Musica Georges Bizet
Opera in quattro atti
dal romanzo di Prosper Mérimée
Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
Prima rappresentazione assoluta
Parigi, Opéra-Comique, 3 marzo 1875
DIRETTORE Jordi Bernàcer
REGIA Valentina Carrasco
MAESTRO DEL CORO ROBERTO GABBIANI
SCENE SAMAL BLAK
COSTUMI LUIS F . CARVALHO
COREOGRAFIA ERIKA ROMBALDONI e MASSIMILIANO VOLPINI
LUCI PETER VAN PRAET
PERSONAGGI E INTERPRETI
CARMEN VERONICA SIMEONI
DON JOSÉ SAIMIR PIRGU
ESCAMILLO LUCA MICHELETTI
MICAËLA MARIANGELA SICILIA
FRASQUITA GIULIA MAZZOLA
MERCEDES ANNA PENNISI
DANCAIRO MICHELE PATTI
REMENDADO MARCELLO NARDIS
ZUNIGA ALESSANDRO DELLA MORTE*
MORALES ARTURO ESPINOSA*
*dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
ORCHESTRA, CORO E CORPO DI BALLO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma
Allestimento Teatro dell’Opera di Roma
in lingua originale con sovratitoli in italiano e inglese
Roma – Terme di Caracalla 15 luglio 2022
Valentina Carrasco, come tanti altri registi del suo calibro, ama attualizzare i classici. Pensa che opere concepite e nate secoli fa difficilmente riescano a farsi capire a noi uomini contemporanei, immersi nel digitale, nel consumismo più bieco e sciatto, interessati alla cronaca di superficie e poco all’approfondimento. E quindi quale soluzione migliore di ambientare un’opera classica in un contesto dei giorni nostri? Come avvenuto con la sua Carmen in scena a Caracalla in questi giorni: nella cui rilettura fatta dalla Carrasco ci si trova in Messico invece che in Spagna, al confine con gli Stati Uniti d’America, là dove Trump eresse non molti anni fa un muro divisorio fra le due nazioni.
Ci vuole poco per attualizzare un’opera dell’Ottocento. Intanto basta non considerare quello che consigliava Brecht: e cioè di concentrarsi sull’aspetto umano dei personaggi individuando come essi possano dialogare con noi nel nostro presente. E allora che resta da fare?
Mutata l’ambientazione in modo arbitrario, senza considerare che nel libretto si nomina Siviglia, si accenna alle corride (dove, tutto ciò, in Messico?): tralasciando questi trascurabilissimi particolari, si vestono i personaggi in maglietta e blue-jeans, o con divise militari e il gioco è fatto.
E quindi si provi a pensare a quanto mordente abbia il tema centrale della Carmen - la libertà individuale e, soprattutto, della donna - sotto il profilo decisionale in un’epoca come la nostra dove, in Occidente, fuorché nel contesto professionale, per fortuna ci si trova in piena autodeterminazione per ciò che concerne le scelte sulla propria vita e il proprio corpo (un discorso a sé meriterebbe il tema della libertà di aborto).
E il delitto finale di Don José, in una rilettura del genere, assurge all’ennesimo fatto di cronaca nera estrapolato da un giornale qualunque nella sezione delle notizie locali. E che ne è della poesia, della metafora, dell’ambiguità della Carmen pensata da Bizet e dai librettisti Meilhac e Halévy? Questioni secondarie, pare dirci la Carrasco. Meglio star sul pezzo e far parlare quest’opera di femminismo, di libertà, di razzismo; condiamo il tutto con un muro di confine che divide e il successo sarà assicurato.
Per fortuna che a questa rilettura da giornaletto scialbo, Veronica Simeoni ci ha regalato una Carmen dalla voce rotonda, calda, potente e senza essere stridula, piena di armonici, mai schiacciata negli acuti e dalla dizione perfetta. Interpretativamente, la Simeoni è stata eccelsa, con un lavoro sulla mimica corporale notevole, donando al pubblico una espressività complessa senza apparire artefatta.
Magnifica la voce di Saimir Pirgu (José), sebbene recitativamente abbia mostrato d’essere poco incisivo.
L’Escamillo di Luca Micheletti? Discreto, con una voce poco potente e un po’ tenuta a freno negli acuti.
Ironica e pulita, infine buona, la direzione orchestrale di Jordi Bernàcer, sebbene la sua lettura non abbia tirato fuori il mondo ironico e pieno di sottintesi di Bizet.
Pierluigi Pietricola