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regia Alfonso Antoniozzi

MARIA STUARDA - 
regia Alfonso Antoniozzi

"Maria Stuarda", regia Alfonso Antoniozzi "Maria Stuarda", regia Alfonso Antoniozzi

Tragedia lirica in due atti
Musica di Gaetano Donizetti
Libretto di Giuseppe Baldari
Direttore d'Orchestra, Andriy Yurkevych
Regia, Alfonso Antoniozzi
Scene, Monica Manganelli
Costumi, Gianluca Falaschi
Luci, Luciano Novelli
Maria Stuarda, regina di Scozia, Elena Mosuc, Desirée Rancatore
Elisabetta, regina d'Inghilterra, Silvia Tro Santafe, Elena Belfiore
Roberto, conte di Leicester, Celso Albelo, Giulio Pelligra
Giorgio Talbot, Andrea Concetti
Lord Guglielmo Cecil, Stefano Antonucci
Anna Kennedy, Alessandra Palomba
Allestimento in coproduzione tra Fondazione Teatro Carlo Felice e Fondazione Teatro Regio di Parma
Genova, Teatro Carlo Felice, dal 17 al 24 maggio 2017

www.Sipario.it, 18 maggio 2017

Due regine al trucco e parrucco, nei camerini open air ai lati della scena: è la "finzione dichiarata" del nuovo allestimento donizettiano che porta a Genova, per la prima volta, la "Maria Stuarda". È questo il secondo titolo della triade dedicata alla dinastia Tudor (inaugurata la scorsa stagione con il Roberto Devereux) che il Carlo Felice ha impostato con il pool creativo che vede la firma registica di Alfonso Antoniozzi, le scenografie di Monica Manganelli ed i costumi di Gianluca Falaschi.
L'ossatura resta la medesima del Devereux, con una struttura al centro del palco che ammicca al Globe shakespeariano, con i riferimenti stilizzati al gotico dell'epoca, attraverso quinte mobili. In più, qui abbiamo la dimensione dello spettacolo oggettivata dai citati camerini "volanti" e dalla presenza dei sarti e dei tecnici del Carlo Felice che si occupano, tra una scena e l'altra, delle movimentazioni e di dare l'ultimo tocco ai costumi di scena... Teatro nel teatro, nulla di nuovo (e poco di rilevante, parrebbe, ai fini della resa complessiva), ma il meccanismo funziona comunque. Ed il risultato è molto gradevole.
Antoniozzi è un cantante, lo è stato per una vita, dunque conosce le regole dei cantanti, ma anche le necessità drammaturgiche di un'opera... In più, detta semplice semplice, ha buongusto. Sa raccontare, con intelligenza e nel rispetto della partitura e del libretto. E dato che la ricerca della bellezza (fatta di sensibilità e di equilibrio degli spazi e delle forme... E soprattutto priva di retrogusti estetizzanti) è la cifra delle scenografie di Monica Manganelli, si comprende facilmente come anche questo allestimento esprima un progetto compiuto, costruisca un contesto d'aurea scorrevolezza, in cui il dramma delle due regine ha luogo. I costumi poi (di Gianluca Falaschi), "quasi" rispettosi, "quasi" d'epoca, ma con una punta di maliziosa fantasia, sono il tocco agrodolce che rende la proposta efficace e convincente.
Quello della Maria Stuarda è un grande Donizetti. Nulla di "minore", nonostante i guai vari che ha patito al tempo del suo debutto e nonostante la sua sparuta presenza nei cartelloni del nuovo millennio, complice la difficoltà di reperire le vocalità da fuoriclasse richieste.
Innegabile come, sotto il vestito di questo dramma dove in scena, a dover riassumere, succede poco o nulla (chi era sul trono, continua a regnare, chi era in galera, va al patibolo. Il tutto accelerato dalla gelosia), si percepiscano, soprattutto nel primo atto, le stecche – in accezione sartoriale – di una scrittura manierata... Routine? Di genio, ma routine. Poi però, con guizzo inatteso, ecco, a lasciarci senza fiato, pagine potentissime (come nei due finali d'atto) e momenti che preconizzano addirittura il Verdi della Trilogia popolare.
Dunque, per chi non ha avuto il piacere di conoscere la regina moritura schilleriana, in salsa Donizetti, è questa, genovese, una bella opportunità.
Le voci. Elisabetta è una straordinaria Silvia Tro Santafé: una gioia, ascoltarne lo strumento perfettamente omogeneo nei vari registri, goderne l'intelligenza espressiva, l'intensità attoriale. Meno persuadente, la Maria Stuarda di Elena Mosuc: con schietta ammirazione per un'artista eccezionale (quale meraviglia, la sua "Zerbinetta" straussiana!), l'altra sera abbiamo però inteso una voce affaticata, con un vibrato a tratti dilatato e con la zona acuti – il suo forte – in cui il grande mestiere ha saputo mascherare uno stato che non era ottimale. L'interprete romena ha saputo comunque cadere in piedi, tanto da essere destinataria di calorosissimi applausi.
L'apporto più scialbo è stato quello offerto da Celso Albelo (Leicester), pervicacemente calante ed espressivamente discontinuo. Adeguati gli altri interpreti (Andrea Concetti, Stefano Antonucci e Alessandra Palomba); purtroppo abbastanza modesta la qualità del coro, che poco aveva in scena da cantare, e quel poco lo ha percorso con passo impreciso e con avarizia di nuance. E spiace dover registrare inoltre – quale soggettiva esperienza d'ascolto – la lettura tendenzialmente sbiadita, emersa dal podio di Andriy Yurkevych.
Proposte di prim'ordine, infine, per il cast alternativo: il 18 e il 20 Maria Stuarda sarà Desireé Rancatore (al suo debutto nel ruolo) ed Elisabetta sarà Elena Belfiore, mentre Leicester sarà Giulio Pelligra. Si replica fino a mercoledì 24 maggio.

Giorgio De Martino

Ultima modifica il Venerdì, 19 Maggio 2017 03:49

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