Direttore Jérémie Rhorer
Regia Graham Vick
MAESTRO DEL CORO Roberto Gabbiani
SCENE Samal Blak
COSTUMI Anna Bonomelli
MOVIMENTI COREOGRAFICI Ron Howell
LUCI Giuseppe Di Iorio
INTERPRETI
DON GIOVANNI Alessio Arduini / Riccardo Fassi
LEPORELLO Vito Priante / Guido Loconsolo
MASETTO Emanuele Cordaro / Andrii Ganchuk
IL COMMENDATORE Antonio Di Matteo
DON OTTAVIO Juan Francisco Gatell / Anicio Zorzi Giustiniani
DONNA ANNA Maria Grazia Schiavo / Valentina Varriale
DONNA ELVIRA Salome Jicia / Gioia Crepaldi
ZERLINA Marianne Croux / Rafaela Albuquerque
Orchestra e Coro del Teatro dell'Opera di Roma
Teatro dell'Opera di Roma, dal 27 settembre al 6 ottobre 2019
UNA BOLGIA DANTESCA PER DON GIOVANNI
Sconfinando nell'immaginario, solleticando l'istinto e i sensi, la vicenda del Don Giovanni, più d'ogni altra, induce al fantastico.
Il libretto scritto da Lorenzo Da Ponte, musicato da Wolfgang Amadeus Mozart, è, fra tutti i Don Giovanni scritti a partire del 1630 da autori noti e meno noti, il più rappresentato. La prima trasposizione scenica risale all'autunno del 1787 sulla scena del National Theater di Praga.
Il testo, messo in scena al teatro dell'Opera di Roma, è stato riletto dal regista Graham Vick (alla sua terza regia mozartiana dopo Così fan tutte del 2016 e Le nozze di Figaro del 2018) in chiave spregiudicata, diabolica e, a tratti, paradossale.
Ebbene, pur trattandosi di un'opera aperta, eterogenea, irriverente, costruita attorno ad un personaggio amorale nonché umorale, è altresì un'opera scritta, limitata, ben definita nei contorni, nelle arie risuonano chiare le parole. I caratteri posseggono una propria identità che non può e non deve mutare.
Ambientata in epoca moderna, l'opera si presenta sotto una luce nuova, iperrealistica.
Alcune scene sembrano marciare autonomamente, sembrano nascere e morire sul palcoscenico, nude, orfane, senza un autore.
Donna Anna, raggirata e sedotta suo malgrado all'inizio del testo di Da Ponte, sembra riaffiorare soddisfatta da un'alcova per riprendere i suoi abiti appesi tra i rami di un albero spoglio, simbolo dell'animo arido dell'insaziabile seduttore che insieme a lei si riveste in scena. Lei stessa, dopo aver compreso che Don Giovanni è l'assassino di suo padre, invoca vendetta ma, in corso d'opera, vede dissolversi, tra le tavole della scena, il suo coraggio. Trasfigurata dal morbo della sofferenza (di aver perduto Don Giovanni? Di aver perduto suo padre? O entrambe le cose?), Anna diviene una clochard con tanto di chioma arruffata e fardelli sempre in compagnia del promesso Don Ottavio, ancora di lei infatuato.
Donna Elvira che, secondo il librettista, avrebbe dovuto maturare la decisione di convertirsi e ritirarsi in un convento soltanto dopo una sofferta relazione con il dissoluto, dopo aver sentito spezzarsi , in cuor suo, l'ultimo filo della speranza, è già suora dal primo atto con tanto di abito, velo, crocifisso e, come se niente fosse, è intenta ad inseguire Don Giovanni per portarlo sulla retta via, quella che lei stessa sembra aver smarrito da tempo.
La contadina Zerlina durante la festa di matrimonio con l'ingenuo Masetto è sensuale e disinibita, pronta a tradire il suo novello sposo con chicchessia. Il quadro animato in cui si muove assieme alle altre anime pare una bolgia dantesca, quella dei lussuriosi.
Don Giovanni e Leporello sono vestiti allo stesso modo, in abito grigio, abbinato ad una camicia bianca. Di conseguenza, la scena dello scambio dei vestiti dei due sotto la finestra della ignara Donna Elvira risulta poco credibile. Diversa è, ovviamente, l'estrazione sociale del padrone e del servitore ma poco importa. In verità i due personaggi sono complementari, Leporello è l'alter-ego del protagonista e proprio questo aspetto Graham Vick ha voluto mettere in luce, tralasciando tutto il resto.
Il Commendatore, padre di Donna Anna colpito a morte all'inizio dell'opera, non appare sotto forma di "statua gentilissima" ma si sdoppia, la sua immagine appare su una tela che ritrae la Sacra Sindone e, nello stesso tempo, salta fuori da una botola in carne ed ossa e, con una pala stretta nella mano scava accumulando terra sul bordo della sepoltura. A questo punto ci si chiede: " starà forse preparando una fossa per Don Giovanni?" no, sta soltanto scavando nel suo stesso sepolcro, forse, per allargare lo spazio e star più comodo. L'empio Don Giovanni invece, non sprofonderà all'inferno come inciso tra le righe del libretto ma sopravviverà. Per lui nessuna vendetta divina, nessuna punizione. Dopo aver staccato il dito indice che lo accusa a quella enorme mano ondeggiante sulla scena, copia della michelangiolesca Creazione di Adamo, uscirà sbattendo la porta per rientrare subito dopo, salire su quell'albero spoglio ed ascoltare con ghigno beffardo le parole dell'aria finale "questo è il fin di chi fa mal, di chi fa mal..."
Gli artisti del secondo cast Riccardo Fassi (Don Giovanni), Guido Loconsolo (Leporello), Valentina Varriale (Donna Anna), Anicio Zorzi Giustiniani (Don Ottavio), Antonio Di Matteo (Commendatore), Gioia Crepaldi (Donna Elvira), Raffaela Albuquerque (Zerlina), Andrii Ganchuk (Masetto), hanno interpretato magistralmente i propri ruoli.
Scene essenziali curate da Samal Blak, costumi moderni e sobri ideati da Anna Bonomelli, adeguati i movimenti coreografici a cura di Ron Howell.
Il Don Giovanni si culla nella musica; in una trasparente e fedele esecuzione l'orchestra, diretta da un eccellente Jérémie Rhorer ha mostrato proprio l'anima di Don Giovanni, vibrante e immutabile.
Manifesti dissensi per la lettura registica da parte del pubblico. Ovazioni agli interpreti e all'orchestra.
Patrizia Iovine