coreografia: Anne Teresa De Keersmaecker
musiche: Steve Reich, György Ligeti
Roma, Auditorium, 3 e 4 aprile 2008
Il festeggiato è lui, Steve Reich. Il settantenne musicista statunitense che in modo decisivo ha espresso quella riduzione del materiale sonoro che si identifica con il minimalismo, calandovi anche, come in un calco, la sua fede israelitica. Erede ultimo della migliore tradizione sperimentale americana. La Fondazione Musica per Roma, nella propria sede dell'Auditorium Parco della Musica, gli ha dedicato un piccolo, intenso omaggio. Di cui riferiamo qui in particolare il momento della proiezione gestuale, per così dire: nella danza della coreografa belga Anne Teresa de Keersmaeker che da anni lavora ad una sintonia espressiva con la musica di Reich. Alla guida della propria compagnia di danza Rosas ha rappresentato nell'Auditorium, in prima nazionale, Steve Reich Evening, frutto appunto di una ricerca che, fin dal celebre Drumming del 1989, ha portato la Keersmaeker a compenetrarsi stilisticamente nel tessuto musicale dell'americano.
In questa 'serata' romana di esordio la fusione non riguardava tanto il versante religioso quanto le forme astratte di sperimentazione strutturale, insieme ad altre composizioni di Gyorgy Ligeti. Ne è risultata una antologia essenziale di prodotti sempre fragranti di novità, creati insieme al gruppo Rosas dopo che la Keersmaeker si era affrancata dal classicismo del grande maestro Béjart, per poi incidere profondamente nella cultura coreutica fiamminga.
Lo spazio vuoto della scena, mosso solo dalle luci discrete di Remont Fromont, diventa in questa performance spazio sonoro per le oscillazione di un lungo pendolo musicale o per le martellanti ripetizioni di partiture per pianoforte o tastiera, e fa vibrare la gestualità di danzatori e danzatrici, secca, altrettanto minimale ma anche lineare, fluida, veloce.
La sera prima si è potuto ascoltare l'omaggio all'«altro» Reich, intimamente mistico, in Proverb del'95 e Tehillim, tratto dai Salmi della Bibbia; accanto all'esecuzione de La banalità del male, che rievoca il viaggio dolente verso i campi di sterminio.
Toni Colotta