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ANTOLOGIA VERISTA - direttore Valerio Galli

"Zanetto", regia Alessio Pizzech. Foto Ennevi "Zanetto", regia Alessio Pizzech. Foto Ennevi

Antologia Verista
Pietro Mascagni Sinfonia da Le Maschere

Alfredo Catalani Preludio atto III da La Wally op. 57
Pietro Mascagni Intermezzo atto III (Il Sogno) da Guglielmo Ratcliff
Francesco Cilea Intermezzo atto II da Adriana Lecouvreur
Pietro Mascagni Intermezzo da Cavalleria rusticana

Zanetto
Opera in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci
tratto dalla commedia Il viandante di François Coppée
Musica di Pietro Mascagni
Direttore Valerio Galli
Regia Alessio Pizzech
Assistente alla regia Lorenzo Lenzi
Scene Michele Olcese
Costumi Silvia Bonetti
Luci Paolo Mazzon
PERSONAGGI E INTERPRETI
Silvia, cortigiana Donata D’Annunzio Lombardi
Zanetto, giovane poeta e cantore Asude Karayavuz
Nuovo allestimento della Fondazione Arena di Verona
ORCHESTRA CORO E TECNICI DELLA FONDAZIONE ARENA DI VERONA
Maestro del Coro Vito Lombardi
Direttore allestimenti scenici Michele Olcese
Verona, Teatro Filarmonico, 9 maggio 2021

