coreografia e regia: Virgilio Sieni
musiche live: Stefano Scodanibbio
scene: Lorenzo Pazzagli
luci: Vincenzo Alterini
con Simona Bertozzi, Ramona Caia, Cristina Rizzo, Virgilio Sieni
Ferrara, Teatro Comunale, 29 e 30 novembre 2007 (prima assoluta)
Lontani quadri del rinascimento, forse richiamati d'un tratto, da una fotografia scattata in Kosovo nel 1990 da Georges Mérillon, una veglia funebre, sono, stando a quel che ci dice l'autore, provandocelo anche, la scaturigine da cui nasce Tregua, la nuova azione coreografica realizzata da Virgilio Sieni, presentata a Ferrara, nel corso di due serate di danza contemporanea. Con nella memoria le opere di Cosmè Tura e del Bernini, osservare la fotografia del Mérillon pubblicata nel programma di sala, dare un'occhiata ai bei disegni che ne ricava il Sieni stesso, stampati nella locandina dello spettacolo, e durante la rappresentazione le connessioni appariranno con evidente chiarezza.
Per Tregua, egli ha chiesto la collaborazione di Stefano Scodanibbio, il quale per la première era in scena, al margine, col suo contrabbasso. L'azione è divisa in due parti, la prima affidata a Simona Bertozzi, Ramona Caia e Cristina Rizzo; si svolge quasi interamente all'interno di un cilindro di tessuto leggerissimo e trasparente ed è quella in cui le connessioni figurative di cui s'è detto sono più evidenti. La seconda parte è un solo di Sieni che maggiormente astrae da quelle referenze ed ha anzi un qualcosa di quell'orientalismo, le connessioni ai gesti dell'arte marziale che sono profondamente penetrate nella danza contemporanea a opera soprattutto di Merce Cunningham, la cui lezione non è affatto celata dal coreografo e danzatore fiorentino.
Scodanibbio stende la sua musica su ambo le sequenze. Non si avverte un'interazione immediata, ma un decorrere contemporaneo il cui senso è suggerito dall'azione visiva che, più facilmente, sa produrlo. È il senso della dolorosa passione femminile in quello spazio notturno fotografato da Mérillon e visto in decine di deposizioni, in gruppi marmorei o in quella della chiesa della Vita a Bologna. Sono brevi evoluzioni che portano a un climax nel quale spesso l'azione si ferma per un attimo, per poi sciogliere con le tre danzatrici che ritornano nell'ombra.
La musica di Scodanibbio è una rielaborazione di Voyage that never ends, pagina per contrabbasso registrata dalla New Albion nel 1998, ma qui allargata e riveduta, fatta quasi esclusivamente di suoni armonici, spesso in pianissimo. La scena cattura l'attenzione, ma non toglie il respiro. S'avverte la continua presenza del pensiero, della capacità riflessiva e il richiamo costante al tema, che nella seconda parte si fa più sfumato, con Sieni che, statuario in volto, elabora una fantasmagorica catena di evoluzioni. Affascina la statuarietà del continuo movimento, l'ossimoro in atto quasi in contrasto con la musica di Scodanibbio, un archetto sublime nel caratterizzare il suono, ma un agire piuttosto limitato sul manico dello strumento. Applausi a non finire, al termine della performance.
Giampiero Cane