di Giuseppe Verdi
regia: Graham Vick
scene e costumi: Maria Bjornson, coreografie: Ron Howell, disegno luci: Matthew Richardson
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
direttore: Kazushi Ono, maestro del Coro: Bruno Casoni
con Leo Nucci, Ildar Abdrazakov, Violeta Urmana, Walter Fraccaro, Alfredo Nigro
Milano, Teatro alla Scala, dal 1 al 24 aprile 2008
I terribili Macbeth, lui e lei, lui che uccide il re e ne usurpa il trono di Scozia, lei che lo aizza avidamente, in Shakespeare e nell'opera di Verdi, sono esseri umani, pur sempre, vulnerabili. Immaginatevi i loro interpreti, perennemente esposti alle insidie della salute e alle trappole del palcoscenico. L'altra sera alla Scala, Leo Nucci, il più tetragono fra i baritoni d'Italia, dopo avere cantato il primo atto impeccabilmente da par suo, ha dovuto cedere a un malore si dice intestinale, e così ne è arrivato uno molto più grande e grosso di lui, Ivan Inverardi, che con la sua vociona forte e scura se l'è cavata alla meglio, soprattutto nella parte finale. Lei, invece, fisicamente cospicua di suo, ma resa immagine eccellente e autorevole dal costume e dalla recitazione, e voce di bellezza suadente, Violeta Urmana, ha cantato con magnifica autorevolezza quasi tutto, ma ha incespicato sul re bemolle acuto che chiude la grande aria del sonnambulismo, ricevendo alla fine l'ingiusto mugugno del pubblico. Si rifarà.
Lo spettacolo era quello di qualche anno fa, col gigantesco cubo scuro, costruito da Maria Björson, rotante e aperto su un lato a ospitare momenti solitari accesi in rosso, colore dominante negli sfolgoranti costumi. Una scommessa del regista Graham Vick (rilanciata da Lorenza Cantini che ha ripreso lo spettacolo benissimo) per visualizzare la drammaturgia nel suo incombere al di là di ambientazioni verosimili, e condotta con coerenza impressionante: i fatti possono diventare pura energia, come le danze delle streghe, laceranti e impeccabili, curate da Ron Howell.
Tutto si muoveva con ritmo netto e rapido, mosso dal direttore Kazushi Ono, giapponese non del tipo Ikebana ma del tipo Banzai, che vanta un notevole curriculum per cui se non ha capito finora i momenti intimi e le morbidezze sottovoce del canto vuol dire che, se va preso, va preso così, con una sua sommaria bravura. Oltre ai cattivi, l'opera prevede anche i buoni. L'eroe Macduff era impersonato, si fa per dire, da Walter Fraccaro, mah. Banco aveva la dignità, il portamento fisico e vocale, la forza giusta della parola di Ildar Abdrazakov, sempre più bravo. Il coro ha cantato benissimo e recitato bene. Alla fine, Verdi fa dimenticare tutto ciò che non vuole e ci porta via con sé, per cui cercate di andare ad ascoltarlo nelle prossime sere.
Lorenzo Arruga