Voce Brian Eno
Altra voce Peter Serafinowicz
Vocals Melanie Pappenheim
Chitarre Leo Abrahams
Tastiere Peter Chilvers, Baltic Sea Philharmonic
Direttore e orchestrazione live Kristjan Järvi
Produzione La Biennale di Venezia
In collaborazione con Fondazione Teatro La Fenice
Venezia, Teatro La Fenice 21 ottobre 2023
Succede qualche cosa, prima o poi succede che il tempo non si riconosce come tale e che tutto intorno, sotto o sopra non si incastra più in quella che è la dimensione comune della ridondanza della comune vita. Questo perché per tante ragioni ignote accade, succede quindi che una spinta fatta di suoni, quelli composti e comprensibili che chiamiamo musica, arrivi in un momento talmente altro dal tempo che scrivere di sorpresa è come scrivere che la musica è frutto di abissi inconsci e di eterne speranze irrisolte. Questo preambolo per provare a segnare il tempo che Brian Eno ha racchiuso nel tempio della Fenice di Venezia in un pomeriggio di sabato di ottobre. Cose strane succedono quando si attiva una provocazione sonora, ovvero quando parte tutta una costruzione che funziona a meraviglia in un plot di unicità e fantasia. In quello che una lungimirante direttrice artistica come Lucia Ronchetti ha predisposto, ovvero dare a Brian Eno il mitico Leone d’oro della Biennale di Venezia. Il ritorno di questo riconoscimento è qualche cosa che è difficile da definire, ma ha un titolo che risuona come Ships. Ora nella narrazione è facile riportare che Ships è un album di Eno edito nel 2016 (The Ships) e che per l’occasione veneziana ha ripreso in una veste con aggiunta di suoni orchestrali e di tante espressioni manipolate elettronicamente. A questo che è già nella struttura iniziale di Eno, si aggiunge il forte contributo della Baltic Sea Philarmonic diretta da Kristjan Jarvi. Già la presenza di giovani che suonano in piedi, che si muovono, che fanno onde sul palco ci permette di sapere che la madre terra del suono è ben presente. E che la Fenice è il contenitore ideale per espletare tale antica sonorità. Tempeste ed iniziazioni sonore dirette, spettri di memorie, insidie autoriali di una sintesi che fa di Eno l’indiscusso sorvolatore dell’animo umano. Così come per anni e anni ha profuso tanta sintesi sonora nelle sue immaginarie onde sonore. Ships è quindi qualche cosa che non è definibile. Non è un concerto, non è una performance, ma forse è qualche cosa che ancora dovrà avvenire e che Eno, come sempre precede con la sua ideale immersione sonora. Per l’aspetto poi della sua presenza sul palco, della sua voce che si interfaccia con quella di Peter Serafinowicz e di Melanie Pappenheim è possibile sapere che quella immersione diventa super impressione di un qui e ora d’assoluta bellezza. Come tutto quello che avviene fino alla fine di questa attivazione sonora, di Ships veneziano. Che forse solo in un luogo come Venezia può tanto evocare. In quello che non rimane più alla fine ma che riverbera in quella parte di un proprio se che rimane l’unico luogo dove tutto questo plot sonoro rimarrà e ritornerà quando il tempo delle forme finirà. Ma questo Brian Eno lo ha già immaginato da tanto. Marco Ranaldi