www.Sipario.it, 11 maggio 2021

La fortuna aiuta gli audaci. In queste dannate stagioni teatrali 2020 e 2021, chi è riuscito a mantenere attivo, nonostante tutto, un minimo di organizzazione e di operatività dei propri organici teatrali e di programmazione, passandoli allo streaming in diretta, alla diffusione su TV locali ma tenendo sempre operativi gli organici teatrali stabili, non si è fatto cogliere di sorpresa dalla ripresa delle attività in presenza di pubblico. Il calendario della stagione artistica 2021 della Fondazione Arena di Verona è riuscita quindi a tener fede ai suoi appuntamenti e approdando il 9 maggio alla riapertura del Teatro Filarmonico con l'atto unico Zanetto di Piero Mascagni preceduto da una Antologia Verista, preludi e intermezzi da quel repertorio un pò abbandonato, ma popolare tra le due guerre, di fine '800 del teatro musicale italiano. 
Occorre dare atto dalla Sovrintendenza areniana di aver praticato, nell'ambito della stagione musicale fin qui prodotta, alcune scelte indirizzate di un repertorio desueto. Ha giocato la necessità di non dover avere grandi numeri in orchestra, artisti distanziati in palcoscenico, procedendo alla ricerca di particolarità musicali come il Ponchielli comico e questo allestimento del mascagnano Zanetto, oggetto in questi ultimissimi anni di rinnovato interesse: servono due buone voci e un coro in retropalco e una orchestra di archi e legni. Qui a Verona al Filarmonico l'abbiamo vista introdotta, giusto per una ripassata di stile, da una ottima Antologia Verista, una interessante combinazione strumentale di cinque brani di preludi, sinfonie e intermezzi dal repertorio più o meno noto di quanto viene etichettato come Verista. Certamente la parte del leone viene riservata a Pietro Mascagni tra la conosciutissimo Intermezzo dalla Cavalleria Rusticana, accanto alle desuete Sinfonia dalle Maschere e Intermezzo del Guglielmo Ratcliff. Cilea con l'intermezzo della Adriana Lecouvrear e Catalani con il preludio dalla Wally proiettano lo spettatore in questo clima musicale che Valerio Galli, da esperto di questo “milieu” musicale, alla guida dell'Orchestra dell'Arena, ha sapientemente gestire dando ampio respiro al complesso strumentale esaltando i momenti di slancio e nel contempo puntualizzando i passaggi rarefatti più liricamente costruiti. Zanetto di Mascagni, scritto nel 1896 come "dono ingresso” del compositore al Liceo Musicale di Pesaro di cui divenne Direttore, fu affidando da Mascagni a due giovani allieve (il soprano Maria Pizzagalli e il mezzosoprano Stefania Collamarini) con l’orchestra sinfonica creata e diretta da lui stesso. Certamente non sono semplici da definire questi atti unici che spesso erano composti su commissione o di tipo salottiero o come prove didattiche, eppure estremamente significative per tracciare percorsi compositivi e ambiti culturali. Decadentismo o Verismo? Ecco che incasellare per forza di semplificazione un'opera musicale italiana a scavalco tra '800 e 900 risulta una operazione assai complessa. Tanto dipende dalle fonti letterarie e suggestioni culturali che inducevano scelte di determinati soggetti dei libretti. Occorre lanciare un rapido sguardo alla storia della nostra letteratura di quel periodo che s da un lato gettava un occhio all'esperienze straniere di nuove fonti estetiche, dall'altra cercava di ancorarsi solidamente alla tradizione descrittiva e narrativa d'ambiente delle prime esperienze veriste. Così tra esigenze del vero e ricerca di altri mondi letterari si mosse anche la produzione di Pietro Mascagni che se nel 1890 produsse la Cavalleria Rusticana sulla base della novella omonima di Giovanni Verga, approdò nel 1896 a mettere in musica questo atto unico musicale dal dramma Le Passant, commedia in atto unico in versi (1869), del poeta francese François Coppée (1842 – 1908), letterato iscritto nell'ambito dei poeti Parnassiani che scrivevano di arte per arte come fine ultimo della letteratura e fu uno degli ultimi letterati francesi che frequentarono il Salotto della Contessa Maffei a Milano nel 1876. Introdotto da Emilio Praga, frequentatore assiduo di quell'ambiente culturale e salottiero, Coppée godeva di una vasta popolarità in Francia come poeta intimista e sentimentale. Fu Sarah Bernhardt nel 1869 a rendere famosa lei stessa la commedia fonte del dramma, che nel 1872 era stata tradotta in italiano da Emilio Praga. Per Mascagni, che nel 1896 diventò direttore del Liceo Musicale Rossini di Pesaro, l’opera fu l’occasione per tentare l’apertura a un nuovo stile e ad atmosfere inedite su libretto elaborato dal tandem Targioni/Menasci. Presentata al Teatro alla Scala 18 marzo 1896 non fu accolta con il favore come la prima esecuzione a Pesaro. L’atto unico si presenta come piccola opera non tanto per la sua breve durata, due soli personaggi che vi agiscono (di cui il title-role è un mezzosoprano en travesti), quanto per il suo taglio decisamente lirico e per una sostanziale assenza di ogni accadimento. Non è altro che il lungo incontro-dialogo, sullo sfondo di una Firenze rinascimentale, fra un giovane menestrello nomade e una ricca e stanca dama, Silvia, che di fronte a quel fanciullo che le si è addormentato davanti sente rinascere in sé l’amore, ma non può consentirselo, e deve respingere Zanetto, poiché ella è una cortigiana. Uno stile letterario che rientra nell'ambito di una scelta di gusto floreale che rivela un’interessante apertura verso più sofisticate correnti culturali, letterarie e musicali, rarefatte in sintonia con i cambiamenti che le mode culturali stanno vivendo negli ultimi anni del secolo attente alla riscoperta nelle lettere e nelle arti figurative del fascino del fiorentinismo e del falso medioevo attivate dal Preraffaellismo inglese. Nessun canto spiegato, Mascagni si attiene a un declamato/arioso non privo di spunti cantabili che segnano l'essenza musicale dell'autentica protagonista dell’atto unico, Silvia, con i suoi turbamenti, gli slanci amorosi, gli smarrimenti, e una vena languida protagonista sulla scena in una struttura musicale in costante dialogo con il giovane menestrello resi con un canto mai spiegato, giocato con ampia cantabilità su sfumature di gusto salottiero. Sono solo due i personaggi, tutte e due con vocalità al femminile, Zanetto mezzosoprano en travesti, giovane poeta e cantore, con Asude Karayavuz, Silvia cortigiana, con il soprano Donata D’Annunzio Lombardi che anno reso le atmosfere sospese del dramma per la qualità delle vocalità espresse; forse alla D’Annunzio Lombardi, le fa specie di non essersi avventurata nelle parti alte della partitura vocale, ma ha contribuito alla comprensione di ciò che stava intraprendendo il teatro lirico italiano nell’ambito della vocalità musicale. Spettacolo semplice e gradevole nella realizzazione con la regia Alessio Pizzech (assistente alla regia Lorenzo Lenzi), coadiuvato dallo staff interno della Fondazione (scene Michele Olcese, costumi Silvia Bonetti, luci Paolo Mazzon) realizzando una struttura molto evocativa di un gusto Liberty fatta da un letto e da un composizione scenica ricca di riferimenti all'iconografia d'epoca, come il nudo in stile Gaetano Previtali, ma proiettando i costumi nel '700 per Zanetto e in pieno “fin de siècle” di Silvia, dall’ ampia veste da camera bianca. E finalmente, la fine della rappresentazione è stata accolta dal calore degli applausi del pubblico, contingentato, ma almeno presente.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Martedì, 11 Maggio 2021 07:53

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