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NOZZE DI FIGARO (LE) - regia Graham Vick

"Le Nozze di Figaro" - regia Graham Vick "Le Nozze di Figaro" - regia Graham Vick

Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Opera Buffa in quattro atti

Libretto di Lorenzo Da Ponte

Direttore Stefano Montanari
Regia Graham Vick
Maestro del Coro Roberto Gabbiani

Scene e Costumi Samal Blak

Movimenti coreografici Ron Howell

Luci Giuseppe Di Iorio

Principali interpreti

Il Conte di Almaviva Andrey Zhilikhovsky / Alessandro Luongo 31, 2, 7, 9

La Contessa di Almaviva Federica Lombardi / Valentina Varriale 31, 2, 7, 9

Susanna Elena Sancho Pereg / Benedetta Torre 31, 2, 7, 9, 11

Figaro Vito Priante / Simone Del Savio 31, 2, 6, 7, 9

Cherubino Miriam Albano / Reut Ventorero 31, 2, 7, 9

Marcellina Patrizia Biccirè 

Don Bartolo Emanuele Cordaro

Don Basilio Andrea Giovannini

Don Curzio Murat Can Güvem*

Barbarina Daniela Cappiello / Rafaela Albuquerque* 31, 2, 7, 9

Antonio Graziano Dallavalle

Prima contadina Claudia Farneti/ Carolina Varela 31,2,7,9,11

Seconda contadina Angela Nicoli / Nicoletta Tasin 31,2,7,9,11

Orchestra e Coro del Teatro dell'Opera di Roma
* dal progetto "Fabbrica" Young Artist Program del Teatro dell'Opera di Roma
Nuovo allestimento
Teatro dell'Opera di Roma dal 30 ottobre al'11 novembre 2018

www.Sipario.it,  8 novembre 2018

L'opera lirica non è più attuale, così come la conosciamo e come ci è stata tramandata? Da decenni si sostiene ch'essa sia incapace di parlare a noi uomini del nuovo millennio, oltre che per le tematiche e le ambientazioni, anche per il registro linguistico troppo vetusto. Sicché per rappresentarla si ricorre ad una soluzione ormai comune: le si fanno indossare abiti moderni e la si traspone nel nostro tempo. Mantenendo però – come evitarlo? – libretti e partiture intatti.
L'ultima versione delle Nozze di Figaro firmata da Graham Vick rientra in tale consuetudine. Si può affermare essere un lavoro alla moda. Per prima cosa le mozartiane atmosfere settecentesche, con i costumi, le acconciature, le movenze vezzose e timide, gli arredi: tutto preso e messo via. In cambio, ecco ambienti essenziali, arredati in perfetto stile moderno con piglio lussuoso. Anche i protagonisti nulla hanno a che vedere col secolo Diciottesimo: il Conte indossa una vestaglia variopinta di foggia raffinata, e gira in casa a piedi nudi mostrando un orologio prezioso e sfarzoso. Figaro, invece, ha solo una tunica da lavoro grigia e un paio di pantaloni ordinari: egli è un comune barbiere e nulla più. E lo stesso vale per Susanna, sua futura moglie. Due realtà contrapposte che mai si concilieranno.
Vick legge nelle Nozze di Figaro una metafora dei soprusi che nel mondo del lavoro odierno i sottoposti (donne o uomini che siano) sono obbligati a tollerare per non perdere l'unica fonte di sostentamento che hanno. Ma così facendo, vien meno la parte migliore di questo gioiello mozartiano. Ovvero la dinamica servo/padrone che richiama alla memoria L'isola degli schiavi di Marivaux, dove il primo inizia a prendere coscienza di sé e del suo ruolo nel mondo e non risparmia burle e frecciate velenose al suo signore. Tutte le sfumature, i sottintesi, le allusioni perfide e i tranelli che il Conte e Figaro, con le rispettive donne, si giocano fra loro scatenando momenti d'intensa comicità, vengono meno. O per meglio dire: son del tutto assenti.
E di questo ne risente anche l'interpretazione dei cantanti. Nessuno, difatti, è sembrato essere pienamente in parte, del tutto a proprio agio col suo ruolo. Ad eccezione – va notato – di Alessandro Luongo, il cui Conte di Almaviva provoca schiette risa fra il pubblico quando, sbeffeggiato da Susanna e dalla Contessa sua moglie, non rinuncia ad esibire – con civetteria – la propria mascolina avvenenza. Anche il canto di Luongo è parso ben curato e modulato, coerente col ruolo impersonato.
Malgrado la discreta esecuzione delle musiche dirette da Stefano Montanari, mai come in questa regia Mozart e Da Ponte son parsi distantissimi fra loro. Ognuno procedeva per proprio conto, incurante dell'altro.
L'augurio è che Le nozze di Figaro tornino a stupire il pubblico, come quasi sempre avviene. Basterà solo concentrarsi sui contenuti invece che sulla forma. Allora sì che un tal capolavoro parlerà in modo netto e deciso anche a noi uomini del nuovo millennio.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Sabato, 10 Novembre 2018 23:27

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