provocazioni e curiosità di coppie che, in realtà, salvo quella protagonista, risultano estranee fra loro.
Il tutto costruito da Prejlocaj con un lessico ardito, curioso, che mette a non facile prova i danzatori. Prova che i giovani danzatori scaligeri superano brillantemente, con bella energia e volontà. Desiderosi, una volta tanto, di uscire dai polverosi e troppo classici balletti ottocenteschi. Bravi. Anzi, bravissimi. Come lo sono Massimo Murru e l'étoile dell'Opéra Aurélie Dupont (artista di rara felicità espressiva), la coppia centrale a cui il coreografo dà in pegno tre originali pas de deux, l'ultimo un vero gioiello. Il pubblico apprezza e applaude con calore.

Domenico Rigotti

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 09:59
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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