di fronte al dolore degli altri
coreografia e regia: Virgilio Sieni
con Simona Bertozzi, Ramona Caia, Claudia Catarzi, Massimiliano Barachini, Leone Barilli, Pierangelo Preziosa
musica: J. S. Bach Sonaten - Viola da Gamba und Klavier
costumi Giulia Pecorari
luci Vincenzo Alterini
compagnia Virgilio Sieni
Reggio Emilia, RED Festival- Reggio Emilia Danza, Teatro Cavallerizza, 11 maggio 2007
Firenze, Cantieri Goldonetta, 23-25 giugno,
Bolzano Danza, 16 luglio
Virtuosismo mozzafiato, incredibile capacitdi volare, eleganza e classe superiore. Naturalmente parliamo di colui che stato definito 'il pigrande danzatore vivente', del lettone Michail Baryshnikov. La superstar transfuga dal Kirov (era il 1974) che a lungo fu il rivale del russo Nureyev. Apollineo nella concezione del mestiere, amante della perfezione proprio come il mitico Rudolf, il piccolo-grande Misha ha danzato i ruoli classici sino a quandostato in grado di affrontarli. E dopo aver mutato le coordinate del balletto accademico ha sposato il linguaggio contemporaneo e se nefatto paladino. Cos, a 60 anni da poco compiuti, riesce a dimostrare quanta voglia abbia ancora di stare in scena e di dare lezione di stile. Come avviene in questa eccezionale sua presenza al Mittelfest di Cividale del Friuli, risultata l'evento di questa 17edizione, ultima diretta da Moni Ovadia. Edizione che, incentrata sul temaCostruire il tempo, mette in vetrina svecchie glorie (ecco nella storica chiesa di San Francesco anche Giovanna Marini che con Ritorno ad Aquileia ripropone – come solo lei sa fare con il suo sapere e la sua voce straordinaria – antiche e ineffabili musiche del famoso Patriarcato), ma lancia un ponte a anche ai giovani attraverso la sezioneFragili futuri.
E regala anche un testo attualissimo e pieno di mordente come Lina di Massimo Salvianti e, nella riscrittura del piaudace degli scrittori tedeschi Han Magnus Enzensberger, riporta alla luce un Calderon de la Barca del tutto dimenticato: La figlia dell'aria in cui protagonista Semiramide, mito sovrano e negativo. Una serata, giil titolo lo indica, Three duets, quella accesa da Baryshnikov, modulata sul format del duetto e dove egli ha al fianco una delle pidotate, sensibili e squisite danzatrici del nostro tempo, Ana Laguna. Tre pezzi che conquistano il pubblico dell'affollatissimo teatro Giovanni da Udine del capoluogo friulano. Dove il primo dal lunghissimo titolo (che risparmiamo) ci consegna un Baryshnikov che duetta scherzosamente con David Neumann autore del lavoro non proprio memorabile. Un maestro che insegna all'allievo (o viceversa) come si pue si deve danzare. Altra invece la qualitdei due brani successivi. E qui a firmare un nome illustre, lo svedese Mats Ek, marito della Laguna. Ha ruolo marginale Misha in Solo for two, mentre la sua partner ha modo di dispiegare tutte le sue formidabili qualit. Nel finale Place, creato per i due e in cui Ek si rivela epigono di Ingmar Bergman fotografando un interno di vita familiare (amicizia, effusioni sentimentali, ma anche lotte e incomprensioni), Baryshnikov ha la possibilitinvece di risfoderare gli artigli del vecchio leone, anche se diventati magari artigli un po' smussati. Ma il pubblico non ci bada e per lui e la Laguna solo ovazioni finali.
Domenico Rigotti
Danzare l’angoscia, la paura, la morte assurda e ingiusta: impresa che tuttavia riesce nella lancinante bellezza, madida d’intensità, di Sonate Bach – Di fronte al dolore degli altri, coreografia di Virgilio Sieni che ricorda in una suite di undici danze altrettanti luoghi e date di efferate tragedie di guerra, genocidi, stragi terroristiche.
Jenin, Sarajevo, Kabul, Tel Aviv, Istanbul, Gaza, Beslan, Baghdad, Kigali sono nomi che scorrono sul fondale nero a ogni incipit di assolo, passo a due, terzetto o insieme dei quattro interpreti in costumi quotidiani, ma non c’è una riconoscibilità geografica, o una possibile localizzazione del dolore neppure nell’assolo femminile intitolato a Bentalha, la città in cui fu scattato, da Vocine, quel ritratto di “madonna algerina”, annientata e dolente dopo aver appreso della morte di tutti i suoi figli. Sieni si è ispirato alle immagini di cronaca – infallibili documenti di una memoria visiva altrimenti labile -, ma le ha trasformate in un flusso di danza macerata da gesti quotidiani, da posture della prediletta toscana del Trecento (suoi i riusciti Dialoghi sulla deposizione per MaggioDanza), persino da citazioni coreutiche, come la Pavana del Moro di José Limon che appare e scompare in controluce nel quartetto dedicato a Srebrenica.
Il protendersi di busti e braccia in cerca d’aiuto e lo svenire e l’accasciarsi dei danzatori vengono reiterati nella coreografia con musica dal vivo, adagiata sul palcoscenico nudo della Cavallerizza (al Red di Reggio Emilia, dopo l’anteprima a “Chiassodanza”), assieme ai giri vorticosi, al piede che esce dal magma corporeo e oscilla una, due, tre volte quasi per ragguagliarci sulla vastità espressiva di ogni singola parte del corpo.
Un video del 1994, I cani di Sarajevo di Adriano Sofri, mostra al termine della seconda sonata bachiana per pianoforte e viola da gamba, le sagome consunte di randagi in cerca di cibo; animali tanto simili agli umani nell’incedere spaesato e stanco. L’invito a uno spettatore in sala perché si presti a partecipare all’undicesima scena delle Sonate giunge prima che un velo di carta geografica copra due ipotetiche “salme”.
Sieni non rinuncia ai tocchi multimediali e performativi della sua ricerca; tuttavia, nella manovra etico-estetica di avvicinarci e distanziarci dallo strazio di guerre quasi quotidiane, avvalora soprattutto il suo talento compositivo. La danza preesistente a se stessa, e ben prima che il movimento sia, è quella che egli sa rivelare: qui con esiti di rara pregnanza e sensibilità, grazie al corpo nodoso e drammatico di Simona Bertozzi, all’attonita magrezza di Ramona Caia, alla massiccità di staticità di Pierangelo Preziosa e all’irregolarità fisionomica ma quanto forte di Massimiliano Baracchini.
Marinella Guatterini